Baby Gang, dai domiciliari alla conquista del Forum di Milano

12 giorni ago
Baby Gang

di Marta Blumi Tripodi

Al concerto del trapper di origini marocchine lo striscione della comunità Kayros: «Non esistono ragazzi cattivi, Baby Gang uno di noi!» 

Il primo concerto al Forum di Assago rappresenta una consacrazione per ogni artista. Quando l’anno scorso era stato annunciato quello di Baby Gang, inizialmente qualcuno aveva storto il naso: non era ancora percepito dal grande pubblico come un nome in grado di conquistare quel tipo di palco, e in più era nell’occhio del ciclone per le numerose e ben note vicende processuali. Tant’è che la prima data, prevista inizialmente per aprile 2024, era stata rimandata al 14 dicembre proprio per le restrizioni imposte dai giudici.

Da una parte, forse è andata meglio così: nonostante infatti per certi versi non abbia ancora trovato la pace interiore –pur avendo il permesso di lavorare ha tuttora l'obbligo di firma relativo a una condanna ai domiciliari, recentemente ha annullato il suo tour europeo, oltre a litigare con il collega Rondodasosa – è senz’altro cresciuto moltissimo, negli ultimi mesi. Le energie che ha messo nella sua carriera hanno ripagato, tanto che oggi è il rapper italiano più ascoltato all'estero (su Spotify), e appare sicuro e a suo agio come un veterano in un palazzetto strapieno.

Il pubblico di Baby Gang (all’anagrafe Zaccaria Mouhib, nato a Lecco nel 2001) è estremamente variegato: tanti ragazzi di seconda generazione, felicissimi di essere lì a vedere il concerto di qualcuno che assomiglia a loro, ma soprattutto tantissimi ragazzi bianchi e italiani della classe media. Tanti adulti, tante famiglie con bambini, e parecchie ragazze, arrivate con le amiche e pronte a cantare a squarciagola ogni testo.

Sulle gradinate spicca uno striscione fatto con un lenzuolo e una bomboletta spray, che i suoi creatori agitano con entusiasmo a ogni occasione: «Non esistono ragazzi cattivi, Baby Gang uno di noi!». È della comunità per minori in difficoltà Kayros, creata da don Claudio Burgio, cappellano del carcere Beccaria: Baby Gang ha vissuto lì per un certo periodo e lì ha cominciato a fare musica, e i suoi ex compagni di strada sono accorsi qui per sostenerlo.

A differenza di quanto si possa immaginare, insomma, non si respira aria di pericolo sociale, ma di redenzione, riscatto, rivincita, e soprattutto di festa. Potrebbe essere il perfetto lieto fine di una favola moderna. Con tanto di morale: più volte, tra una canzone e l’altra, il rapper ribadirà che bisogna pensare a combattere e a cambiare il Paese, che lui ha sofferto più di chiunque altro per essere lì in quel momento, ma che la sua non è la strada da seguire. «Non fate cose che vi possono rovinare la vita, siete giovani» ammonisce.

A festeggiare con lui, su un palco carico di effetti speciali e trovate sceniche spettacolari – i visual da fine del mondo con Milano allagata e il Duomo in fiamme, gabbie che si elevano verso il cielo, assoli danzanti – c’è tutta la scena rap che conta. Una ventina di ospiti, infatti, hanno voluto manifestargli un concreto attestato di stima e solidarietà con la loro presenza: a partire da colleghi come Geolier, Ghali, Tedua, Kid Yugi, Rocco Hunt, Emis Killa, Lazza, Sfera Ebbasta, lo spagnolo Morad, ma anche amici di sempre come Neima Ezza, Sacky, Medy, J Lord e Ghost.

A concludere in bellezza, Fabri Fibra ed Emma, con la versione 2.0 del classico «In Italia», specchio perfetto della società odierna. Il concerto si chiude con un finto arresto da parte di finti carabinieri, che lo incappucciano e ammanettano a una sedia tra i fischi dei presenti. Uno di loro lo nasconde dietro una tenda da trasformista, e quando il velo cade Baby Gang è scomparso: ricompare in cima agli spalti, libero e felice, e se ne va. L’augurio per lui è che di questa ritrovata libertà ora faccia l’uso migliore possibile.

15 dicembre 2024 ( modifica il 15 dicembre 2024 | 13:33)

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