Il Castello delle Cerimonie chiude per sempre: è ufficiale
Volano le ultime colombe al Castello delle Cerimonie: il Comune di Sant'Antonio Abate avvia le pratiche per acquisire i terreni, oggetto di una pesante sentenza dello scorso febbraio. Una location diventata famosissima grazie al grande successo su Real Time (ma anche per alcune riprese di Reality di Garrone), conosciuta per lo sfarzo e la pomposità delle feste organizzate.
La sentenza della Suprema Corte di Cassazione prevedeva la confisca urbanistica della struttura ricettiva e del terreno di oltre 5 ettari su cui sorge. «Abbiamo atteso per otto mesi la pubblicazione delle motivazioni della sentenza che ordina la confisca dell'immobile noto come Grand Hotel La Sonrisa», dice ora nelle ultime ore la sindaca Ilaria Abagnale, «E l'acquisizione a titolo gratuito dell'intera area di oltre 40mila metri quadrati a patrimonio del Comune».
È un po' la fine di un'epoca televisiva ma anche locale, visto che negli anni La Sonrisa era diventata un punto di riferimento anche occupazionale della zona. Eppure le indagini avevano riscontrato una lunga serie di lottizzazioni abusive.
Tutto era nato nel gennaio 2014 con "Il Boss delle Cerimonie", un programma in onda sul canale Real Time sotto l'egida di don Antonio Polese, capostipite di una famiglia che gestisce questa location sfarzosa e magniloquente, barocca ed eccessiva, che diventa la cornice ideale per ogni matrimonio partenopeo, e non solo.
Una fama radicata così profondamente nello spettacolo italiano che bastano le prime note della sigla, Nu matrimonio napulitano, e lo spettatore sa che sta per entrare in un mondo a parte, fatto di vestiti glitterati, capigliature faraoniche, auto nuziali appena uscite da Pimp My Ride, nomi tradotti dall'inglese con consonanti randomiche, parenti di dodicesimo grado, menù chilometrici, esibizioni neomelodiche e scugnizzi vari.
Fin dalle prime stagioni è chiaro che il format, divenuto immediatamente popolarissimo e ancor di più virale, fotografava un certo tipo di napoletanità al contempo verace e artefatta, in cui l'importante è festeggiare, celebrare, pasteggiare, apparire e sparare fuochi d'artificio, lasciando fuori dalle bianchissime mura tutti i problemi. Da una parte lo si guarda con la consapevolezza che non tutta Napoli sia così, dall'altra il gioco è proprio osservare uno spaccato riconoscibile nei suoi cliché e nei suoi eccessi.
Nel dicembre 2016 muore don Antonio, lasciandoci orfani dei suoi auguri millenari, «Dovete ess felici per altri mille anni. Tutti in buona salute» e delle sue frasi a tutt'oggi arcane e leggendarie, «Un pono piccolissimo. Tutto pomellato».
Ma la saga continua, anche perché la famiglia Polese sono ormai i Kardashian di noi altri, una riproposizione esplosa e rococò di una dinastia televisiva che si piazza da qualche parte non meglio definita tra Beautiful e Matrimonio a prima vista. Quindi ecco il titolo diventare Il Castello delle Cerimonie e il timone passare alla figlia Imma Polese e al marito Matteo. Il resto rimane invariato: coppie più o meno improbabili intenti a regalare a parenti, amici e affini un matrimonio da non dimenticare. E non mancano neppure battesimi, comunioni, prediciottesimi e così via. Il tutto condito da stampe animalier, abiti arabescati, elicotteri, pavoni, spettacoli pirotecnici, carretti del fritto e mozzarelle fatte al momento.
Un eccesso che però diventa spettacolo nelle sue assurdità: nessuno di chi guarda vorrebbe organizzare davvero un matrimonio così, tutti vorrebbero andarci come ospiti. E magari criticare il tutto.
Il programma, esportato in decine di paesi in tutto il mondo (anche negli Stati Uniti dove, giustamente, s'intitola My Crazy Italian Wedding), nel corso degli anni ha diviso gli animi: c'è chi adora il suo incomparabile tasso di trashaggine, e chi invece ci vede solo una testimonianza disperante di un certo tipo di eccesso. ,
Come ogni dinastia che si rispetti, anche i Polese sono stati tanto osannati quanto criticati, soprattutto negli ultimi tempi quando, a indagini in corso, si ritraevano sui social a fare la bella vita in barca. Ma c'è anche chi ha organizzato manifestazioni e picchetti davanti agli sfarzosi cancelli del castello a ribadire che le centinaia di persone impiegate a La Sonrisa sono una forza lavoro che va tutelata.
Nella mattinata del 22 febbraio scorso, circa 500 persone hanno preso parte al corteo di protesta chiedendo di salvare il lavoro delle circa 250 persone impiegate all'Hotel Sonrisa, a prescindere dalle colpe della proprietà.
Oggi i terreni del Castello passano ufficialmente al Comune. Dalle voci che circolavano gli scorsi mesi, il suo destino dovrebbe essere quello del riutilizzo sociale, almeno a leggere la sentenza di confisca. L'ipotesi più probabile, al momento, è quella che diventi un asilo.