Il ragazzo dai pantaloni rosa è uno strumento di lotta contro il ...

4 giorni ago
Film ragazzo dai pantaloni rosa

Fa uno strano effetto parlare di sceneggiatura o trama con Il ragazzo dai pantaloni rosa. Perché quella di Andrea Spezzacatena è una storia vera, che abbiamo conosciuto dai giornali dodici anni fa. «Oggi avrei 27 anni, ogni tanto mi chiedo come sarebbe andata la mia vita», ci dice la voce fuori campo di Andrea, a cui la regista Margherita Ferri ha affidato la narrazione. Andrea Spezzacatena era un ragazzo come tanti, frequentava il secondo anno del liceo scientifico e aveva appena compiuto quindici anni sei giorni prima di morire. Un caso di cyberbullismo finito in tragedia, forse uno dei primi. Su Facebook i bulli avevano creato una pagina che lo chiamava «il ragazzo dai pantaloni rosa», perché Andrea indossava dei pantaloni che erano stati schiariti per sbaglio dalla madre (nel film è Claudia Pandolfi). Eppure a lui piacevano lo stesso, gli piaceva essere eccentrico, mettersi lo smalto alle unghie. Aveva una migliore amica di cui era innamorato, interpretata da Sara Ciocca, con cui andava sempre al cinema e recensiva i film, e aveva conosciuto a scuola Christian (Andrea Arru), un amico che diventa presto uno dei peggiori persecutori.

Il finale è tristemente noto: esasperato dal bullismo, Andrea si suicida. Il ragazzo dai pantaloni rosa è una storia tremendamente simile alle tante che continuiamo a sentire ancora oggi. Le vicende del passato non hanno insegnato nulla? A quanto pare no, e ne si ha avuto prova proprio durante la proiezione del film alla Festa del Cinema di Roma quando alcuni degli studenti presenti hanno pensato di gridare insulti omofobi. Il bullismo o il cyberbullismo è un problema che riguarda tutti, non smette di riguardarci quando si finisce di andare a scuola: è ciò che da anni Teresa Manes, madre di Andrea e autrice del libro da cui il film è tratto, prova a far capire attraverso gli incontri che organizza, impegnata nella lotta e nella prevenzione del bullismo. Il film diretto da Margherita Ferri e scritto da Roberto Proia è un grande strumento di questa lotta. Nel realizzarlo la regista e lo sceneggiatore sono riusciti a raccontare una storia angosciante in modo quasi allegro, dimostrando una sensibilità che gli spettatori non potranno non notare. «Con mio figlio ho fatto tanti errori, permettergli di indossare quei pantaloni rosa non è tra questi», è la frase di Teresa Manes che compare prima dei titoli di coda, e noi non possiamo che essere d'accordo.

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