Le spese folli di Al Pacino, 400mila dollari al mese

8 Ott 2024
Al Pacino

diRenato Franco

Le confessioni dell'attore 84enne nella sua autobiografia: «Sono anche stato truffato dal mio contabile che poi è finito in prigione»

«Ero seduto a casa mia e sono sparito. Così. Non c’era polso. In pochi minuti erano lì, con l’ambulanza davanti a casa mia. C’erano circa sei paramedici e due medici in salotto, e avevano questi abiti da astronauti che sembravano provenire dallo spazio o qualcosa del genere. È stato scioccante aprire gli occhi e vederli. Erano tutti intorno a me e dicevano: “È tornato. È qui”. Non ho visto la luce bianca o altro. Non c’è niente lì. Come dice Amleto, essere o non essere». Al Pacino (84 anni compiuti lo scorso 25 aprile) ha raccontato così al New York Times la sua esperienza di «morte» nel 2020, durante l’epidemia di Covid.

Gli si era fermato il cuore e per qualche minuto aveva perso conoscenza, il dramma è durato pochi minuti, la tragedia è stata rimandata. «Non ci avevo mai pensato prima. Ma sai come sono gli attori, suona bello dire che una volta sei morto».

Gli anni che passano, la nascita del quarto figlio Roman l’anno scorso con la giovanissima Noor Alfallah (30 anni, ex di Mick Jagger) e il progetto di un nuovo Re Lear per il grande schermo sono al centro del memoir in uscita per Penguin Random House, titolo Sonny Boy, perché Sonny era il nome con cui i compagni di scuola lo chiamavano da ragazzo.

Il terrore della morte, ma anche la gioia della paternità dopo che i medici gli avevano detto che non poteva più avere figli, al punto che avrebbe chiesto un test del dna pensando che Noor stesse cercando di «intrappolarlo». Alla domanda da dove il piccolo Roman dovrebbe partire per conoscere suo padre come attore quando lui non ci sarà più, Al Pacino ha suggerito il piccolo ruolo nella commedia di Adam Sandler Jack and Jill in cui lui fa la parodia di una pubblicità per Dunkin’s Donuts, un suggerimento che pare ironico visto che vinse un Razzie Award come peggior attore non protagonista: «È una parte buffa. Era un periodo in cui dovevo farlo perché non avevo soldi, il contabile che mi aveva truffato era finito in prigione e avevo bisogno di qualcosa subito. Così ho accettato».

Il rapporto con i soldi è stato un suo tallone d’Achille, nel libro scrive di essere cresciuto povero e anche di come, negli anni 2000, abbia perso un sacco di soldi perché il suo commercialista lo ha fregato. Ma anche prima di allora, Al Pacino spendeva in modo sfrenato: 300 o 400mila dollari al mese. Per dire, il suo paesaggista prendeva 400mila dollari all’anno. Ironica anche la risposta su suo rapporto con il denaro: «Oh, è meglio che non lo dica. Potrebbe essere contagioso...».

Per il mondo intero Al Pacino è esploso sulla scena come una supernova. Tra il 1972 e il 1975 recitò in quattro film — Il Padrino e Il Padrino Parte II, Serpico e Quel pomeriggio di un giorno da cani — che non sono stati solo dei successi, ma delle pietre miliari nella storia del cinema. Era dai tempi di Marlon Brando e James Dean, alla fine degli anni Cinquanta, che un attore non irrompeva nella cultura popolare con tanta forza. Eppure vive il suo lavoro come una routine, «di solito, quando faccio film, non sono molto felice. Possono essere noiosi, ma puoi andare nel tuo camper e fare quello che vuoi. Ci sono così tante cose su YouTube. Ci sono Ibsen, Cechov e Strindberg. Mi piace anche TikTok quando lo guardo». L’ironia però è sempre un porto sicuro: «Uno dei migliori consigli che abbia mai ricevuto è stato quello di Lee Strasberg. Una volta Lee si avvicinò e disse: “Tesoro, devi imparare le tue battute”».

7 ottobre 2024

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