Il destino di Kamala Harris e Donald Trump si gioca in 7 Stati-chiave ...

3 giorni ago

Nell’America sempre più spaccata, nell’America dove lo scontro politico, sociale, culturale diventa ogni giorno più polarizzato, l’esito delle elezioni è una scommessa difficile da vincere. Questo vale per le presidenziali 2024, come già per quelle 2016 e 2020. Otto anni fa, in Pennsylvania, Donald Trump sconfisse Hillary Clinton per circa 43mila voti, lo 0,74%. Nel 2020, sempre in Pennsylvania, Joe Biden superò il tycoon dell’1,25%. La Georgia ha dato la vittoria all’attuale presidente, nel 2020, per poco più di 11mila voti. In Wisconsin nel 2016 il margine con cui Trump vinse su Clinton fu di poco più di 22mila voti. A meno di clamorose sorprese, sarà così anche quest’anno. La media dei sondaggi compilata da Real Clear Politics dà Trump in vantaggio su Kamala Harris nei sette swing States, con margini ristrettissimi: dallo 0,4% al 2,5% per cento. Si tratta di percentuali troppo esili per poter davvero dichiarare chiusa la partita. Com’è noto, il sistema elettorale Usa è largamente maggioritario: ciò significa che il candidato, in caso di vittoria in uno Stato, conquista tutti i voti elettorali associati a esso. Per vincere le elezioni bisogna conquistare 270 elettori. Sono appunto sette – Pennsylvania, Michigan, Wisconsin, Nevada, Arizona, North Carolina e Georgia – gli Stati contesi, quelli in cui un candidato non prevale in modo deciso sull’altro. Il risultato in questi sette Stati deciderà il prossimo presidente degli Stati Uniti. A due giorni dal voto, ecco la situazione in ognuno di essi.

Donald Trump - Figure 1
Foto Il Fatto Quotidiano

PENNSYLVANIA – È sicuramente lo Stato in bilico più importante, il più visitato dai candidati nelle ultime settimane. Qui le due campagne, democratica e repubblicana, hanno investito cospicui finanziamenti. Tra gli swing States, è anche quello che assegna più voti elettorali: 19. A Harris e Trump basterebbe vincere solo altri due Stati contesi per conquistare la Casa Bianca. Nel 2016 Trump fu il primo candidato repubblicano alla presidenza dal 1988 a vincere la Pennsylvania. Il margine di vittoria fu molto ristretto, ma il repubblicano praticamente raddoppiò – rispetto al 2012 – il voto del Gop nelle campagne e nelle città medio-piccole. Nel 2020, Biden riuscì a ribaltare la situazione e imporsi grazie, in particolare, a un consolidamento dei consensi tra gli afroamericani a Philadelphia e Pittsburgh.

Quest’anno, per vincere, Harris deve assicurarsi gli stessi voti di Biden nelle aree urbane. L’obiettivo di Trump è invece quello di allargare il più possibile il suo consenso nelle zone rurali e nella provincia urbana, soprattutto nel corridoio tra Pittsburgh e Harrisburg. Da tenere sotto osservazione la comunità ebraica. In Pennsylvania ci sono 434mila ebrei. Si tratta di un bacino di voto tradizionalmente democratico. Gli attacchi di Trump contro l’appoggio, a suo giudizio troppo tiepido, dato dall’amministrazione Biden a Israele potrebbero aver eroso parte di quel consenso. I sondaggi, al momento, mostrano una sostanziale parità tra Harris e Trump, anche se la tendenza generale pare favorire il candidato repubblicano.

MICHIGAN – Nel 2016 Trump conquistò lo Stato – tradizionale baluardo di voto operaio – con un margine minimo: lo 0,2%. Fu comunque una sorpresa. Per almeno 30 anni questo Stato nella regione dei Grandi Laghi aveva scelto i democratici. Qui nel 2012 Barack Obama aveva battuto Mitt Romney di 9 punti. Trump realizzò in Michigan quello che molti ritenevano impossibile. Quadruplicò il voto nelle zone rurali, ottenne risultati importanti nell’area attorno a Flint e persino nei sobborghi di Detroit. Alla fine, il tycoon incrementò il voto repubblicano in 68 delle 73 contee dello Stato rispetto a Romney. Nel 2020 Joe Biden riportò la vittoria in campo democratico con un margine solido: quasi il 3%. Le ragioni della vittoria stanno soprattutto nella capacità di recupero di consensi nelle città. Rispetto a Clinton, Biden riprese 73mila voti a Detroit e Grand Rapids.

Il Michigan resta oggi un saldo baluardo democratico. Sono democratici l’esplosiva, popolarissima governatrice dello Stato, Gretchen Whitmer, sono democratici i due senatori dello Stato, Debbie Stabenow e Gary Peters, sono controllati dai democratici Senato e Camera statali. Tra gli Stati del Blue Wall – definizione che condivide con Pennsylvania e Wisconsin per la storia di voto democratico – il Michigan è quello che appare più alla portata di una vittoria di Kamala Harris. Del resto, Trump continua a insultare Detroit, dipinta come la peggior città d’America. Un recente comizio di Obama insieme a Eminem ha probabilmente consolidato il voto per i democratici. Per conquistare i 15 voti elettorali del Michigan, Harris deve comunque allargare il suo consenso nell’area di Grand Rapids, e nella Oakland County, sobborgo di Detroit, oltre a non perdere troppo dello straordinario appoggio che Obama conquistò a Detroit nel 2008. Trump spera invece nell’insoddisfazione sociale ed economica di buona parte della working-class dello Stato, sede dell’industria automobilistica americana. Recentemente è emerso un dato positivo e sorprendente a suo favore: un sondaggio Arab News/YouGov rivela che il 45% degli arabo-americani – presenti soprattutto nella Wayne County – è orientato a votare per Trump. Il 43% sceglie Harris. L’appoggio incondizionato che il tycoon ha dato alla sanguinosa operazione del governo di Benjamin Netanyahu a Gaza non pare aver avuto grande influenza sul voto arabo-americano.

WISCONSIN – Conosciuto come l’America’s Daityland, la latteria d’America, con una forte tradizione agricola ma con un consistente sviluppo nei settori della manifattura e dell’information technology, il Wisconsin con i suoi 10 collegi elettorali è la vittoria “più magra” negli Stati del Blue Wall. Appare, al momento, anche quello dove Harris sembra soffrire di più. Poco dopo la sua discesa in campo e la convention democratica di Chicago, la candidata sembrava avviata verso una vittoria relativamente tranquilla nello Stato che ha una consistente maggioranza di voto bianco. Nelle ultime settimane Trump sembra aver invertito il trend negativo e oggi i due candidati appaiono in sostanziale parità. Del resto, lo scontro politico in Wisconsin appare da sempre particolarmente incerto. Biden vinse con lo 0,6% nel 2020, Trump con lo 0,8% nel 2016. Fondamentale fu allora il sostegno massiccio che gli arrivò dalle aree rurali, dove si concentra una parte consistente della popolazione. Nel 2020, Biden riuscì a limitare le perdite nelle aree rurali e recuperò consensi in quella urbana di Milwaukee. Le dinamiche del 2024 appaiono simili alle due precedenti elezioni. Trump deve mantenere un sostegno consistente nelle campagne, soprattutto nella Dodge e nella Winnebago County, senza perdere troppo voto nelle città, Milwaukee e Green Bay. Per Harris si tratta di mantenere un alto livello di consenso nei sobborghi urbani, sperando magari di avvicinarsi ai risultati di Obama che nel 2008 conquistò le aree rurali. La strada appare, per lei, tutta in salita.

NEVADA – Sembrava ormai esser diventato un affidabile Blue State, uno Stato democratico. I democratici hanno infatti vinto i 6 voti elettorali del Nevada alle ultime quattro elezioni presidenziali. Rispetto ai suoi predecessori, Trump ha comunque migliorato il risultato dei repubblicani, mantenendo il gap dai democratici di Clinton e di Biden entro i 50mila voti nel 2016 e nel 2020. Defezioni nel voto della working-class, ma soprattutto degli ispanici, hanno però riportato il Nevada nella categoria degli swing States. Da un punto di vista demografico, il Nevada condivide con l’Arizona, altro stato del sud-ovest, un elemento: gran parte della sua popolazione è concentrata in aree geografiche limitate. Tre quarti dei residenti del Nevada vivono nella zona di Las Vegas e della sua Clark County. Altra sezione particolarmente popolata è quella della Washoe County, dove si trova Reno. In mancanza di vere aree rurali, lo scontro si concentra dunque attorno a Las Vegas e Reno. Harris non deve perdere troppo consenso nella Clark County e guadagnarne nella Washoe County. Trump deve guadagnare voti in entrambe. Proprio ai lavoratori di Las Vegas è parsa rivolgersi una sua proposta di questi mesi. Eliminare le tasse sulle mance.

ARIZONA – L’altro swing State del sud-ovest degli Stati Uniti – 11 voti elettorali – ha un’antica tradizione di voto repubblicano. Il predominio “rosso” è stato interrotto da Biden, che nel 2020 ha conquistato lo Stato per un soffio: 10mila voti. La vittoria, allora, fu alimentata dalla straordinaria affluenza al voto, soprattutto dei giovani, nella Maricopa County, quella di Phoenix, dove vivono sei residenti su dieci. I democratici sono andati piuttosto bene anche alle elezioni di midterm del 2022. Oggi controllano la carica di governatore, con Katie Hobbs, hanno un senatore influente, Mark Kelly, mentre Camera e Senato dello Stato sono controllati, ma di misura, dai repubblicani. La “strada verso la vittoria” per Harris in Arizona passa ancora una volta per un’alta affluenza al voto nella Maricopa County e nella Pima County, la contea di Tucson. Trump, come negli altri Stati contesi, spera di allargare il suo consenso nelle aree rurali. Con la Georgia, l’Arizona appare comunque lo Stato che più va in direzione di una vittoria repubblicana.

NORTH CAROLINA – È singolare considerarlo uno swing State, considerato che i democratici non conquistano i 16 voti elettorali della North Carolina dal 2008. Detto questo, la vittoria repubblicana nello Stato, alle ultime tre tornate elettorali, non è stata particolarmente solida e anche quest’anno i sondaggi anticipano una sfida che si giocherà su poche migliaia di voti. La ripresa democratica di questi anni si basa soprattutto sul consolidamento della propria forza elettorale nelle aree urbane di Charlotte e Raleigh. Nelle contee in cui si trovano le due città, rispettivamente la Mecklenburg County e la Wake County, i democratici sono riusciti nel 2020 a prevalere di 210mila voti. Rispetto a Clinton, Biden è stato anche in grado di recuperare consensi nelle campagne, bastione tradizionale di voto repubblicano. Per avere probabilità di vittoria, Harris deve sostanzialmente continuare nello sforzo per allargare il sostegno nelle città, dove la popolazione continua a crescere. Trump non può contare solo sulle zone rurali, suo tradizionale bacino di voto, ma deve evitare un’emorragia di consensi in quelle urbane.

GEORGIA – È lo Stato che rivela nel modo più chiaro le trasformazioni che aree importanti del Sud degli Stati Uniti hanno subito in questi anni. Molte grandi multinazionali e aziende, soprattutto dell’hi-tech, hanno trasferito in Georgia il loro quartier generale. Le nuove opportunità professionali hanno attratto fasce di borghesia bianca, e tendenzialmente liberal, in arrivo da East e West Coast. Parallelamente, c’è stata l’emersione, soprattutto ad Atlanta e sobborghi, di gruppi consistenti di borghesia nera. Ciò ha favorito un’importante evoluzione nella mappa politica dello Stato. Trump vinse le presidenziali in Georgia nel 2016 con un margine di oltre 200mila voti. Grazie soprattutto al sostegno nei sobborghi urbani, e grazie a una straordinaria opera di registrazione al voto tra i neri guidata dalla democratica Stacey Abrams, Joe Biden è riuscito a strappare una vittoria sorprendente nel 2020. È stato calcolato che tra il 2012 e il 2020 i democratici hanno guadagnato 300mila voti nei sobborghi urbani. Se vuole vincere i 16 voti elettorali della Georgia, Harris deve mantenere il livello di consenso e di partecipazione al voto di Biden – cosa che appare piuttosto difficile. Diversi sondaggi mostrano una particolare erosione del voto democratico nella comunità afroamericana, in particolare tra i maschi neri. Proprio al voto nero, con la promessa di un miglioramento delle loro condizioni economiche, si è rivolto in queste ultime settimane Trump. La Georgia, al momento, appare lo Stato dove il repubblicano ha il margine di vantaggio più ampio sulla democratica.

Articolo Precedente Ex ufficiali, renitenti alla leva, prof: la buona battaglia di palestinesi e israeliani per la pace in Medio Oriente (anche dopo il 7 ottobre): “La lotta non può essere tra i nostri popoli, ma tra estremisti e moderati”

Leggi di più
Notizie simili