Rafforzare una Chiesa sinodale: tra «sensus fidei», discernimento e ...

Chiesa
Introduzione

La Chiesa si trova in un momento importante della sua storia, costituito dal cammino sinodale. Il Concilio Vaticano II, in particolare la Costituzione dogmatica Lumen gentium (LG), descrive la Chiesa come una comunità di credenti uniti nella fede e nella missione comuni, misticamente costituita come corpo di Cristo attraverso il dono dello Spirito (cfr LG 7). Si supera così un modello istituzionale prevalentemente statico per delineare una comunità dinamica e partecipativa in cui tutti i membri, laici, religiosi e clero, condividono la responsabilità della missione.

Papa Francesco ha perseguito questa trasformazione fin da quando ha assunto il ruolo di successore di Pietro, esortando la Chiesa ad ascoltare più attentamente i suoi membri e il loro sensus fidei, e a impegnarsi nel discernimento comunitario. In questa visione i princìpi della sussidiarietà e della sinodalità svolgono un ruolo fondamentale. Se la sinodalità promuove il dialogo e il processo decisionale collettivo, la sussidiarietà assicura che le decisioni siano prese al livello più locale possibile, e in questo modo rispetta l’autonomia delle comunità senza pregiudicare l’unità.

Questo articolo, proponendosi di fornire una prospettiva sulla trasformazione in corso, per prima cosa esplora brevemente il contesto storico-ecclesiologico, le sfide e i progressi potenziali che evidenziano la necessità di una Chiesa sinodale. Poi approfondisce il significato di due concetti teologici – sensus fidei e discernimento degli spiriti –, che sono al servizio di questa nuova visione della Chiesa. Infine riflette sul contributo che il principio di sussidiarietà può apportare al miglioramento di una Chiesa sinodale.

Il cammino ecclesiologico della Chiesa

Fino al Concilio Vaticano II, la teologia cattolica utilizzava diversi modelli[1] per concettualizzare la Chiesa, e ciascuno di essi rifletteva dimensioni distinte dell’ecclesiologia e metteva l’accento su vari aspetti della natura e della missione della Chiesa. Il modello dominante nella teologia cattolica era quello di un’entità istituzionale-gerarchica. Questa prospettiva ne poneva in primo piano la struttura e il governo, con una chiara gerarchia guidata dal Papa, che, in quanto successore di Pietro, esercita il primato e la giurisdizione sull’intera Chiesa. Questo modello, specialmente nei manuali spagnoli (per esempio, De Ecclesia Christi di Joachim Salaverri), insisteva sulle «note» della Chiesa – una, santa, cattolica e apostolica – come prova che la Chiesa cattolica romana è la vera Chiesa di Gesù Cristo[2].

Come corollario di questo modello gerarchico, la Chiesa si presentava al mondo come una «società perfetta» (societas perfecta), affermando la propria completezza e indipendenza rispetto alle autorità secolari

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