Beppe Grillo cacciato dal M5S: ora il fondatore prepara la guerra ...
di Emanuele Buzzi
Il garante «pensionato» dall'Assemblea costituente del suo partito. L'ira via WhatsApp: «Sono dei francescani diventati gesuiti». E prepara un video
ROMA - Una certezza e qualche dubbio. Che l’aria alla Costituente non fosse delle migliori per Beppe Grillo, il fondatore lo aveva capito all’annuncio del raggiungimento del quorum. Così da Marina di Bibbona, dove ha passato le ultime giornate, riflettendo se fare o meno un blitz all’Eur, si è trovato a un bivio: scendere a Roma o risalire nella sua Genova. E il fondatore ha scelto la seconda opzione. «Tanto è tutta una farsa», commenta chi gli è vicino, snocciolando l’unica certezza per Grillo. Il garante — o ex garante ormai — se lo aspettava, l’esito del voto, anche se non in questi modi. Con quell’applauso a sfregio. «Uno schifo», dicono i movimentisti. «Stupendo, mi viene il vomito», citano Vasco Rossi.
Grillo, in realtà, si sente «liberato da un peso». Il fondatore attendeva i risultati come la fine di una fase. Voleva che gli iscritti si esprimessero per una «questione di rispetto». Proprio per questo ha evitato iniziative legali prima del voto. E proprio per questo ha atteso l’ultimo momento utile per pubblicare il suo commento su WhatsApp, quella storia con una didascalia molto breve ma altrettanto pregna di significati: «Da francescani a gesuiti». Il Movimento che era, ispirato ai valori di San Francesco, e il Movimento che sarà. Conte è visto come il gesuita. E in ambienti vicini al fondatore ricordano anche il detto «Falso come un gesuita».
Ma la delusione di Grillo non è tanto per Conte. Il garante si sente tradito soprattutto dai big della vecchia guardia che ancora hanno un peso nel M5S contiano, in primis Roberto Fico e Stefano Patuanelli. Da loro si aspettava una vicinanza maggiore, un contributo alla sua causa. Ora il garante deve decidere il da farsi. E qui iniziano i dubbi. Molto probabilmente nelle prossime ore pubblicherà un video per commentare la votazione. Ma le parole non bastano stavolta. Grillo, che si è sfogato nuotando, non vuole disperdere quello che ha contribuito a creare con Gianroberto Casaleggio quindici anni fa. E soprattutto non vuole che la storia «di questo nuovo partito» si sovrapponga a quella dei «suoi» 5 Stelle.
L’esito della Costituente, insomma, chiude un capitolo ma ne apre altri. La strada di una guerra legale sul simbolo sembra l’opzione più concreta, anche perché — spiega chi lo conosce bene — «Beppe era indeciso se lasciar correre o martellare, ma visti certi atteggiamenti farà valere le sue ragioni».
C’è anche un’altra carta sul tavolo: quella della ripetizione del voto. Grillo ha da statuto cinque giorni di tempo per chiedere un nuovo test elettorale sulle questioni statutarie. Il fondatore, però, sta valutando. C’è chi in ambienti vicini a lui si chiede se la ripetizione della consultazione abbia un senso perché «sarebbe garante di qualcosa in cui non crede più». C’è chi invece spera che con il nuovo test i 15 mila iscritti pro garante si tirino fuori dal voto, facendo di nuovo vacillare il quorum. In ogni caso, un’eventuale nuova votazione protrarrebbe lo scontro interno almeno fino a metà dicembre: oltre ai cinque giorni per la richiesta, servono poi alcuni giorni per la macchina organizzativa e otto giorni di preavviso per gli iscritti. Ma c’è anche chi guarda oltre il Movimento e spera che il fondatore «rimetta insieme i cocci di qualcosa che è stato un sogno e che ora non c’è più».
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24 novembre 2024 ( modifica il 25 novembre 2024 | 07:28)
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