Baby Gang: il video de "Le Iene" mostra com'è andata la sparatoria
Il trapper 22enne, ai domiciliari da gennaio per rapina e sparatoria, ora è di nuovo in carcere per una foto
15 maggio - 13:21 - MILANO
Nella puntata del 14 maggio, Le Iene hanno mandato in onda un servizio che ha riacceso i riflettori sul caso di Baby Gang, il giovane trapper milanese finito nuovamente in carcere dopo la pubblicazione di una foto sui social. Le immagini mostrate ripercorrono i fatti della rissa del 2022 in via di Tocqueville a Milano, nella zona della movida meneghina, culminata con una sparatoria e due persone ferite. Riprese "inedite e integrali" che potrebbero confermare l'estraneità di Baby Gang alle accuse per le quali è finito ai domiciliari.
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Zaccaria Mouhib, vero nome di Baby Gang, era ai domiciliari con braccialetto elettronico dall'inizio dell'anno, con condanne in primo grado a 4 anni e 10 mesi per rapina e a 5 anni e 2 mesi per sparatoria per i fatti dell'estate 2022. Il video pubblicato da Le Iene, tuttavia, potrebbe aiutare a far luce su cosa è successo davvero quella notte tra il 2 e il 3 luglio di due anni fa.
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Nel suo servizio Nicolò De Devitiis ripercorre ogni istante di quella tragica colluttazione. Le immagini mostrano un marsupio caduto a terra durante la rissa, ma non ci sono prove che lo colleghino a un furto vero e proprio. È infatti Simba LaRue a raccoglierlo e a passarlo a un altro, mentre l'artista è lontano diversi metri; ciononostante, Baby Gang è stato condannato a una penna detentiva di 4 anni e 10 mesi di carcere. Altri potenziali furti non si evincono dalle immagini. E se è vero che Baby Gang teneva in mano un'arma da fuoco per parte della colluttazione, non lo si vede mai sparare.
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Il 29 aprile di quest'anno, in seguito la pubblicazione di un'immagine sul suo profilo Instagram, Baby Gang è stato nuovamente arrestato con l'accusa di violazione degli arresti domiciliari. Il motivo del contenere è una foto promozionale per il lancio del nuovo album, L'angelo del male, in cui l'artista maneggia una pistola. La difesa ha contestato questa posizione, sostenendo che il post incriminato era stato autorizzato e che la pubblicazione rientrava negli accordi con il giudice per la promozione dell'attività artistica del trapper.
A partire dal 7 maggio, Baby Gang ha avviato uno sciopero della fame in carcere, in segno di protesta contro una decisione giudiziaria che ritiene infondata. La gestione della pagina Instagram, spiega il trapper, è infatti nelle mani del suo team social.
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Mentre in tv andava in onda il servizio de Le Iene, sui social di Baby Gang ha fatto capolino un nuovo post con le immagini di una lettera indirizzata a De Devitiis, in cui si legge:
"Caro Nic, ho bisogno di te. Ti scrivo dalla mia cella, immerso nella penombra, circondato da 4 mura fradicie, dopo che qualche giorno fa sono stato riportato dentro per qualcosa di cui non riesco a capacitarmi. In cella fa freddo, molto freddo, anche se fuori è maggio. Non ho acqua calda e non dormo da giorni. Mi manca il respiro pure nell’ora d’aria. La prigione è un luogo a cui non ti abitui mai. Qua dentro ogni giorno è uguale ma ogni volta è diversa. Queste stanze sono pervase di umidità e disperazione. Spesso ti dimentichi persino chi sei e perché ti trovi dove ti trovi. Ma io no. Non dimentico", ha scritto il trapper. "Per questo ho bisogno di te. Ho bisogno che qualcuno mi aiuti ad accendere una luce su questa storia".
"Però prima devo fari una confessione. Sono colpevole. Colpevole di aver girato un videoclip per il mio nuovo singolo. Colpevole di aver chiesto e ottenuto tutte le autorizzazioni del caso e di averlo girato con un braccialetto elettronico alla mia caviglia. [...] Confesso la mia sfiducia nella giustizia. Confesso di non capire più un sistema che toglie la libertà per una banalità simile. Confesso di essere incredulo e incazzato. Vedi Nicolò, quando sento dire che il successo rende privilegiati mi viene da ridere".
"Da giorni convivo con il dubbio che la mia carriera possa essere compromessa ma anche con la certezza che finché avrò voce continuerò a fare quello che faccio. A scrivere quello che sento. Credimi Nico, non è il carcere a farmi paura, sono già stato dentro e so di poter sopravvivere". Poi, l'accorato appello: "Per favore fai sentire la mia voce al di fuori di queste quattro mura in cui mi sento sepolto vivo".
Gazzetta dello Sport
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