Chico Forti, crollano le accuse di Marco Travaglio e Selvaggia ...
Alessandro Dell'Orto 20 dicembre 2024
a a aAvevano cercato di farlo passare per un ricattatore, un mandante, un criminale capace di minacciare di morte. Ma Chico Forti - che fin da subito aveva negato con forza e stupore ogni accusa («Non ho parlato con nessuno, non ho fatto nulla, sono tutte falsità»),- non è niente di tutto ciò. Anzi, di questa squallida vicenda lui (che non è mai stato indagato) è la vittima. E a stabilirlo ora è stata anche la Procura di Verona, che lo scorso 18 novembre ha annunciato l’archiviazione del procedimento: «A seguito delle indagini effettuate, rilevata la mancanza di ulteriori e nuovi elementi degni di approfondimento investigativo si rivela, allo stato, l’assenza di concreti riscontri circa la sussistenza di eventuali fattispecie incriminatrici nonché l’assenza di elementi in forza dei quali rilevare un’ipotesi di cui all’art. 115 c.p. (accordo per commettere un reato, istigazione ndr). Fermo quanto sopra esposto si dispone l’archiviazione del presente procedimento».
Un fascicolo, quello chiuso, senza indagati né reati. Il nulla. E così la vicenda che lo scorso 5 luglio ha travolto Chico Forti - come se avesse bisogno di altre preoccupazione e sofferenze: dopo il clamore non ha più avuto permessi per andare a trovare l’anziana madre - nel carcere di Verona (ci è arrivato lo scorso 19 maggio dopo 25 annidi prigione negli Usa, dove era condannato all’ergastolo per omicidio pur dichiarandosi sempre innocente), si è rivelata priva di fondamenti. Tutto era nato per le presunte rivelazioni di un altro detenuto, che aveva riferito che Forti gli avrebbe chiesto di contattare qualche “ndranghetista” per mettere a tacere Marco Travaglio, Selvaggia Lucarelli e una terza persona. Secondo quanto avevano riportato a luglio il Fatto Quotidiano (che lo scorso 13 dicembre poi ha pubblicato la notizia dell’archiviazione) e il Corriere della Sera, al detenuto in questione Chico avrebbe «promesso un aiuto futuro, non appena riuscirà a ottenere la libertà». E, sempre gli articoli in questione, spiegavano che «a raccogliere la confidenza è stata una persona che lavora all’istituto penitenziario, con la quale i carcerati entrano spesso in contatto (il sacerdote e garante Carlo Vinci, che ora però potrebbe essersi pentito del polverone che ha causato ndr)», spiegando che a legare Forti a Travaglio e alla Lucarelli sarebbe stato il titolo “Benvenuto assassino” (il direttore e l’opinionista si erano indignati per l’accoglienza, in particolare di Giorgia Meloni che aveva ricevuto Forti al suo sbarco a Roma) con il quale aveva aperto la prima pagina il Fatto Quotidiano quando, lo scorso 19 maggio, l’ex velista era tornato in Italia.
Ovviamente la questione si è giocata fin da subito sul filo della politica e infatti anche ieri si è scatenato il caos. Perché Devis Dori, deputato di Avs (Alleanza Verdi e Sinistra), in una conferenza stampa alla Camera ha letto la risposta fornita da Carlo Nordio, ministro della giustizia, a una delle interrogazioni che lo stesso Dori aveva presentato sul caso. E ha sottolineato quanto il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Verona aveva spiegato al ministro: «È semplicemente accaduto che un detenuto ha riferito al sacerdote Vinci Carlo (garante dei diritti delle persone private della libertà personale) che il sig. Enrico Forti avrebbe chiesto a lui e/o ai suoi sodali di far tacere il giornalista Marco Travaglio, la giornalista Selvaggia Lucarelli ed una terza persona. Il detenuto - aveva scritto il procuratore voleva in qualche maniera avvertire, riservatamente, il direttore Travaglio, affinché questi potesse prendere contro misure. Don Carlo Vinci, persona di elevata affidabilità e serietà, si premurava di lì a poco di avvertire il Travaglio, e quest’ultimo a sua volta poco dopo mi telefonava raccontandomi la vicenda e manifestando giusta preoccupazione. Immediatamente - aveva concluso - facevo svolgere una indagine, avvalendomi del Nucleo investigativo del Comando Provinciale Carabinieri di Verona. Ne veniva fuori un quadro sostanzialmente confermativo, ma di difficile interpretazione, che comunque sentivo necessario far prontamente conoscere a quelle istituzioni che si occupano di sicurezza inviando così copia integrale degli atti redatti nella occasione».
Già, peccato che questa risposta è datata luglio, quindi in una fase iniziale dell’inchiesta. «Sì, è quanto avevo scritto, ma poi sono passati mesi e non abbiamo sentito la necessità di approfondire ulteriormente perché non abbiamo rilevato nessun reato e la vicenda non meritava nessuna iscrizione nel registro degli indagati», spiega ora Raffaele Tito, procuratore capo a Verona. «Con questa conferenza stampa di Avs siamo dinnanzi all’ennesimo caso di tentativo speculativo e di completa mancanza di rispetto di quello che sono i fondamentali principi costituzionali - ha tuonato il senatore di Fratelli d’Italia, Giulio Terzi di Sant’Agata - Cosa andiamo a cercare, cosa andiamo a provocare? Si aggiunge solo un altro motivo di sofferenza a un nostro concittadino».