Eleonora Riso, vita da campionessa di Masterchef: «Un ristorante ...

Eleonora Riso

diAnna Gandolfi

La vincitrice dell’ultimo cooking show: «Comprare un locale a Milano oggi è economicamente impossibile. Non amo uscire a cena, detesto leggere i menu con il Qr code. Niccolò? Non credo sia interessato»

«L’altro giorno, a Siena, un signore mi ha detto: ti lascio il mio locale».

Ma davvero?
«Sì. Ho ricevuto altre proposte nei mesi, tutte da persone molto più grandi di me che lavorano nella ristorazione e hanno attività piccoline».

E i grandi chef?
«Come ho detto quest’estate, come confermo ora, dopo la fine della trasmissione non mi hanno mai chiamato. Non è un problema e non ho certo pretese: lo so che la mia formazione non è a livello di quella dei professionisti, che ho vinto un programma di cucina amatoriale. Ovvio che fare una buona esperienza mi piacerebbe tantissimo, che sarebbe utile. Comunque ho iniziato a muovermi in un’altra direzione: cerco qualcosa di mio».

Aveva parlato di un ristorante nel bosco, o di un baracchino a Milano. È questa la direzione?
«Ipotizzo di stare a Firenze, mi guardo in giro».

A proposito di metter su brigata. Eleonora Riso — vulcanica vincitrice di Masterchef 13, livornese, cameriera prima di entrare nelle cucine televisive — il 3 ottobre a Osio Sotto racconterà appunto «La brigata a modo mio» al Sapiens Festival che, tra Bergamo e Brescia, sta portando le voci più diverse — economisti, filosofi, giornalisti — a riflettere «sull’homo faber» e sulla «relazione nuova, da ricostruire, fra uomo e occupazione».

Dunque vuole comprare un locale?
«Naaaa, comprare è economicamente impossibile! Sia a Firenze che Milano. Però mi sto informando sucome funzionano i Circoli Arci (in questo articolo l'appello del presidente Arci di Milano: «Vuole aprire un circolo? A Chiaravalle manca un cuoco»). Quella sarebbe la cosa che mi piace, a Milano - ho vissuto lì durante la trasmissione - frequentavo il Ciq, il Centro internazionale di quartiere in via Fabio Massimo: un gruppo di ragazzi nordafricani aveva messo insieme una realtà fantastica, cucina e posto in cui stare insieme, spazi ampi. Una cannonata. È il mio modello».

Ha già una squadra?
«Ho amici fidati, con cui ho lavorato a lungo, che condividono i miei valori: vorrei lanciarmi con loro».

Ne fa parte anche il suo compagno di Masterchef Niccolò Califano?
«Lavorare con me? (Sonora risata). No, non credo che sarebbe interessato».

Torniamo al suo progetto.
«Dopo esser stata per tanti anni cameriera coltivo l’idea di fare qualcosa da sola. Insomma: non vorrei affrontare di nuovo la lunga gavetta. Ho un’idea precisa di come desidero il "posto mio” ed è diverso dal 90 per cento dei locali che vedo quando esco. Infatti, francamente, non amo uscire a cena».

Come mai?
«Provo pure io cose nuove e posti nuovi. Eppure oggi, a Firenze come a Milano, quasi tutto (ripeto quasi!) un po’ degenerato. Non c’è più il “servire il cliente” al primo posto, nel senso di farlo stare bene, spesso manca l’attenzione alla materia prima. Se apri un posto in una via del centro di Firenze perché sai che lì passeranno tremila persone al giorno, poi però proponi pasta scotta “che tanto gli americani non se ne accorgono”, allora non fai ristorazione. Business, business, business. E se il capo la vede così, non trasmette passione a chi lavora con lui. E magari il capo medesimo tenta anche di pagare i dipendenti il meno possibile...».

Una cosa pratica che non le piace quando va in un locale.
«Il menu col Qr code. Gelido, asettico. Se lo vedo divento matta. E ho 30 anni, non 90».

Masterchef è finito da sette mesi, su di lei c’è molta attenzione anche da parte dei social.
«Mi sta per chiedere come vivo le critiche?».

Come vive gli hater?
«Dipende dalla giornata: sono molto umorale. Quando ho detto al Corriere che i grandi chef non mi avevano chiamata tanti hanno scritto che ero presuntuosa, “dove vuoi andare che non sai far niente?”. È frustrante l’essere fraintesa, non riuscire a spiegare che stavo portando solo un dato di fatto».

È anche il prezzo per essere un personaggio pubblico.
«Lo so benissimo e non mi lagno, sia chiaro. Però la pressione sui social viene esasperata: allora quando fai questo? Perché non fai quello? Quando parte la tempesta hater in un primo momento mi arrabbio, poi mi dico: lasciali perdere. Non è facile e non ho ancora imparato».

Le hanno fatto male i commenti?
«Sto riflettendo sull’effetto a lungo termine di queste critiche gratuite, non costruttive, a raffica. Mi sono ritrovata un po’ apatica. Lo ammetto: è come se mi segnassero».

Ha pensato di lasciare i social?
«Haivoja. Un sacco di volte. Le dirò di più: certe cose mi hanno anche tolto la voglia di cucinare. Volevo proprio mollare. Ad agosto ho postato pochissimo e infatti ho perso seguito».

Quanti follower ha perso?
«Circa duemila (su oltre 370 mila su Instagram): per me non sono pochi, so benissimo che avere un canale è importante per lavoro. Così come so che non smetterò mai davvero di cucinare. Certo prendere le misure non è facile e mi sto allenando. Il prezzo da pagare per rallentare è perdere un po’ di seguito? Per me va bene».

26 settembre 2024 ( modifica il 27 settembre 2024 | 07:47)

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