Pistolesi lancia Musetti e Cobolli: «Uno maturo, l'altro il futuro»

2 Ago 2024
Cobolli

Il suo tennis, riferimento esplicito al titolo efficacissimo del primo libro edito da qualche mese, resta anello di congiunzione tra epoche diverse. Claudio Pistolesi, ex numero uno d’Italia e coach giramondo, non smette di viaggiare. Ama vivere senza soste lo sport che lo ha reso celebre, da apripista di nuove tendenze nell’insegnamento e nella formazione di giovani campioni.

È in questi giorni osservatore privilegiato dell’Atp 500 di Washington, avendo in piedi da tempo un rapporto di collaborazione con lo staff del talentuoso finlandese Emil Ruusuvuori, guidato da Federico Ricci. E nella capitale statunitense c’è un altro romano doc che sta facendo vedere cose davvero eccezionali: Flavio Cobolli, 22 anni e numero 48 al mondo, fa e disfa, lotta e ricuce: così di partite continua a vincerne tante, orgoglio italico e capitolino.

«L’ho conosciuto quando era molto piccolo perché sono amico del padre che è stato un buon giocatore. Mi ci fece giocare al challenger di Cordenons, aveva cinque anni ma anche stessi occhi e stessa grinta. Sto ragazzo ha doti di esplosività clamorose, che possono portarlo molto, molto in alto. Cobolli può diventare il prossimo italiano a competere per spingersi tranquillamente fino alla seconda settimana delle prove dello Slam e andare avanti nei Master 1000. Lo sta già facendo, ha battuto giocatori fortissimi e soprattutto dimostrato di poter essere competitivo su tutte le superfici, erba compresa. In questi giorni ho avuto modo di seguirlo con particolare attenzione dal momento che Flavio si è allenato con Ruusuvuori ed è stato davvero un bel vedere. Il papà ha fatto un bellissimo post social scrivendo che se queste sono le regole vanno rispettate, in merito al fatto che Flavio sia l’unico top 50 al mondo ad esser fuori dalle Olimpiadi. Anche questo è un modo molto intelligente di gestire il ragazzo e i suoi rapporti. D’altronde credo tutti sappiano che tra i giovani del nostro panorama, molti competitivi per i vertici, Flavio è quello più dotato».

Le Olimpiadi intanto sono state motivo di polemica sterile per il forfait di Sinner, soprattutto occasione ulteriore per esaltare numeri e potenzialità di Musetti.

«Dopo gli Autralian Open Sinner è stato ricevuto dal Presidente della Repubblica e dal Primo Ministro: ha unito l’Italia con le sue vittorie in singolare e in Davis. E’ il numero uno al mondo e chi lo dimentica è scorretto sapendo di esserlo. Io ho fiducia in Sinner e sarei nettissimo nell’affrontare il discorso: o ci fidiamo sempre di Jannik o non ci fidiamo mai. Troppo comodo esaltarlo quando si vince, e lui è uno che vince quasi sempre. Bisogna esser corretti sempre. Pertanto se ha ritenuto di saltare le Olimpiadi per una tonsillite avrà fatto bene. Vado oltre: se anche non fosse stata la tonsillite la causa ma un bisogno fisiologico di ritemprarsi fisicamente e mentalmente, beh il ragazzo ha tutto il diritto di organizzare le proprie tabelle e la propria attività agonistica come meglio ritiene. Lorenzo Musetti è straordinario e tennisticamente bellissimo, con quel rovescio ad una mano che è uno spot per i romantici del nostro sport. Prima gli si contestava la mancanza di continuità nelle performance. Oggi è maturato tantissimo, conseguenza anche del fatto che è diventato papà, e ha piena consapevolezza dei propri numeri. Sono certo che Musetti sarà il prossimo italiano ad entrare nei primi dieci al mondo».

Le Olimpiadi ci hanno anche detto di Jasmine Paolini e di Andrea Vavassori, due storie egualmente importanti.

«Nulla può far cambiare idea o una sola virgola sul fenomeno Paolini. Resta speciale questa ragazza per quanto è riuscita finora a fare. Piuttosto si ragioni sul livello di tennis molto alto che a Parigi ha consentito alla Schmiedlova di aver la meglio sia su Jasmine che sulla Krejcikova, vincitrice a Wimbledon. Sai, ci sono anche gli avversari. Oltre al cammino eccezionale che Paolini ed Errani stanno facendo in doppio. A tal proposito mi piace mettere in cornice quanto ha affermato Vavassori, ovvero che in Italia non c’è la cultura della sconfitta. Che se uno perde viene denigrato e in un attimo ci si dimentica di quanto di buono in precedenza è stato fatto. D’altronde la frase storica di Pierre De Coubertin è tramandata a metà: diceva per intero che l’importante non è vincere ma partecipare, a patto che ci si metta tutto nella competizione. E sicuramente Vavassori in singolo, doppio, doppio misto mette in campo sempre tutto ciò che ha. Chi critica per il semplice gusto di farlo l’atleta sconfitto ha di fatto poco, pochissimo a che fare con lo sport».  

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