Emanuela Orlandi, spuntano le lettere che chiamano in causa lo zio ...

11 Lug 2023
Emanuela Orlandi

A 40 anni di distanza spuntano nuove ipotesi sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. Dopo il rapimento collegato al terrorismo internazionale, ai soldi della mafia, quello sessuale all’interno della Santa Sede si fa strada una nuova pista: quella che porta allo zio di Emanuela. Si tratta di Mario Meneguzzi (oggi defunto) l’uomo che per la famiglia Orlandi inizialmente mantenne i rapporti, telefonicamente, con le persone che sostenevano di aver sequestrato la ragazza.

La nuova ipotesi

La procura Vaticana ha consegnato delle carte alla procura di Roma in cui si apre questo nuovo scenario. Il carteggio risale al settembre 1983, quando della 15enne figlia di un messo pontificio e cittadina vaticana non si hanno notizie da tre mesi.

L’allora segretario di Stato Agostino Casaroli scrive un messaggio per posta diplomatica a un sacerdote inviato in Colombia da Wojtyla. Il destinatario della missiva viene interpellato su una circostanza specifica della quale è a conoscenza perché il sacerdote è stato confessore degli Orlandi.

Casaroli chiede conferma del fatto che Natalina, sorella maggiore di Emanuela, gli ha rivelato di essere stata molestata dallo zio Mario. L’uomo è il marito di Lucia Orlandi, sorella di Ercole padre di Emanuela.

Ad ogni modo Casaroli riceva la conferma di questo episodio, sul quale era stato sollecitato da ambienti investigativi romani: “Sì, è vero — è la replica che arriva da Bogotà — , Natalina è stata oggetto di attenzioni morbose da parte dello zio, me lo confidò terrorizzata: le era stato intimato di tacere oppure avrebbe perso il lavoro alla Camera dei Deputati dove Meneguzzi, che gestiva il bar, la aveva fatta assumere qualche tempo prima”.

L’identikit

Chi indaga sarebbe rimasto molto colpito anche dal raffronto tra il volto di Mario Meneguzzi e l'identikit tracciato dal vigile e dal poliziotto che riferirono di aver visto, la sera della scomparsa, un uomo che parlava con Emanuela appena uscita dalla scuola di musica vicino al Senato. 

Anche questo dato è rintracciabile nel fascicolo d’inchiesta originario che viene ora riesaminato a fondo: il pm Margherita Gerunda, poi sostituita, ipotizzava l’inganno da parte di una persona conosciuta, sulla cui auto la 16enne sarebbe salita perché si fidava. 

Le indagini sfumate

L’altro dato sul quale si concentra ora la procura capitolina guidata da Francesco LoVoi, è il motivo per il quale questo episodio, noto agli investigatori dell’epoca per essere stato confermato dalla stessa Natalina Orlandi in un verbale di testimonianza, non venne allora valorizzato dalle indagini. Di Mario Meneguzzi, oltre al lavoro alla Camera era nota la vicinanza con ambienti del Sisde, tanto che su suo consiglio il cognato Ercole Orlandi si affidò all’avvocato Gennaro Egidio con la garanzia che alla parcella del legale ci avrebbe pensato il Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica. Fu proprio Menguzzi a rispondere ad alcune delle telefonate anonime che davano informazioni più o meno credibili e verificabili su Emanuela per poi “sottrarsi” a un pedinamento della Squadra Mobile sulla strada verso Santa Marinella del quale venne, non si sa come, a conoscenza.

Il fratello Pietro: “Queste carte non sono una novità”

Pietro Orlandi, fratello di Emanuela è furioso: “Sono arrabbiato, furioso. Hanno passato il limite come non mai e con l'avvocato Sgrò sto organizzando una conferenza stampa. Non possono scaricare le responsabilità di tutto su una famiglia”, dice. 

La conferenza stampa, prevista per oggi pomeriggio alle 16.00 presso la sede della Stampa Estera, servirà a ”spiegare il nostro pensiero su tutto questo" aggiunge Pietro Orlandi. "Non pensano ai parenti, ai figli? No, questa carognata non può passare così. Nessuno ha chiamato né me, né mia sorella, né i figli di mio zio. Non siamo stati chiamati dalla Procura di Roma - ribadisce - da nessuno. Mi auguro che questa commissione parlamentare parta e svergogni chi oggi miserabilmente ci ha infangato", conclude Pietro che annuncia l'intenzione di chiedere di "incontrare privatamente papa Francesco".

“Di questa vicenda — spiega anche Laura Sgrò, avvocato di Pietro Orlandi — si era già occupata la magistratura italiana nei primi anni Ottanta senza arrivare ad alcun esito. Spero che queste non siano le uniche carte, che non sono affatto una novità, che la procura Vaticana ha inviato alla procura di Roma”.

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