Chico Forti, vittima di un'ingiustizia o colpevole?

16 Mag 2024
Chico Forti

Sulla vicenda di Enrico "Chico" Forti, condannato all'ergastolo con l'accusa di omicidio, anche negli Usa restano innocentisti e colpevolisti. Ron DeSantis, governatore della Florida, Stato dove venne commesso il delitto e dove è detenuto Forti, ha autorizzato in marzo il trasferimento in Italia a patto che l'uomo sconti l'ergastolo in carcere. L'accordo fu preso "nell'interesse nazionale a beneficio del rapporto tra Stati Uniti e Italia". Anche l'ex segretario di Stato Mike Pompeo si disse a favore. Ma a patto che la condanna venga scontata. 

Perché in Usa continuano a essere convinti che non ci sia stato un errore giudiziario. La stessa polizia di Miami era contraria all'estradizione.   

Nel giugno 2000 Forti, un producer televisivo ed ex campione di windsurf, venne condannato all'ergastolo per l'omicidio, avvenuto nel 1998, di Dale Pike, un australiano partito da Ibiza per andare a Miami, incontrare Forti e parlare di affari. 

Negli Stati Uniti pochi americani avevano sentito il suo nome, fino a quando nel 2019 era stato trasmesso dalla Cbs un lungo reportage, nel programma "48 Hours", dedicato al caso. Il servizio sposava decisamente la linea dell'errore giudiziario, ma era costruito solo sulla base delle testimonianze a favore dell'italiano. Né gli investigatori, né la corte che emise la sentenza, né giornalisti locali che si occuparono del caso, sono stati sentiti, o hanno voluto parlare. 

Il fratello minore della vittima, Brad Pike, però, confessava la sua disillusione: "Non penso - diceva alla giornalista della Cbs Erin Moriartry - che conosceremo mai la verità". Ciò che è appurato è che qualcuno aveva sparato alla testa di Dale Pike due volte con una calibro 22 e aveva lasciato il corpo, nudo, su un tratto isolato di spiaggia a Virginia Key, pochi minuti da Key Biscane.   

Secondo gli americani, il killer o il mandante era stato Forti, per motivi di interesse, perché temeva saltasse un affare. Secondo gli italiani e chi in Usa difende l'italiano, il mandante sarebbe stato un truffatore tedesco, amico del padre della vittima. La storia della Cbs partiva dal luogo del ritrovamento del cadavere. "Quello - spiegava Sean Crowley, un ex capitano della polizia di New York - è un posto frequentato dai windsurfer". 

Era il 16 febbraio del '98, un lunedì, quando una persona trovò il corpo di Pike. "C'erano tracce di sangue - raccontò l'ex poliziotto - che portavano all'interno, verso la vegetazione".

Se la storia è emersa, ricorda la Cbs, è grazie a una giornalista italiana, Manuela Moreno. Era il 2013. "Ero negli Stati Uniti - raccontava alla rete americana - ed ero in cerca di una grande storia. Cominciai a studiare il caso di Chico Forti e dissi, 'questa è la mia storia'". 

Durante un colloquio in carcere, era stata lei a indicargli Tacopina come avvocato. Sul perché la difesa non abbia mai appurato chi la vittima avesse chiamato, durante la sosta per le sigarette, non c’è traccia. La storia resta un lavoro giornalistico a metà, fatto solo di testimonianze favorevoli all'imputato, una scelta che aveva finito per indebolire la sua battaglia legale. 

Tra le altre testimonianze figurava quella di un italiano, Fabrizio Pandolfi, che aveva conosciuto Knott a Montecarlo e lo aveva sentito parlare di "cose gravi" che aveva fatto in passato ma di cui erano stati accusati "altri". Knott, raccontò Pandolfi, aveva mimato il gesto della pistola e aggiunto: "Ho fatto cose per cui non ho pagato". I procuratori non hanno mai voluto commentare la vicenda.

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