Bobby Solo “Le ragazze ci davano la caccia”

30 Gen 2024

Scena: esterno dell’albergo dei cantanti al Cantagiro del 1965, tappa di Venezia: fuori dall’albergo dei cantanti, una folla di tre-quattromila fra ragazzi e ragazze ad aspettare. «C’eravamo io, Celentano e Morandi - racconta Bobby Solo -. Per farci uscire dall’hotel ci hanno avvolto nei manifesti come mummie, se no la gente ci avrebbe assaliti». Andava così quando il pop invase l’immaginario giovanile negli anni Sessanta, fossero i Beatles a Londra o i nostri cantanti in patria, che bastava la canzone giusta e ti ritrovavi divo, specie se eri un bel tipo e avevi il ciuffo alla Elvis, come Bobby Solo.

Bobby Solo - Figure 1
Foto Voci di Roma

Nell’Italia canora che scimmiottava il beat traducendolo nella lingua di Dante, dove andavano forte artisti da Oltremanica impreziositi dall’accento inglese, vedi Mal e Shel Shapiro, il diciannovenne Roberto Satti sfiorava il colpaccio a Sanremo con una canzone da crooner, Una lacrima sul viso, quando era ancora il 1964. Intanto il mondo dava segni d’impazzimento, fra rivoluzione sessuale, capelli lunghi e la nascita di un nuovo soggetto sociale, i giovani, avidi di musica, moda e nuovi consumi.

La scelta di un nome d’arte che si ricordasse fu frutto, come avviene spesso, dal caso: per uno che si chiama Roberto Satti la scelta di “Bobby” come nome d’arte venne naturale e tale e quale doveva rimanere, se non ché una segretaria della casa discografica, quando il cantante precisò che voleva chiamarsi «solo Bobby», capì fischi per fiaschi e gli affibbiò Bobby Solo. Un’intuizione felice quanto involontaria che aveva il pregio di mettere d’accordo l’esterofilia degli italiani - Bobby - e un cognome d’arte abbastanza originale da restare impresso.

Questa è solo una piccola anticipazione dell’intervista che troverai in edicola e in pdf nello sfogliatore online nello speciale “Sanremo è di moda” lunedì 5 febbraio. Segui Sanremo insieme a noi

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