Metà dei centri anziani di Roma fanno ricorso al Tar contro il nuovo ...

27 Lug 2023

Il nuovo regolamento comunale sui centri anziani, che da adesso si chiamano "case sociali degli anziani e del quartiere", è stato approvato in assemblea capitolina lo scorso 26 maggio. Il documento, però, non piace a circa la metà delle Aps (associazioni di promozione sociale) che gestiscono in comodato d'uso gratuito gli immobili di proprietà comunale in cui si svolgono attività dedicate alla Terza Età della nostra città. "Il Comune doveva seguire le linee guida regionali - dicono - invece le ha stravolte rendendo inutile la nostra autonomia". E così in 49 hanno firmato un ricorso presentato al tribunale amministrativo regionale. 

As Roma - Figure 1
Foto RomaToday

Da Pietralata a Don Bosco, da Fidene al Tiburtino, da San Basilio a Villa De Santis. Sono 49 i centri anziani di Roma che hanno impugnato il nuovo regolamento comunale, licenziato dall'assemblea capitolina due mesi fa, accusando il Campidoglio di essere andato ben oltre le linee guida in materia della Regione e, a quanto sostengono, anche violando il Codice del Terzo Settore e il codice civile. Si tratta di praticamente la metà delle realtà in regola su Roma, circa 100. Esistono, infatti, una ventina di centri anziani che non si sono mai realmente costituiti e un'altra trentina gestiti da associazioni che non hanno ancora trasformato la loro ragione sociale in Aps, come da regolamento.

Le principali novità della delibera approvata a maggio 2023

Prima di entrare nel merito, giova ricordare alcuni punti salienti e di novità inseriti nel nuovo regolamento, frutto di un lavoro di audizione e confronto durato circa un anno e che è stato coordinato da Nella Converti e Riccardo Corbucci, consiglieri Pd presidenti rispettivamente della commissione politiche sociali e Roma Capitale, statuto e innovazione tecnologica. Innanzitutto, c'è l'obbligo per chi gestisce un centro anziani di trasformare la ragione sociale in Aps, associazione di promozione sociale. Poi, a potersi iscrivere saranno cittadini con minimo 60 anni d'età, ma ogni associazione dovrà mantenere un 30% dei soci iscritti sotto quel limite per garantire l'intergenerazionalità dei centri, o meglio delle "case", come si chiameranno da adesso. Un terzo punto saliente - e materia di scontro e di ricorso da parte di 49 realtà - è quello relativo alle quote annuali: non potranno superare i 15 euro. Per quanto riguarda utenze e manutenzione, dovrà occuparsene il Comune anche tramite i municipi. 

I limiti di età imposti dal Comune non piacciono 

A spiegare dettagliatamente le motivazioni del ricorso, depositato dall'avvocato Eugenio Scrocca, è l'ex vicepresidente del centro anziani di Cinecittà Est e coordinatore dei centri del VII municipio, Enzo Annichiarico: "Bisogna fare una premessa - esordisce - cioè che la materia dei centri anziani è regolata da tre norme: il codice civile che si applica a tutte le associazioni, la legge 117 del 2017 conosciuta anche come 'codice del terzo settore' e le linee guida regionali, messe in funzione dalla delibera 568 del 2 agosto 2021. Quest'ultima concludeva che il Comune doveva adeguarsi alle linee, quindi rispecchiarle. Invece non è stato così. Per esempio imponendo una limitazione ai 60 anni per l'iscrizione, il Comune ha violato le linee guida regionali e inoltre il codice del terzo settore dice che per l’ammissione di soci nelle Aps non si possono operare discriminazioni di alcuna natura, compresa quella anagrafica".

Cosa dice il ministero del Lavoro sulle limitazioni per i soci

Sul tema, che appare banale ma è molto sentito dai ricorrenti, esiste una circolare del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, datata febbraio 2019, che stabilisce la legittimità di limiti inferiori di età da parte delle Aps. Il divieto di discriminazione citato dai ricorrenti, quello contenuto dal decreto legislativo 117 del 2017 (articolo 35 comma 2), non verrebbe violato. Il ministero, infatti, spiega che "si ritiene più conforme alla 'ratio legis' - si legge nella circolare - che le previsioni statutarie siano volte a tracciare una sorta di 'identità associativa', un sistema di finalità e valori fondanti in cui il potenziale associato possa riconoscersi e che il socio possa essere chiamato a rispettare e condividere". Quindi imporre un limite d'età, in questo caso di 60 anni, sarebbe coerente con gli scopi sociali delle Aps. 

"Il Comune non rispetta il principio della sussidiarietà orizzontale"

E ancora, Annichiarico (dirigente Fincantieri in pensione), che ha contribuito alla stesura del testo del ricorso, rivendica il principio della cosiddetta sussidiarietà orizzontale per tutti i centri anziani di Roma. In sostanza si tratta del principio (articolo 118 dela Costituzione) in base al quale un ente pubblico deroga alcuni servizi, anch'essi di natura pubblica, a realtà associative che ne abbiano capacità e mezzi. "Lo avevamo ribadito durante gli incontri propedeutici al regolamento - continua - chiedendo che venisse inserita nelle premesse del testo, esplicitamente. Non hanno voluto e il motivo è che avrebbero dovuto condizionare i contenuti successivi. Questo principio è stato nominalmente rispettato dalla Regione e poi dal Comune, perché quello dei centri anziani viene definito 'servizio pubblico locale' affidato dal Comune ai cittadini organizzati tramite le Aps. Nella sostanza, però, con questo affidamento che il comune fa ai centri anziani  - accusa Annichiarico - attraverso la stipula di una convenzione il cui testo non è ancora stato definito, molte delle prerogative tipiche delle Aps vengono delegate con tutta una serie di limitazioni, che di fatto svuotano di contenuti l’autonomia".

No alle quote d'iscrizione a 15 euro

Il tetto a 15 euro per le quote associative annuali necessarie all'iscrizione, inoltre, manda su tutte le furie i centri anziani ricorrenti. "Il Comune ha deciso di imporre un tetto - prosegue Annichiarico - con la cifra che va deliberata ogni anno. Noi invece rivendichiamo il diritto di avere la prerogativa per decidere la quota, come dice la legge 117 sul terzo settore e il codice civile. E come esplicitano le linee guida regionali deliberate due anni fa. Per esempio nel mio centro anziani oggi la quota è 20 euro, dovremmo abbassarla". 

"Il Comune vuole mantenere un controllo ingiustificato sulle nostre attività"

L'insofferenza relativa alla volontà di controllo da parte del Comune si manifesta particolarmente in questo passaggio: il nuovo regolamento prevede innanzitutto che ogni anno le Aps gestrici dei centri consegnino il libro soci, una copia di tutti i verbali delle assemblee e del consiglio direttivo e una relazione sulla situazione patrimoniale: "Ma questa non è una prerogativa loro" replica Annichiarico. Poi, le questioni disciplinari: il Comune istituisce un collegio di garanzia municipale, composto da 3 funzionari e 2 eletti dai centri anziani. "Non capiamo il perché - prosegue il coordinatore del VII - la legge 117 spiega come bisogna comportarsi quando un socio subisce una sanzione dal consiglio direttivo. Se ritiene sia stato un errore, ricorre all'assemblea dei soci". Per Annichiarico e per gli altri ricorrenti "c'è un tentativo di mantenere una sorta di controllo, ingiustificato - sostiene il pensionato - basato su vecchi regolamenti dei tempi in cui veramente il Comune era gestore dei centri anziani. Ora la nostra funzione pubblica è differente, è come fossimo un ente esterno che svolge un servizio per conto dell'amministrazione". 

"Dovevano semplificare, invece è tutto più burocratico"

Un altro che di questo regolamento non vorrebbe mai più sentirne parlare è Amleto Lanna del centro anziani La Torretta a piazza dei Consoli: "Avevamo chiesto prima di tutto una semplificazione al Comune - spiega - invece questo nuovo regolamento è all'insegna della burocratizzazione. Così il Comune ostacola la gestione del servizio sociale di volontariato dei centri anziani. Le linee regionali hanno fatto breccia in tutti i comuni del Lazio, non a Roma". 

Converti (Pd): "Preoccupata da questa decisione"

Interpellata da RomaToday, la presidente della commissione politiche sociali Nella Converti non entra nel merito del ricorso presentato, ma esprime sicuramente amarezza per la decisione dei 49 centri anziani: "Non ho avuto modo ancora di leggerlo - risponde - ma dopo mesi di consultazioni, in cui si è provato a mantenere equilibrio tra il codice del terzo settore e le linee guida regionali, sinceramente trovo preoccupante che ci siano delle realtà che fanno ricorso, su questioni che permettono di mantenere pubblici quei luoghi, al fine che eroghino un servizio pubblico. Forse qualcuno dovrebbe fare i dovuti approfondimenti su questa situazione. Comunque, come amministrazione crediamo molto nel rilancio dei centri anziani e infatti, proprio in queste settimane, è previsto l'arrivo di nuovi fondi". 

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