Siria, i ribelli verso Damasco. Giallo sulla fuga di Assad: il leader ...

20 giorni ago
Assad

«Stiamo andando verso Damasco, stiamo arrivando». Hassan Abdul Ghani, uno dei più alti comandanti dei ribelli, guarda dritto verso la telecamera per l’ultimo avvertimento a Bashar al-Assad. Un video breve ma che non lascia spazio a dubbi. L’offensiva partita da Idlib è pronta ad arrivare nella capitale. E per i ribelli guidati da Hayat Tahrir al-Sham, Assad ha i giorni contati. Forse addirittura ore. Tanto che in serata si sono di nuovo rincorse le voci di una fuga del leader siriano insieme alla sua famiglia. C’è chi dice a Mosca, chi Teheran, chi una capitale del Golfo. Indiscrezioni non confermate ma che sono il segno di un crollo visto da più parti come imminente.

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L’AVANZATA

I miliziani di Hts, dopo aver preso Hama, si sono allargati verso i villaggi vicini, hanno anche raggiunto una base a con armi sovietiche. Poi, i hanno puntato Homs, la quarta città più grande della Siria. Un altro snodo fondamentale come lo era Hama. Homs, infatti, non è solo la “capitale della rivoluzione del 2011”, ma anche la sede della più importante raffineria del Paese e l’ultimo grande tassello per spezzare i collegamenti tra Damasco e la costa alauita. L’esercito resiste e ieri ha smentito le notizie di un ritiro. Ma tutto fa credere che l’onda ribelle, dopo avere preso Rastan e Talbisseh, non si fermi nemmeno questa volta. E questo nonostante i jet di Damasco e Mosca abbiano provato ad arrestare l’avanzata colpendo le strade e il ponte Al-Rastan.

CRISI AL VERTICE

L’assedio ad Assad è soffocante. Ma quello che terrorizza il leader siriano e i suoi alleati non è solo l’avanzata dei ribelli nel centro-ovest, ma anche la sollevazione di altre fazioni slegate dal gruppo guidato da Abu Muhammad al-Jolani, il leader che ieri ha parlato alla Cnn dichiarando l’obiettivo di rovesciare il regime. Nella parte orientale della Siria, a Deir Ezzor, le truppe governative e le milizie filoiraniane hanno lasciato il campo alle Forze Democratiche Siriane, la coalizione guidata dai curdi ma composta anche da combattenti arabi e sostenuta dagli Stati Uniti.

«Per proteggere la nostra gente, i nostri combattenti del Consiglio militare di Deir Ezzor sono stati schierati nella città e a ovest del fiume Eufrate», hanno comunicato le forze curde. E le fiamme della rivolta si sono accese anche nel sud della Siria, al confine con la Giordania (che ha già chiuso la frontiera), nelle aree di Daraa e Suwayda. I ribelli drusi hanno conquistato valichi di frontiera, edifici amministrativi, stazioni di polizia, una prigione e basi dell’esercito. I funzionari governativi sono già fuggiti. E Assad ora ha sempre più lo sguardo rivolto al Mediterraneo. Lì l’esercito prepara l’ultima resistenza. Damasco spera in quello che sembra sempre più un miracolo. Ma anche i russi, consapevoli del pericolo, hanno iniziato a spostare i mezzi verso la base di Tartus. Forse per difendere meglio i militari. O forse per imbarcare armi e sistemi sulle ultime navi presenti nel porto, evitando che siano colpiti dai ribelli o peggio ancora che finiscano nelle loro mani.

Ad Assad, a questo punto, resta solo un’ultima possibilità: la diplomazia.

IL VERTICE

Oggi a Doha è previsto un incontro tra i ministri degli Esteri di Iran, Russia e Turchia. Ieri, Recep Tayyip Erdogan si è augurato che «la marcia delle forze di opposizione continui senza problemi», ricordando di avere teso la mano ad Assad ma di avere ricevuto risposte negative. E ora tutti gli occhi sono puntati su Teheran. «L’Iran fornirà tutto il necessario al governo siriano» ha dichiarato il ministro degli Esteri degli ayatollah, Abbas Aragchi. L’Iraq si è defilato, rinunciando a possibili interventi militari. E intanto Israele osserva quanto accade sul suo enorme fronte nord. Tel Aviv ha blindato le Alture del Golan mentre gli aerei hanno colpito il confine tra Libano e Siria per evitare movimenti di Hezbollah. E secondo i media, l’Idf avrebbe già colpito in Siria un deposito di armi chimiche prima che finisse nelle mani dei ribelli.

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