Assad sta perdendo la Siria, pezzo dopo pezzo - Il Post

19 giorni ago
Assad
A nord i gruppi armati hanno preso il controllo di Homs, e forze anti-assadiste sono entrate a Damasco: tutte le notizie di oggi, in ordine

Il regime siriano del presidente Bashar al Assad sta perdendo il controllo della Siria, pezzo dopo pezzo, con una rapidità inaspettata e dopo anni in cui la guerra civile iniziata nel 2011 sembrava entrata in una fase di stallo (qui il liveblog del Post con tutte le notizie di sabato).

Negli ultimi due giorni oltre all’offensiva proveniente da nord dei gruppi armati guidati da Hayat Tahrir al Sham, iniziata la scorsa settimana, si è aggiunta anche l’avanzata delle milizie curde nell’est del paese e soprattutto quella da sud di altri gruppi anti-assadisti, che si sono spostati molto velocemente fino a raggiungere Damasco, la capitale.

La situazione ora è molto critica per il regime di Assad, che sembra avere pochissime possibilità di sopravvivere: anche perché nel frattempo i suoi due alleati più importanti e preziosi, l’Iran e la Russia, hanno detto chiaramente di non avere intenzione di intervenire in suo favore.

Sabato, in particolare, l’esercito di Assad è progressivamente collassato su tre fronti, in una maniera praticamente inimmaginabile fino a pochi giorni fa.

Nel nord i gruppi armati guidati da Hayat Tahrir al Sham, dopo avere conquistato nei giorni scorsi le città di Aleppo e Hama, hanno preso il controllo anche di Homs, la terza città più popolosa del paese dopo Damasco e Aleppo. Inizialmente sembrava che le forze di Assad avessero le capacità e la forza per combattere i ribelli, diversamente da quanto fatto fino a quel momento. Non è andata così. Sabato i soldati di Assad si sono ritirati dalle loro postazioni e si sono diretti per lo più a Damasco, lasciando la possibilità ai ribelli di entrare nel centro città senza nemmeno combattere. La perdita di Homs è un colpo durissimo per il regime di Assad, a cui rimangono praticamente soltanto Damasco e alcune città costiere.

Nel frattempo peraltro proprio a Damasco altre forze anti-assadiste – slegate da Hayat Tahrir al Sham – hanno preso il controllo di alcuni quartieri periferici, distruggendo i poster che raffigurano Bashar al Assad e abbattendo le statue del padre, Hafez, che governò la Siria prima di lui.

Queste forze sono piuttosto composite: dentro ci sono persone locali, che hanno capito il momento di debolezza del regime di Assad e sono scese in piazza per manifestare, ma anche i gruppi ribelli di Daraa, la regione appena a sud di Damasco da dove partì la rivoluzione siriana nel 2011. Ci sono anche molti drusi (quindi non musulmani), che venerdì avevano liberato la loro regione d’appartenenza, al Suwayda nel sud.

A Damasco la situazione è tesa. Molte persone stanno scappando dai quartieri più centrali, altre stanno facendo incetta di generi alimentari, gli sportelli delle banche sono stati chiusi e diverse strade sono bloccate. «Le persone stanno aspettando con ansia di vedere cosa succede, e non sanno cosa fare», ha detto un residente a CNN. Molte strade sono vuote. «Gran parte delle persone rimangono a casa, se può farlo, consultando internet per avere notizie nonostante la scarsa connessione», ha scritto il New York Times.

L’esercito di Assad sta perdendo terreno anche a est, dopo avere lasciato le proprie posizioni nella regione di Deir Ezzor, permettendo alle milizie curde di occupare tutti i centri abitati, inclusi i più importanti: Deir Ezzor, al Mayadeen e al Bukamal, che è un valico di confine tra Siria e Iraq. Nel recente passato al Bukamal è stata particolarmente importante: era il punto usato dalle milizie filo iraniane per entrare in Siria da est, e ora che è controllata dai curdi significa che quelle milizie non potranno più entrare nel paese per aiutare Assad.

L’impressione è che il regime di Assad possa cadere nel giro di pochi giorni. Se si considera che Homs è di fatto persa, ad Assad rimane Damasco – nella quale però come detto si sta assistendo a una ribellione di parte della popolazione locale – e la parte costiera della Siria, dove ci sono le città di Latakia e Tartus. Questa zona è considerata una “roccaforte” di Assad, perché lì vivono per lo più alawiti, una setta religiosa a cui appartiene anche il presidente siriano.

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