Chiara Caselli: “Oggi Nuti sarebbe stato denunciato, la mentalità ...

10 Ott 2024

Nata in una famiglia “cattocomunista dell’Emilia Romagna” di origini umili, “ereditavo i pullover dai miei due fratelli”, ha ricevuto un’educazione rigida: l’attrice e regista Chiara Caselli, 56 anni, si racconta in un’intervista al Corriere della Sera, svelando i segreti di quell’apparenza diffidente e ombrosa che nasconde, in realtà, tante ferite dell’anima. 

Chiara Caselli - Figure 1
Foto Luce!
La famiglia e la recitazione come alibi

Un’adolescenza segnata dal trauma di un padre depresso (e dagli aspetti violenti), abbandonata proprio nel momento di transizione tra l’infanzia e la vita adulta. “All’ultimo anno di liceo frequentai una scuola di teatro. Capii che recitare mi permetteva di dare forma al mio violento mondo interiore, che non aveva avuto modo di esprimersi –racconta parlando con Valerio Cappelli –. La recitazione è un alibi perfetto: sei tu, ma con un altro nome e un’altra storia. Debuttai a Bolzano con un collage di poesie. Lì una troupe tedesca cercava un’attrice per una serie tv, Il nido, su persone che convivono senza nessun legame di parentela”. E poi l’esordio, a 22 anni, con una piccola parte ne Il Segreto di Citto Maselli.

L’addio ai genitori, andando via di casa giovanissima “creò una rottura totale” ma, spiega Caselli, “quei segni di abbandono sono i semi che hanno preso forma attraverso le cose che ho fatto”. Tra cui anche andare in analisi per provare a trovare soluzioni a quei traumi, anche se ammette: “Serve da giovani” quando “scioglie i nodi che altrimenti ti porti dietro per sempre”. Alcuni, invece, si sono formati dopo, durante la sua carriera. E ora l’attrice svela quei retroscena, quei fatti che che l’hanno segnata come donna e come professionista. 

L’esperienza devastante con Nuti e l’incontro con Weinstein

Chiara Caselli e Francesco Nuti in "Occhiopinocchio"

In particolare, rispondendo alla domanda se abbia sempre voluto fare l’attrice, l’emiliana spiega che c’è stato un momento preciso che le ha fatto perdere fiducia nel suo lavoro.  Fu “durante Occhiopinocchio di Francesco Nuti. Un’esperienza devastante. Dico solo che, oggi, in un mondo in cui la mentalità rispetto agli abusi è profondamente diversa, Nuti avrebbe avuto una denuncia. Avevo 26 anni, ero giovane. Lui non c’è più e non voglio aggiungere altro”. Un non detto che fa temere qualcosa di brutto, molestie o aggressioni sessuali ormai sdoganato come fenomeno comune e consolidato sul set, tanto che per denunciarli è nato il movimento #MeToo. 

Lei il produttore Harvey Weinstein, “l’orco di Hollywood” condannato per gli abusi sessuali dietro le quinte del cinema mondiale, l’ha incontrato di persona a New York “e… non ci provò, se è quello che volete sapere”. Ma vedendola nel film corale di Marco Tullio Giordana la chiamò per il suo cult, Pulp Fiction. “Nel provino le battute me le diede Quentin Tarantino, il regista, secondo una modalità che in Italia non c’è. Al provino non presero me ma (come moglie di Bruce Willis), Maria de Medeiros. A Weinstein in seguito mandai il mio primo cortometraggio come regista, Per sempre, che racconta la fuga d’amore di due bambini. Mi disse che provava a mandarlo a Hollywood per un’eventuale candidatura agli Oscar, ma non c’era tempo”.

“Il mio corpo è un personaggio”

Caselli, come altre prima e dopo di lei, ha avuto a che fare con registi che le chiedevano sempre di spogliarsi. Ma lei minimizza: “Il mio corpo è un personaggio, se c’era necessità, nessun problema – dice –. Ricordo Belli e dannati di Gus Van Sant, eravamo nudi, io e Keanu Reeves, lui bello, sicuro di sé, con un rispetto totale del mio corpo. Io, una pischella di 23 anni. Tutto naturale. Invece fui in forte imbarazzo, mi spiace dirlo ma è così, con Michelangelo Antonioni, in Al di là delle nuvole”, il suo ultimo film. “Vedevo un uomo, in quelle condizioni fisiche così precarie, attaccato alle attrici, filmava i nostri corpi con una certa morbosità. Per fortuna – conclude Caselli – sua moglie Enrica e Wim Wenders, che collaborava, ebbero cura di me”.

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