Lamborghini – The Man Behind the Legend ci mostra come non si fa ...

19 Gen 2023
Ferruccio Lamborghini

Il sogno americano, secondo l’imprenditore italiano Ferruccio Lamborghini. Il biopic Lamborghini – The Man Behind the Legend a lui dedicato, dal 20 gennaio su Prime Video, è la cronaca (troppo breve, una volta tanto possiamo dirlo – sono poco più di novanta minuti) della vita del fondatore della prestigiosa casa automobilistica. Secondo questa, quello che Lamborghini inseguiva era il sogno americano, ma non è così: il suo era il sogno italiano di creare l'automobile sportiva ideale, veloce ed elegante, l’arte applicata ai meccanismi. Il periodo in cui Ferruccio cominciava a coltivare quei sogni era la l’Italia della fine della Seconda guerra mondiale, un’Italia sconfitta e bisognosa di riscattarsi, non gli Stati Uniti di tronfi vincitori. Con questo non insinuamo che il film di Bobby Moresco non abbia colto il segno: affermiamo che la disfatta è completa.

Lamborghini – The Man Behind the Legend è suddiviso in tre capitoli: il primo ritrae il giovane Ferruccio (Romano Reggiani), di ritorno dal fronte dove ha lavorato come meccanico, rivelare al padre Antonio (Fortunato Cerlino) di non voler ereditare la fattoria di famiglia, bensì di ardire al cimentare nella costruzione di trattori efficienti ed economici. Con le prime vittorie arrivano anche grandi dolori, sopra tutti la morte dell’adorata moglie. Gli anni del successo sono quelli in cui la sua rivalità con Enzo Ferrari raggiunge il picco e nel quale la sua luminosa esistenza culmina con la messa a punto dell'automobile dei sogni: la Lamborghini 350Gt. Anche questa volta, il trionfo è adombrato da conflitti nell’ambito della vita privata. L’ultimo capitolo registra la crisi del petrolio e gli scioperi che conducono alla cessione della sua quota dell’azienda. Una corsa in macchina tra due agguerriti Enzo e Ferruccio scandisce la narrazione: si inseguono a tutto gas per le strade cittadine e poi fuori, ma sul loro volto non si legge eccitazione o gioia.

Non bastano tre scorci striminziti per ritrarre un vita così leggendaria. Come anticipato, l’ambizione alla sintesi – un obiettivo che si traduce con la mancanza di coesione narrativa e l’incapacità di creare un legame emotivo con il protagonista – non è il problema maggiore. Lamborghini – The Man Behind the Legend è un film che può funzionare sul mercato americano in qualità di approssimativa riscrittura del mito di Lamborghini come self-made man scimmiottante i vari Ford e affini oltreoceano. Anche la confezione riflette l’impressione di osservare panorami italiani distorti dal filtro di uno sguardo troppo americano, una successione di riproduzioni di quadretti e cartoline anni Sessanta. Addirittura quello che mangiano i Lamborghini - nell’ultimo incontro tra Ferruccio e il figlio Tonino a tavola durante il quale i due consumano il triste contorno di verdurine cotte da cena casalinga Made in Usa - reitera questa impressione.

Il regista e sceneggiatore Robert Moresco, vincitore dell’Oscar per Crash - Contatto fisico, sembra quasi voler scomparire da dietro la macchina da presa: la sua presenza è anonima e per nulla incisiva, e la sua mancanza di interesse è la stessa che si percepisce in Ferruccio, un personaggio che dovremmo vedere divorato dalla passione e di cui invece non percepiamo la forza e la vitalità. Moresco riserva troppo spazio alle questioni familiari e alla vita privata di Lamborghini a scapito delle vicende professionali, del tempo che trascorre in officina a mettere a punto quelle meravigliose auto sportive. Ferruccio si vanta della sua collezione di Ferrari, Jaguar e Alfa Romeo, realizza un gioiello firmato dalla sua casa automobilistica eppure quegli esemplari e quella sua vita in mezzo a loro viene immortalata ben poco. 

Frank Grillo, attore che molto amiamo ma che per lo più ricordiamo in ruoli di supporto, come protagonista si ritrova una parte per nulla adatta a lui e che si addossa con fatica e poca ispirazione, disponendo di insufficiente tempo filmico e di un copione privo di profondità e sfumature. Lo stesso vale per Gabriel Byrne nei panni di Enzo Ferrari, nemesi stizzosa in grado di generare in Ferruccio solo ossessione e spirito competitivo ma non ammirazione o rispetto genuini. L’ambizione di Lamborghini si traduce solo in una competizione arrabbiata e quello che ci viene presentato non appare come un visionario audace che ha segnato un’epoca. Peccato.

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