Anna Kanakis, morta un anno fa, nelle parole del marito Marco ...
A un anno dalla morte dell’attrice e scrittrice Anna Kanakis, il marito Marco Merati Foscarini torna a parlare di lei in un’intervista al Corriere della Sera, con immutato amore, per ricordare il giorno in cui lei se ne andò: «La speranza nel miracolo ce l’hai sempre. Anna aveva scoperto di avere un linfoma nel 2018, facendo un esame del sangue di routine. Per due volte la malattia era andata in remissione. Abbiamo fatto viaggi, vacanze, aveva scritto il suo ultimo libro. Era stata bene».
Anna Kanakis e Marco Merati Foscarini si erano conosciuti e sposati in 4 mesi, nel 2004. Lui aveva 57 anni, lei 42. A unirli, la grande complicità: «Parlavamo di tutto, sempre senza, fermarci mai». Lo aveva detto anche nel necrologio scritto lo scorso anno: «Sei stata per questi 20 anni la mia compagna fedele, generosa, intelligente e buona con cui ho condiviso i momenti più belli della mia vita. Complici in tutto e uniti fino in fondo da un amore profondo e unico. Ti abbraccio amore mio grande, sarai per sempre nel mio cuore ora distrutto».
Marco Merati Foscarini, banchiere e nipote di uno degli ultimi dogi di Venezia, è stato amministratore delegato e poi presidente di Banca Svizzera Italiana. Un un mondo molto lontano da quello di lei, che era stata Miss Italia nel 1977 ed era un’apprezzata attrice di film e fiction: «L’ho seguita sui set, in Umbria, in Tunisia, ovunque: mi divertiva conoscere quell’ambiente».
Negli ultimi mesi di vita, Anna Kanakis continuava a confidare nella terapia, però 10 giorni prima di morire aveva cambiato il testamento: «Forse aveva capito, ma non lo diceva, per proteggere me. Da poco era nata una bimba, figlia di mia nipote, e lei se n’era innamorata. Sofia Nicla, detta: Pupazza. Negli ultimi giorni, le uniche chat che Anna guardava erano quelle con le foto di Pupazza. Le ha lasciato la casa al mare, amatissima, di Porto Santo Stefano. Il testamento invece lo aveva fatto dopo aver saputo della malattia, lasciando il ricavato della vendita dei suoi gioielli (l’asta ci sarà il 1 dicembre a Montecarlo) alla Fondazione Veronesi e alla Fil, la Fondazione italiana linfomi». Già in precedenza, con grande generosità, dopo aver scoperto di essere malata, aveva fatto più donazioni al reparto di pronto soccorso ematologico del Policlinico Umberto I di Roma, dove si stava curando.
Sempre insieme nei 20 anni di matrimonio, erano insieme anche l’ultimo giorno di vita di lei: «Non voleva che stessi lì. Mi ha detto: vai via. Non me ne sono andato».