Morto il generale Inzerilli, fu a capo di Gladio, ecco il ruolo che ha ...
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Ha guidato a lungo l’organizzazione segreta della Nato, nata nell’epoca della guerra fredda da un accordo tra la Cia e i servizi segreti italiani, principalmente per opporsi a un eventuale progetto di invasione dell’Europa occidentale da parte dell’Unione sovietica e del resto dei Paesi aderenti al Patto di Varsavia non ultima la Jugoslaviadi Redazione Roma
25 marzo 2024
2' di lettura
Con la scomparsa del generale Paolo Inzerilli, morto domenica 24 marzo all’età di 90 anni e capo per circa 20 anni della struttura Gladio, si è chiusa una pagina su una figura assai nota e discussa negli ambienti della difesa italiana tra gli anni sessanta e novanta.
Ex capo di Stato Maggiore nel Sismi
Nato a Milano il 15 novembre 1933, Inzerilli ha rivestito negli anni numerosi ruoli di responsabilità, prima negli alpini poi come esperto nei servizi segreti italiani, come responsabile dell’Ufficio centrale sicurezza e poi (dall’89 al ’91) come capo di Stato Maggiore nel Sismi, l’intelligence militare. In precedenza, dal 1974 al 1986, aveva guidato l’Ufficio Nazionale di Sicurezza.
Ha guidato Gladio
Ma il nome del generale è ricordato dai più soprattutto per aver guidato a lungo l’organizzazione segreta della Nato denominata Gladio (“Stay behind”), nata nell’epoca della guerra fredda da un accordo tra la Cia e i servizi segreti italiani, principalmente per opporsi a un eventuale progetto di invasione dell’Europa occidentale da parte dell’Unione sovietica e del resto dei Paesi aderenti al Patto di Varsavia non ultima la Jugoslavia.
Andreotti rende nota la struttura segreta dei servizi
Il nome di Gladio uscì ufficialmente allo scoperto il 3 agosto 1990, quando l’allora presidente del Consiglio Giulio Andreotti davanti alla Commissione stragi rese nota l’esistenza di una struttura segreta dei servizi, peraltro a pochi giorni di distanza dal via libera all’apertura degli archivi del Sismi.
Il processo
È anche bene ricordare che da quella data il generale Inzerilli dovette subire un processo che durò molti anni, da lui ricordato con amarezza nel luglio del 2001 subito dopo l’assoluzione: «Dopo 11 anni passati tra uffici giudiziari e aula di Rebibbia - affermò dopo la sentenza emessa nell’aula bunker di Rebibbia - è arrivata non solo l’assoluzione mia e dei miei colleghi, ma anche quella di Gladio».
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