Quattro chiacchiere con John Pearson - CEO di DHL Express

La globalizzazione ha davvero i giorni contati? Siamo andati fino alle porte dell’Asia, a Nuova Delhi, per cercare una risposta E quanto ci ha raccontato John Pearson, CEO DHL Express ha davvero dell’inaspettato

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Foto Il Giornale della Logistica

Siamo davvero nell’era della deglobalizzazione?

In questi tempi così complessi, caratterizzati da grandi criticità e discontinuità, si tende a leggere singoli accadimenti come rivelatori di un quadro più generale. È per questo importante, nel tracciare uno scenario, ancorarsi ai dati. La nuova edizione del nostro report, il DHL Global Connectedness Report ci rivela una situazione inaspettata.A livello Mondiale gli scambi rimangono forti e se nel 2022 la globalizzazione ha raggiunto un livello record, ancora nel 2023 si è mantenuta costante.

Quali sono i numeri che ci raccontano questo?

Il rapporto è basato sull’analisi meticolosa di circa 9 milioni di fonti di dati sui flussi da Paese a Paese e fornisce il ritratto più complessivo disponibile su come le merci e i servizi, le persone, i capitali e le informazioni si spostano in giro per il mondo. L’edizione del 2024 stila una classifica della connettività di 181 Paesi, prendendo così in considerazione il 99,7 % del PIL mondiale e il 98,7% della popolazione mondiale. Per comprendere meglio perché oggigiorno la globalizzazione è rimasta forte nonostante le tensioni geopolitiche, le guerre e il protezionismo, il DHL Global Connectedness Report 2024 si pone quattro domande chiave: I flussi globali sono ancora in aumento? Le rivalità geopolitiche stanno spaccando l’economia globale? I flussi internazionali stanno diventando più regionali? Quali sono i Paesi più globalizzati al mondo? Le risposte approfondite di questo rapporto, supportate da dati concreti, lo rendono una risorsa indispensabile per dibattiti informati e per un solido processo decisionale.

Se dovessimo riassumere in pochissime battute?

I dati raccolti nel DHL Global Connectedness Report sfatano univocamente il mito di una globalizzazione in recessione. La globalizzazione resta una forza influente che ha plasmato profondamente il nostro mondo e che continua ad avere un grande potenziale. Espandendo i mercati e promuovendo le opportunità, permette a persone, aziende e intere nazioni di prosperare in una maniera unica. Abbracciare la globalizzazione permette a noi e ai nostri clienti di forgiare un futuro promettente, favorendo un mondo sempre più interconnesso, più prospero per tutti e pronto per un’ulteriore crescita.

È innegabile, però, che le recenti disruptions stanno ridisegnando i flussi del commercio globale. Come?

La pandemia prima e i conflitti e le crisi di oggi poi, ci ricordano come le supply chain debbano avere nel proprio DNA un certo grado di flessibilità, diciamo pure di resilienza. Certo, gli attacchi nel Mar Rosso e la crescente siccità del canale di Panama che stanno caratterizzando questo inizio 2024 hanno richiesto la messa in campo di strategie rapide, come la definizione di percorsi diversi, e hanno aumentato i costi a livello globale. Come però ha avuto modo di sottolineare il CEO DHL Tobias Meyer, c’è poi il cosiddetto pregiudizio della negatività.

Ossia?

Le cattive notizie attirano più attenzione di quelle buone ed eventi drammatici – come gli attacchi alle navi nel Mar Rosso, il basso livello delle acque del Canale di Panama – creano molto rumore attorno alla parola “deglobalizzazione”, mentre in tv non si sentono approfondimenti su come, in realtà, le merci vengano consegnate tutti i giorni grazie alla resilienza della supply chain. Una resilienza fondamentale: un’improvvisa interruzione o frammentazione dei flussi commerciali causerebbe infatti un’impennata dell’inflazione, senza contare che i flussi internazionali di prodotti e servizi, di finanza e di informazione, hanno tutti un ruolo fondamentale nel contenere il cambiamento climatico.

Ci sono mercati che, in questo ridefinirsi di flussi, avranno maggiori opportunità di emergere? Altri, invece, ne soffriranno?

Il report ha evidenziato come le aziende siano in una fase crescente di internazionalizzazione, fenomeno che spinge i Paesi stessi a rendersi attrattivi per chi vuole investire. Su 181 Paesi esaminati, 143 hanno visto crescere la propria connettività globale, mentre solo 38 hanno registrato un calo: è chiaro che la crescita è comune, non solo di pochi. Tuttavia, per entrare nel dettaglio, ci sono Paesi sempre più interessanti per le aziende che vogliono diversificare e non puntare più solo – ad esempio – sulla Cina: sto parlando di Indonesia, Vietnam, Malesia, Filippine, Turchia, Messico.

Cambiano i protagonisti, dunque?

Questo non vuol dire che le aziende stiano pensando di abbandonare la Cina, tutt’altro: significa solo che la diversificazione è un punto chiave della resilienza e della flessibilità. Anche l’Europa domina nella classifica, con 17 Paesi nella top 20, e un focus particolare va messo anche sull’India, il Paese che ha ospitato la presentazione del report: le infrastrutture logistiche stanno crescendo a ritmo sostenuto, le aziende stanno annunciando piani per investire in India più che in qualsiasi altra parte del mondo, con qualche eccezione di cui fanno parte gli Stati Uniti.

Visto che stiamo parlando di miti da sfatare, anche nearshoring e reshoring si fanno ancora solo a parole?

L’unico Paese in cui attualmente si sta verificando una certa quantità di nearshoring è il North America dove alcune aziende– incluse alcune compagnie cinesi – stanno incrementando la loro attività nel Messico del Nord, vicino ai confini degli USA, per soddisfare la domanda del mercato statunitense. Visti i dati disponibili, ci sono molto esagerazioni sul nearshoring, sul reshoring e anche sul friendshoring, ma molto poco di concreto. Certo, intorno al 2002 c’è stato molto hype intorno a questi fenomeni, e momenti come la pandemia hanno portato molti a dire “dobbiamo cambiare qualcosa, puntare su reshoring e nearshoring”, ma poi, nella sostanza, cosa è cambiato? Molto poco, va detto.

Come sta reagendo DHL ai cambiamenti in atto? Quali sono le scelte strategiche su cui state lavorando per assicurarvi la resilienza di cui parlava?

DHL è nata nel 1969 e possiamo dire che da allora non c’è stato un giorno in cui non si è lavorato per trovare una soluzione a un qualche tipo di crisi. Oggi, giustamente, parliamo della pandemia, di Suez e della Russia, ma ci dimentichiamo di altre crisi che abbiamo dovuto fronteggiare, come tutti, in tempi molto rapidi. Ad esempio, quando nel 2010 (Pearson era appena diventato CEO DHL Express Europe, ndr) il vulcano Eyjafjallajokull ha eruttato creato una disruption enorme sui cieli d’Europa, ci sono voluti pochi giorni per riportare tutto alla normalità: in un paio di notti abbiamo dovuto pensare a shift modali e a diversi schemi di volo per riuscire a trasportare le merci, e dopo lo stop del 20 marzo, giorno dell’eruzione, il 23 marzo avevamo già fornito diverse soluzioni per aggirare il problema. Quando si lavora nella logistica, ogni evento è una potenziale crisi: la flessibilità, la velocità e diciamo anche la creatività sono la base delle strategie che mettiamo in atto ogni giorno.

Guardando al futuro, dove state investendo maggiormente?

Ci sono senz’altro alcune aree che ci stanno particolarmente a cuore, come ad esempio la sostenibilità. Per la sostenibilità il punto è fare tutto ciò che si può fare in qualsiasi campo lo si possa fare, dal last mile all’uso dell’acqua, dall’energia elettrica al trasporto. Ci sono alcuni Paesi in cui DHL si sta avviando con grande rapidità verso la carbon neutrality, anche attraverso un servizio che offriamo ai nostri clienti e che si chiama Go Green Plus. Nel Go Green Plus è prevista un’alternativa green al tradizionale carburante per aerei, prodotto con materie alternative al petrolio e che abbatte le emissioni nocive come il particolato e lo zolfo rispettivamente del 90% e 100%.

Carta d’identitàNome e cognome: John Pearson Attività professionale: John Pearson è CEO DHL Express. Pearson ha iniziato la propria carriera in DHL nel 1986 nel Medio Oriente, per poi diventare manager e direttore di area di diverse regioni e successivamente CEO EEMEA, Dubai, United Arab, Emirates nel 2008, CEO AP/EEMEA, Singapore nel 2009 e CEO Europe & Global Head of Commercial dal 2010 al 2018. È membro del board of management dal 2019.

Camilla Garavaglia

Estratto dell’articolo pubblicato completo sul numero di Aprile 2024 de Il Giornale della Logistica

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