Cesare Cremonini ricomincia da Alaska Baby

27 giorni ago
Alaska Baby Cesare Cremonini

Se il buongiorno si vede dalla prima canzone, iil nuovo album di Cesare Cremonini inizia nel migliore dei modi. Alaska Baby è un gran pezzo, grandioso in tutti i sensi, per il suo incipit, per i riferimenti alle distese e ai simboli d'America, per un sound vitale, originale, lontano dagli stereotipi della musica italiana contemporanea.

Non è un disco di transizione Alaska Baby, ma piuttosto un tassello definitivo, costruito su un impianto sonoro e creativo che tiene insieme il mondo dei Fab Four e dei Beach Boys con l'attitudine al groove, l'elettronica e le reminiscenze degli anni Settanta. Si va. dalla cassa dritta di Aurore boreali con Elisa a una ballad, Ragazze facili, con echi di Elton John e Billy Joel, destinata a diventare un classico. Con la partecipazione Mike Garson, il pianista americano noto per aver collaborato con David Bowie e Nine Inch Nails).

Cambio radicale d'atmosfera in Dark Room, uno pezzo, cupo dalla ritmica ipnotica ("la vita inizia adesso se muoio fa lo stesso"), che cresce, e cresce, fino a esplodere nel finale. La vetta dell'album. Le strade e l'universo bolognese fanno da sfondo a San Luca (con Luca Carboni), una pagina di poesia in musica, a conferma che Alaska baby è in buona parte un disco di belle canzoni. Un' eccezione rispetto al trend di questo tempo.

E così da San Luca si scivola in Un'alba rosa, un altro affresco in formato ballad piacevole e accattivante. Rispetto al trittico più ritmico ed elettronica dell'album (Streaming, Limoni, Il mio cuore è già tuo), sono decisamente preferibili il gioco di armonie beatlesiane (e battistiane) che riveste i tre minuti di Una poesia, e Acrobati, una magia per piano voce e archi (e ritmo nel finale) che chiude il disco e ritrae con efficacia il mestiere di artista: "Noi distesi, Senza scarpe ai piedi, Fogli bianchi appesi, Senza età...".

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