Amiloidosi: che cos'è la malattia di Toscani, i sintomi, come ...

17 giorni ago
Amiloidosi

diMaria Giovanna Faiella

Si conoscono più di 40 forme di questa malattia rara. Quali sono i sintomi, come si fa la diagnosi, possibili terapie. Intervista al direttore del Centro di riferimento per l'amiloidosi della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia

Che cos’è l’amiloidosi? Come si si riconosce questa malattia rara, di cui è affetto Oliviero Toscani? Ad oggi ci sono cure disponibili? E a chi rivolgersi? Lo abbiamo chiesto al professor Giovanni Palladini, direttore della Struttura complessa Medicina Generale 2 - Centro Amiloidosi Sistemiche e Malattie ad Alta Complessità della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia, riferimento nazionale e internazionale per questo gruppo di malattie rare. 

Più di 40 tipi. Le forme più gravi 

«Le amiloidosi sono un gruppo di malattie caratterizzate dalla deposizione di proteine prodotte dal nostro organismo (quindi “autologhe”) nei nostri tessuti – spiega l’esperto –. Esistono più di 40 tipi di amiloidosi che possono avere diverse cause. Le amiloidosi più gravi sono quelle sistemiche che possono colpire diversi organi del nostro organismo, e sono ancora più severe quando colpiscono il cuore (amiloidosi cardiaca). Le amiloidosi sistemiche più comuni possono essere di vari tipi, tra qui quella “da catene leggere” e quella da transtiretina». 

La forma più aggressiva e come si cura

«La forma più aggressiva è l’amiloidosi da catene leggere, che sono un frammento di un anticorpo prodotto da una neoplasia, un piccolo tumore delle plasmacellule che sono le cellule che producono gli anticorpi» spiega il professor Palladini.
Si può curare?
«In questo caso la terapia è una chemio-immunoterapia che uccide il tumore». 

La forma più comune e le terapie disponibili

«Ci sono poi amiloidosi da transtiretina, una proteina che abbiamo tutti e serve per portare in circolo gli ormoni della tiroide – prosegue l'esperto –. Questa proteina ha la propensione a formare dei depositi nei tessuti sotto forma di amiloide, tanto che in molte persone, nelle quali la proteina non è alterata, può formare l’amiloidosi cardiaca. Questa forma è più frequente nei maschi anziani (soprattutto dai 70 anni in poi). In Italia l’età media dei pazienti colpiti è di circa 80 anni, per questo una volta si chiamava amiloidosi “senile”; ed è la forma più comune. La transtiretina, però, può avere una propensione aumentata a formare amiloide se ci sono delle mutazioni (se ne conoscono più di cento diverse tra loro, che possono provocare delle forme di amiloidosi ereditaria). Questa malattia può interessare il cuore ma anche il sistema nervoso periferico (neuropatia periferica)».
Come si cura?
«Esistono dei farmaci che possono stabilizzare la proteina impedendole di formare depositi, quindi costringendola a rimanere in circolo; ci sono poi farmaci che “silenziano” il gene che produce la transtiretina; ora sono in fase di sperimentazione anche farmaci in grado di modificare (e riparare) il gene malato». 

 Come si riconoscono le amiloidosi?

«I sintomi delle amiloidosi sistemiche dipendono dall’organo colpito. Uno degli organi più frequentemente colpiti è il cuore, quindi si ha uno scompenso cardiaco,, con fiato corto e gonfiore alle gambe; sintomi che mimano le malattie più comuni. Ma – chiarisce lo specialista – solo pochissime persone con questi sintomi hanno l’amiloidosi, che è una malattia rara». 

Come si fa la diagnosi

«Ci sono diversi modi per arrivare alla diagnosi, che in alcuni casi viene ancora fatta a distanza di mesi o addirittura di anni. Per esempio, un paziente con scompenso cardiaco lo capisce che ha un problema e va dal cardiologo. Dall’ecocardiogramma si può vedere se c’è un aumento dello spessore delle pareti che può essere dovuto alla deposizione di proteine nella parete del cuore. Quindi lo specialista indirizzerà il paziente verso il percorso diagnostico più appropriato». 
Qual è questo percorso?
«Il primo passo è controllare se nel sangue o nelle urine del paziente ci sono le catene leggere monoclonali, cioè quelle che derivano dalla popolazione tumorale di plasmacellule: se ci sono, si deve ricorrere alla biopsia per verificare che i depositi di amiloide siano prodotti da queste catene leggere; se invece non si trovano queste catene leggere circolanti, si può pensare all’amiloidosi da transtiretina, che si diagnostica con la scintigrafia. Quindi il primo passo è distinguere tra amiloidosi da catene leggere e da transtiretina, e lo si può fare con semplici esami del sangue e delle urine. Poi si va più a fondo, o verso la biopsia dell’organo coinvolto o attraverso tecniche di imaging».

 Esistono altri tipi di amiloidosi?

«Ci sono forme ereditarie più rare (in tutto esistono più di 40 tipi di amiloidosi), caratterizzate dalla mutazione di altre proteine. La più comune in Italia, soprattutto in Lombardia, è la mutazione della apolipoproteina A-I che può interessare cuore, fegato e reni». 

A chi rivolgersi

I pazienti con una malattia rara spesso condividono problemi quali ritardi nella diagnosi e difficoltà a trovare informazioni necessarie e attendibili. A chi rivolgersi?
«In caso di sospetto di amiloidosi, medici e pazienti devono sapere che non sono soli ma esiste una rete di centri di riferimento cui rivolgersi, come quella coordinata dal nostro Centro per l’amiloidosi (amiloidosi.it), attivo dal 1986, dove si svolgono tutte le sperimentazioni cliniche dei nuovi farmaci e lavorano diversi specialisti - cardiologi, ematologi, neurologi, internisti, medici di laboratorio, patologi - poiché è fondamentale la cura multidisciplinare dell’ammalato» conclude l’esperto.   

28 agosto 2024 ( modifica il 28 agosto 2024 | 07:03)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Leggi di più
Notizie simili
Le news più popolari della settimana