Djokovic guida la Serbia: "Con Sinner un altro show". Ecco i nostri ...
Il n.1 serbo punta al secondo trionfo nel torneo. Il punto debole della sua squadra? Nessuno specialista nel doppio
Riccardo Crivelli
24 novembre - 09:52 - MILANO
Un uomo in missione e un popolo in adorazione che attende l’apertura delle acque dal suo profeta. Mezzogiorno di fuoco. Domani in semifinale l’Italia non affronterà soltanto Djokovic, il più forte giocatore del mondo e forse di tutti i tempi, ma una nazione intera di cui Novak è l’eroe indiscusso, un condottiero senza macchia e senza paura. E in 12 giorni, da Torino a Malaga, il grande spettacolo del tennis offrirà la terza scintillante sfida tra lui e Sinner, indubbiamente i due protagonisti più attesi delle Finali spagnole e i fenomeni che stanno decisamente segnando il tramonto di questa stagione.
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Il Djoker, che aveva messo l’Insalatiera tra i grandi obiettivi dell’anno, dopo l’unico trionfo del 2010 che per sua stessa ammissione gli cambiò la carriera, per non instillare dubbi su come affronterà il proposito, in pratica è rimasto alla finale di Torino. Nel senso che, come domenica scorsa, praticamente non ha fatto toccare palla a Norrie, l’avversario di giornata, nei suoi turni di battuta e, con l’aggressione costante nei game di risposta, ha dominato l’inglese dall’inizio alla fine, praticamente azzerando ancora una volta gli errori gratuiti. Una macchina senza alcuna imperfezione: "Non affrontavo un giocatore mancino da un po’ di tempo, sono stato bravo ad adattarmi. Sto servendo molto bene, non importa se ho riposato solo un giorno e mezzo dopo le Finals, è l’ultima settimana della stagione. Sono qui con i miei figli, vorrei festeggiare con loro". Novak non perde un match di Davis da 12 anni, settembre 2011, sconfitto da Del Potro nella semifinale persa contro l’Argentina. Da allora, sono 21 successi consecutivi: "Sarà bello ritrovare Sinner, l’ho visto giocare qui ed è sempre in grandissima forma, sicuramente ne uscirà un’altra partita spettacolare. E poi l’Italia ha una grande tradizione nel tennis e sta vivendo una grande passione, non vedo l’ora di tornare in campo".
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Certamente, il confronto tra Jannik e il Djoker polarizzerà l’intera sfida tra gli azzurri e i serbi, ma la bilancia penderà a favore della squadra che saprà trovare il secondo violino da affiancare ai formidabili direttori d’orchestra oppure, se sarà decisivo il doppio, l’alchimia perfetta tra la coppia da schierare. Ieri, ad esempio, capitan Troicki, che da giocatore diede il punto decisivo nella storica vittoria del 2010, ha scelto a sorpresa Kecmanovic come primo singolarista, cioè il giocatore con la classifica peggiore dei tre dietro Djokovic, nonché reduce da tre eliminazioni al primo turno negli ultimi tre tornei, ricavandone invece una prestazione superba. Magia della Davis e indubbiamente della presenza di Nole, che ammanta di un’aura di sacralità tutti i compagni. I nostri avversari, tuttavia, hanno compiuto una scelta precisa: non c’è nessuno specialista del doppio e in caso si affideranno alla volontà messianica di Djokovic insieme a un altro da scegliere all’ultimo. Nel 1976, sulla strada verso il nostro unico successo in Davis, l’Italia nei preliminari battè la Jugoslavia, antenata di questa Serbia. Chissà se la memoria basterà a depotenziare Nole e i suoi fratelli.