Drupi, quando Paul McCartney mi disse che ero il "quinto Beatle ...

15 Mar 2024
Drupi

Al secolo Giampiero Agnelli, proveniente da Pavia. Il nome, almeno quello pubblico, nel corso degli anni è cambiato, ma Drupi a Pavia ci abita ancora, e i suoi veri amici, dice, sono i pescatori della città lombarda, oppure quelli che stanno al bar. Anche perché, se sei fortunato, «di amici veri ne trovi tre nella vita».

Di questo presente di provincia, e del passato, in cui dalla pianura lombarda è arrivato a suonare in giro per l’Europa e a essere ospitato alla BBC a fianco di Paul McCartney, Drupi ha parlato al Corriere in un’intervista per rispondere alla domanda: “Ma che fine ha fatto?”

E lui, che arrivò ultimo per accidente al Festival di Sanremo del 1973 – il brano era Vado via, scritto per Mia Martini, ma nonostante il cattivo piazzamento vendette milioni di copie tra Italia ed estero e lanciò la carriera internazionale di Agnelli – è da lì che riparte per rispondere: «Sì, capita, se non vai a Sanremo nessuno si ricorda di te, però ho uno zoccolo duro di ammiratori, al teatro Lirico Gaber di Milano ho fatto sold out». E infatti i successi, complice la celebrità nel continente, non mancarono: Sereno è (1974), Piccola e fragile (1975), Sambariò (1976), oppure Soli, che si guadagnò un terzo posto al Festival nel 1982.

«In inglese [mi chiamano] “Drupai”, in francese “Drupì”, altrove va a fantasia. Questo cavolo di nome mi stava proprio sulle balle — era un folletto della recita scolastica — fu il mio discografico a insistere e ha avuto ragione, ormai ci ho fatto pace».

Ora, mentre il passato degli aneddoti con Julio Iglesias («girava nudo con indosso solo l’accappatoio e ogni volta che incrociava qualche vecchia americana lo apriva di scatto gridando “Ole!”. Io ero con lui e mi vergognavo come un cane») e Paul McCartney rimangono («[Lo incontrai] A Londra, a cena, mi ignorò. Vent’anni dopo l’ho rivisto a Los Angeles, mi scrisse una dedica: “Al quinto Beatle”. Mi sa che lo faceva con tutti»), l’attenzione di Drupi sembra essere tutta sul presente: in tv non ci va molto («una mia scelta, ho detto di no tante volte, alla fine non ti chiamano più. Vado se c’è da suonare e da parlare di musica. All’Isola dei Famosi prenderei tanti pesci ma perderei la mia dignità per sempre, tutto il giorno in mutandoni a raccontarsi stronzate, giusto se mi pagassero 3 milioni») e la passione rimane la pesca, però d’acqua dolce, ché da Pavia il mare dista troppo. Fluisce così, come la criniera inconfondibile che, dichiara, non taglia da quando aveva dieci anni: «Non li curo troppo, crescono come la gramigna».

E sulla musica italiana di oggi? Tra chi ha la forza di conquistare le classifiche mainstream, il suo preferito è Francesco Gabbani. Altri nomi sono «Prodotti ben fatti, però musicalmente non mi dicono nulla. Mahmood è bravo, ma della sua canzone a Sanremo non si capiva un’acca. Ho pensato: “Che audio del menga”. L’ho scaricata e sono rimasto come prima. Le canzoni di Annalisa sono quattro accordi in croce che non mi emozionano. Massimo rispetto, eh. Le ballate di Vasco Rossi invece ti toccano il cuore. I testi di Gino Paoli: semplici, chiari».

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