Fiorella Mannoia presenta il suo nuovo album: «Dalla parte del torto ...

2 ore ago
Fiorella Mannoia

Se non ci fossero stati i disobbedienti la storia non si sarebbe evoluta». E se lei, Fiorella Mannoia, non si fosse rifiutata di cantare il pop come volevano i suoi discografici in favore della grande canzone d’autore «forse oggi non sarei qui. Nel 1984 avevo già fatto due Sanremo e dovevo capire dove andare, che direzione prendere. Per “Premiatissima, su Canale 5, pensai di proporre canzoni di grandi cantautori. Per i discografici De André e Dalla, “Il pescatore” e “Margherita” erano troppo impegnativi. Ho disubbidito».

E «Disobberire» è il titolo del suo nuovo album, in uscita venerdì. Pensando ad Eva, la prima delle disobbedienti e agli anni Settanta della sua formazione, artistica, politica, morale, sentimentale: «C’erano Fabrizio De André, Francesco De Gregori, Bob Dylan, Leonard Cohen ad illuminarci, i testi delle canzoni che ci girano intorno oggi.. mi lasciano basita. Frivoli, vuoti, non riesco a comprendere come i ragazzi non siano preoccupati del mondo che gli abbiamo consegnato, non siano indignati per guerre e carestie, come non mettano tutto questo nelle canzoni».

Già, lei è sempre, è «Dalla parte del torto», come dice il duetto con Piero Pelù. In direzione ostinata e contraria ci ha insegnato il maestro Faber. «C’è chi invece di parlare tace, c’è chi ancora confonde le figure e le ombre, la prigione con la libertà», canta in «Domani è primavera», dove con Michele Bravi ha l’impressione di star ballando sulla fine del mondo. 


Con «Mariposa», volata dal palco sanremese dell’Ariston, con il singolo settembrino «Disobbedire», arrivano brani intensi come «Libri usati», «Tutta la differenza del mondo» e «Commedia umana», che non sono le perle dei grandi cantautori, ma cercano di attraversare il tempo di cui sono espressione: ecco la presenza di Francesca Michielin e Federica Abbate in un altro brano dal titolo esplicito come «La storia non si deve ripetere»: «Ho puntato su autori di nuova generazione come Giordana Angi, Galeffi, Virginio Simonelli, su Federica Abbate e Amara che già mi avevano regalato “Combattente” e “Che sia benedetta”». 

A settant’anni la rossa della canzone non disarma. Le sue canzoni sono le canzoni politiche di una che non si ritrova nei politici: «Non ne voglio appoggiare nessuno, di governo naturalmente, ma nemmeno di opposizione, perché non mi piace nessuno». Icona del ceto medio riflessivo, di una sinistra engagé che non ha più punti di riferimento, Fiorella stanca di guerre e di inciuci si sente tradita, perché, intona, «non sono mai stata capace di obbedire a qualche cosa che non sento, stare zitta davanti a chi non mi piace, o non manifestare ogni volta il mio dissenso. E lo so, me lo impedisce la coscienza e la libertà che ancora grida dentro, che all’ipocrisia continua a preferire il diritto di disobbedire».

Così eccola affrontare la questione più spinosa, anche a sinistra, la strage di Gaza, ormai rimossa dall’opinione pubblica: «In Medio Oriente c'è una guerra che non è un guerra ma solo il massacro di civili e nessuno dice più niente. Si bombardano ospedali e campi profughi, si impedisce che entrino aiuti umanitari. Questo è contro ogni convenzione internazionale e quindi qualcosa bisogna pur fare». D’accordo con il mandato d’arresto per crimini di guerra spiccato dalla Corte penale internazionale contro il premier israeliano Benjamin Netanyahu e l'ex ministro della Difesa Gallant? «Se lo dico mi tacciano di antisemitismo. Quando esprimi la tua idea disobbedisci a qualcuno, ti prendi delle responsabilità. Sicuramente qualcuno mi insulterà ma non mi importa niente. Lì si sta facendo un massacro, stiamo giocando sulle parole, se dire genocidio sia giusto o no. Sono morte quasi 50.000 persone, di cui metà bambini e donne e non sono partite sanzioni, niente. Queste persone pagano per qualcosa che non hanno commesso, è un popolo inerme, lì non vedo eserciti ma civili». 


Nella Giornata della violenza sulle donne non ci sono solo canzoni: «Questa volta», annuncia, «porteremo il concertone di “Una nessuna e centomila” a Sud. E faremo un grande concerto per raccogliere fondi da destinare ai centri antiviolenza e gridare ancora il nostro: “Basta!"». Napoli, e piazza del Plebiscito potrebbero essere, in settembre, la sede scelta.

E siccome il personale, soprattutto per una donna, è sempre politico, la sua disobbedienza la Mannoia l’ha esercitata anche «quando nel 2021 ho sposato con rito civile quello che fino ad allora era stato il mio compagno». Perché Carlo Di Francesco, il suo produttore, è più giovane di lei di 26 anni: «Era un uomo molto più giovane di me e io ho deciso di andare controcorrente rispetto alla morale comune. Con il diritto di disobbedire anche a quella». 
 

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