Con Citadel - Diana, l'Italia ha copiato bene le serie americane

10 Ott 2024

Citadel - Diana non è una serie americana fatta da italiani, è molto più una serie italiana di alto profilo, girata con mezzi e ambizioni da cinema d’azione americano. Già da questo si capisce quanto sia un progetto complicato. L’idea è dei fratelli Russo (quelli che hanno girato i film più importanti dell’universo Marvel): fare una serie tv di spionaggio che possa avere poi delle divisioni in varie nazioni. L’anno scorso è quindi uscita su Prime Video Citadel, la serie madre, con Richard Madden e Priyanka Jonas, e quest’anno escono le prime due divisioni nazionali. La prima è proprio Citadel - Diana, quella italiana (prodotta da Cattleya, quelli di Gomorra - La serie ma anche dai fratelli Russo e da Amazon), poi arriverà Citadel - Honey Bunny, indiana, tutte collegate, tutte parti della medesima grande storia: una grande agenzia di spionaggio (Citadel, per l’appunto) che, nel tentativo di smantellare un’agenzia simile e speculare, Manticore, votata al controllo del mondo, è stata quasi annientata. Otto anni dopo, diverse cellule cercano di rimettere in piedi l’agenzia e continuare la lotta. A unire tutte le serie è un’arma: un oggetto di cui tutti parlano e che tutti vogliono. Proprio come nell’universo Marvel.

Citadel: Diana - Figure 1
Foto esquire.com

Siamo quindi a Milano nel 2030, quando inizia la prima puntata. Il Duomo è mezzo distrutto e lo stato sta per liberalizzare il commercio di armi. Le strade sono piene di agenti bardati e armati fino ai denti, come in uno stato di polizia. È cambiato tutto per opera degli Zani, potentissima famiglia produttrice di armi che influisce sul governo, fa lobby ma comanda anche segretamente Manticore Italia ed è uno dei membri fondanti di Manticore Europa. La storia è quella di Diana, una degli agenti di Manticore, che nella prima puntata sventa uno scambio tra due agenti di Manticore Francia e Manticore Germania. Si stanno passando componenti di un’arma avveniristica di cui non è chiaro il funzionamento, ma che va fermata. L’azione di Diana mette le varie divisioni di Manticore una contro l’altra e lei stessa in una situazione pericolosa. Nei flashback di otto anni prima, però, scopriamo che lei in origine era un’agente di Citadel. Quindi, se la stagione americana raccontava i buoni, questa racconta i cattivi. Essendo italiana, è una storia di problemi familiari, in cui si inserisce un elemento nuovo che turba i rapporti tra genitori e figli.

Amazon Prime

Come già la serie americana, anche questa procede saltando tra presente e passato, in modo che i flashback di otto anni prima spieghino e amplino gli eventi del presente. Tuttavia, questa volta l’impressione è che, se la storia fosse stata raccontata in maniera lineare, prima tutta la parte nel passato e poi quella nel presente, sarebbe stata più efficace e meno spezzettata inutilmente. È solo una delle molte osservazioni che vengono spontanee vedendo Citadel - Diana, perché, per una legge inevitabile, più ci si avvicina a qualcosa di riconoscibile (in questo caso la classica serie d’azione spettacolare americana) senza raggiungerla pienamente, più è facile notare le differenze rispetto alle somiglianze. Quindi più questa serie mostra di essere americanizzata senza essere però effettivamente a livello di una serie americana, più siamo portati a notare tutto ciò che non va e meno quello che invece è ottimo.

Citadel: Diana - Figure 2
Foto esquire.com

Già dalla seconda puntata è chiaro che Citadel - Diana ha due toni: è americana quando c’è l’azione, cioè quando Diana (Matilda De Angelis) fa l’agente, sta nel quartier generale, è in azione o parla con i suoi superiori, ed è molto italiana (nel senso migliore del termine) quando invece Diana parla con la sorella, non deve tenere quella maschera, dialoga con il suo mentore e via dicendo. Ed è molto migliore in quei casi. L’idea di raccontare una spia da film americano, ma pienamente in Italia, come sarebbe se fosse italiana, senza che risulti ridicolo, è molto riuscita. Le parti migliori di Citadel - Diana sono quelle che raccontano la storia di questa ragazza condizionata a non provare nulla, per poter fare bene il suo lavoro, che si trova a reprimere sentimenti ed emozioni in uno snodo complicato (un tipo di conflitto che anima molti film d'azione con protagoniste femminili).

Citadel - Diana, insomma, nel suo complesso, è molto meglio della Citadel americana. Ha una storia migliore e una caratterizzazione dei personaggi decisamente più originale e centrata. Matilda De Angelis è il fulcro di tutto e, dopo La legge di Lidia Poet, dimostra di essere bravissima nei toni d’azione più leggeri ma meno in quelli torvi e truci da cinema americano (in cui risulta monodimensionale). È invece eccezionale Maurizio Lombardi, che per il suo gran capo dei cattivi crea un mogul italiano in stile Agnelli/Elkann, con quel portamento, trovando il punto perfetto tra il manicheismo americano (i cattivi che sono cattivi cattivi) e un personaggio che riconosciamo come pienamente italiano. Lui quelle frasi da cinema americano che non suonano sempre bene in bocca a personaggi italiani le fa funzionare perfettamente, le traduce nella nostra cultura, e trova il tono credibile.

Citadel: Diana - Figure 3
Foto esquire.com

A essere meno riuscita è la mimesi americana, e soprattutto non è coerente. Ci sono momenti spettacolari perfetti e altri no (un fuoco digitale di bassa qualità nelle ultime puntate grida vendetta). Questioni tecniche ma anche di recitazione: se sui protagonisti è stato fatto un gran lavoro, non sembra che sia stato possibile farlo sugli altri attori. Scene come quella tipica dell'amico ferito che dice: "Non pensare a me, salvati!" sono recitate nel tono sbagliato e quindi risultano fuori equilibrio e fuori dalla credibilità interna. Sono frasi o momenti che non hanno nulla di realistico e tutto di spettacolare o epico, ma che risultano male se recitate con lo stile molto concreto e realistico italiano.

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Sia chiaro: al netto delle critiche che si possono fare sulla fatica dell’americanizzazione, Citadel - Diana è la serie più spettacolare mai fatta in Italia. In questo senso, è riuscita. Ma, giocando sul terreno hollywoodiano quanto a inseguimenti, arti marziali, colluttazioni, sparatorie e via dicendo, è inevitabilmente sotto gli standard del suo modello originale. Arnaldo Catinari (grande direttore della fotografia, qui regista) fa un ottimo lavoro quando non sono coinvolti gli attori (ad esempio negli inseguimenti o con gli stuntmen), ma è chiaro che non si può pretendere una colluttazione ben fatta con attori che, per quanto si siano allenati (e si vede che lo sono, perché il risultato è sorprendente per gli standard italiani) non sono al livello di quello che la serie vuole fare. E proprio per cercare di non far vedere le lentezze e le goffaggini, le scene d’azione sono spesso molto montate e non sempre in modo efficace. Tutto questo, nel complesso, fa stridere un po' il rapporto tra risultati e intenti, ma se si ha voglia di passarci sopra non è difficile notare che Citadel - Diana ha la caratteristica delle serie migliori: fa venire voglia di vedere la puntata successiva.

Citadel: Diana - Figure 4
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Nasce a Roma nel 1981, fatica a vivere fino a che non inizia a fare il critico nell'epoca d'oro dei blog. Inizia a lavorare pagato sul finire degli anni '00 e alterna critica a giornalismo da freelance per diverse testate. Dal 2009 al 2012 è stato selezionatore della sezione Extra della Festa del cinema di Roma, poi programmatore e per un anno anche co-direttore del Festival di Taormina. Dal 2015 è corrispondente dall'Italia per la testata britannica Screen International.  È docente del master di critica giornalistica dell'Accademia d'arte drammatica Silvio D'Amico, ha pubblicato con UTET un libro intervista a Gabriele Muccino intitolato La vita addosso e con Bietti un pamphlet dal titolo "Odio il cinema italiano". Vanta innumerevoli minacce da alcuni dei più titolati registi italiani.      Linkedin:https://it.linkedin.com/in/gniola/it   Letterboxd: https://letterboxd.com/gniola/ 

Citadel: Diana - Figure 5
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Citadel: Diana - Figure 6
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