Il presidente siriano Bashar al-Assad a un passo dalla fine, il suo ...
Al potere dal 2000, quando raccolse il testimone dal padre Hafiz, Bashar al-Assad è rimasto per anni aggrappato alla presidenza di un Paese dilaniato da un conflitto che ha distrutto il Paese.
Da marzo 2011 e cioè da quando sulla scia della cosiddetta “Primavera Araba”, la Siria è divenuta il paese del Medioriente in cui le superpotenze del mondo hanno condotto una guerra per procura senza precedenti con l'aiuto delle svariate milizie radicali all'occorrenza ribelli e/o jihadiste, ora il regime sarebbe a un passo dalla fine. Uno scenario che fino a poche settimane fa nessun analista aveva previsto.
Il 59enne presidente Bashar al-Assad, segretario generale del Comando centrale del Partito socialista arabo Ba'ath, figlio di Hafez, 18° presidente della Siria dal 1971 fino alla sua morte nel 2000, è finora "sopravvissuto" alle sofferenze del Paese arabo con cinica determinazione. Non ha mai rinunciato al comando forte dei sostegni cruciali di Iran e Russia, ha denunciato il "terrorismo" di chiunque si opponesse a Damasco dove, stando alla presidenza siriana ancora si troverebbe, mentre qualcuno lo dà in volo su un aereo diretto verso il Golfo Persico.
immagine del presidente siriano Bashar Assad, ufficio del governo provinciale di Hama, Siria, 6 dicembre 2024 (ApPhoto)
Lui che è di etnia religiosa alawita, un gruppo arabo definito una setta religiosa, che si è separata dall'Islam sciita primitivo in aperta rottura col mondo sunnita.
Ecco che la sfida lanciata dalle fazioni sunnite armate, guidate dalle brigate di Hayat Tahrir al-Sham, arrivate ormai alle porte della capitale, e la situazione di difficoltà in cui versano Mosca e Teheran, sembrano scrivere la parola fine alla sua leadership.
Laureato in oftalmologia a Londra, il leader siriano molto contestato all'estero era entrato nella linea di successione al potere dopo la morte del fratello Basil, il delfino designato di Hafiz, vittima di un incidente stradale nel 1994. Dopo l'ascesa, aveva avviato un percorso di riforme che all'epoca aveva fatto pensare a un'iniziale apertura di Damasco verso l'Occidente. ma qualcosa deve essere andata storta e il pugno duro sulla repressione scattata nel 2011 sulle proteste pacifiche non lascia spazio ad altre interpretazioni.
Il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman con il presidente siriano Bashar al-Assad (AFP)
Il regime di Assad è stato accusato di torture e di massacri nei confronti di dissidenti e oppositori e di stragi con armi chimiche, ma ha sempre resistito alle sanzioni come ha resistito - è bene specificarlo grazie al sostegno dei militari, di Mosca e Teheran - a chi per anni gli ha chiesto un passo indietro. Nel frattempo la Siria, dove nel 2019 è stata annunciata la "sconfitta" del sedicente Stato islamico (Isis), ha faticosamente cercato un effimero ritorno alla stabilità.
Rieletto presidente nel 2021 con oltre il 95% dei consensi in quelle che erano state le seconde elezioni dall'inizio del conflitto dopo quelle del giugno 2014, Assad aveva sfidato le accuse dei tanti che avevano definito il voto una farsa. A maggio dello scorso anno aveva assaporato il gusto della rivincita, rientrando a pieno titolo nella Lega Araba, 12 anni dopo essere stato cacciato a causa della violenta repressione delle proteste. Il leader siriano aveva partecipato al summit di Gedda, venendo accolto con abbracci dal principe ereditario saudita Mohammed bin Salman. Un decennio prima, i sauditi erano stati tra i finanziatori delle milizie che combattevano per rovesciarlo. Di recente, poi, Assad aveva ricevuto anche un invito ad avviare un processo per normalizzare le relazioni dal presidente turco, Recep Tayyip Erdogan. Lo stesso "sultano", di certo non ostile alle fazioni armate che stanno prendendo il controllo della Siria, si sta rivelando la figura chiave del suo tramonto politico anche a causa della strenua lotta del presidente turco alle migliaia di curdi che si trovano a nord del paese siriano.
Siria - Un combattente antigovernativo calpesta un ritratto strappato del presidente siriano Bashar al-Assad a Hama, il giorno dopo che i ribelli hanno catturato la città centro-occidentale, il 6 dicembre 2024 (afp)
Appare oggi inevitabile pensare che la guerra cominciata nella Striscia di Gaza il 7 ottobre, e quella cominciata poi in Libano, avrebbero intaccato anche la fragile Siria la cui guerra civile rimasta apparentemente silente, si è riaccesa.
Anche perché Israele non ha mai interrotto i suoi raid e blitz contro obiettivi di Hezbollah e legati ai Guardiani della Rivoluzione iraniani, stretti alleati del presidente siriano. Il crollo del suo regime di carta, dopo l'uccisione del capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh, e del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, sembrano assestare un nuovo durissimo colpo al cosiddetto "Asse della Resistenza" messo in piedi da Teheran in chiave anti-israeliana. E forse la nuova presidenza americana non è del tutto estranea a questo nuovo repentino assetto.
In questi anni, al fianco di Bashar, c'è sempre stata Asma, la 49enne first lady nata a Londra da genitori siriani. Cresciuta nella City, ha sposato Assad nel 2000 e dal loro matrimonio sono nati tre figli. In passato lodata per il suo stile e le sue idee, osannata da Vogue come "La rosa del deserto" e da Paris Match come "un raggio di luce in un Paese di zone d'ombra", è finita nella bufera quando ha deciso di sostenere il marito nella repressione delle proteste. Lo scorso maggio la presidenza siriana aveva diffuso la notizia che fosse malata da tempo.
Il presidente siriano Bashar al-Assad e sua moglie Asma Assad, 18 giugno 2008 (GettyImages)