Giacomo Bozzoli «in fuga all'estero», spariti pure moglie e figlio ...

4 giorni ago
Giacomo Bozzoli

Per nove anni ha seguito l’inchiesta, ha partecipato a tutte le udienze del processo – sia in primo grado che in appello – e non ha mai smesso di professare la sua innocenza. Tutto questo, rimanendo sempre a piede libero. Lunedì scorso la condanna è diventata definitiva: Giacomo Bozzoli, 39 anni, deve scontare la pena dell’ergastolo per l’omicidio di suo zio Mario.

Ma quando i carabinieri si sono presentati nella sua abitazione a Soiano del Garda, nel Bresciano, per portarlo in carcere, lui era già sparito. Casa chiusa, erba alta in giardino e telefoni spenti. Oltre a Bozzoli, risultano irreperibili anche la moglie e il figlio. Non si esclude che i tre possano essersi allontanati tutti insieme già nei giorni scorsi. Per gli inquirenti, che non hanno mai disposto l’arresto dell’uomo, nonostante sia sempre stato l’unico sospettato del delitto, non sussistevano le esigenze cautelari necessarie a far scattare una misura, nemmeno il pericolo di fuga. Sembrerebbe che al 39enne, infatti, non sia mai stato ritirato nemmeno il passaporto.

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LA RICOSTRUZIONE

Le ricerche dell’ergastolano hanno preso il via immediatamente lunedì sera e sono proseguite senza sosta per tutta la notte e la giornata successiva. L’ordine di esecuzione della condanna è stato inserito in tutte le banche dati italiane ed europee e, se non dovesse trovarsi, nelle prossime ore potrebbe scattare per lui un decreto di latitanza. Un provvedimento, questo, che consentirebbe di procedere con attività di indagine più penetranti, come le intercettazioni. Dall’ottobre del 2015, quando Mario Bozzoli, 50 anni, è scomparso, il nipote Giacomo si è sempre mostrato sicuro di sé e ben informato sull’indagine in corso, anche quando in veste di imputato si è trovato a dover ripercorrere tutte le tappe di quel giorno e del suo rapporto con lo zio. Bozzoli junior, infatti, lavorava nella fonderia fondata dal parente insieme al fratello e, stando a quanto ricostruito nel corso delle indagini, tra i due non correva buon sangue a causa di opinioni divergenti sulla gestione dell’azienda.

L’ACCUSA

Secondo l’accusa, Giacomo avrebbe ucciso lo zio proprio nella fonderia di famiglia la sera dell’8 ottobre di nove anni fa, gettando poi il corpo in uno dei forni dell’azienda e assicurandosi così che venisse carbonizzato. Ad aiutarlo, i due operai Oscar Maggi e Giuseppe Ghiradini, quest’ultimo morto pochi giorni dopo il delitto con una capsula di cianuro nello stomaco. Un suicidio, secondo gli inquirenti, messo in atto poiché non avrebbe «retto al rimorso» di aver preso parte all’omicidio in cambio di soldi. La ricostruzione, dopo una prima condanna all’ergastolo in primo grado, era stata accolta anche in appello dopo che, nel corso del processo, era stato fatto l’esperimento giudiziale – tra le polemiche degli animalisti – di bruciare un maiale nel forno.

LA DIFESA

Bozzoli ha sempre ribadito di non avere nulla a che fare con la scomparsa di Mario. «Due mesi prima della sparizione di mio zio vivevo il momento più bello della mia vita perché era nato mio figlio», aveva detto in un ultimo tentativo di convincere i giudici. «Vi giuro su ciò che ho di più caro che sono innocente». Ma gli screzi e i rancori tra i due familiari pare andassero avanti da tempo, in particolare dopo una presunta truffa all’assicurazione messa in atto da Giacomo e scoperta dallo zio. Nonostante sul suo cellulare il nipote avesse salvato il numero di Mario sotto il nome di “mer...”, a suo dire non vi sarebbero mai state liti. Tra gli indizi a carico del 39enne, poi, anche una fumata anomala proveniente dalla fonderia alle 19.18 del giorno della scomparsa dell’uomo quando, stando alle accuse, il cadavere sarebbe stato bruciato. Quando lo scorso 17 novembre, il presidente della Corte di Assise d’Appello di Brescia ha letto il verdetto la conferma in secondo grado dell’ergastolo, Bozzoli non era presente. Una delle pochissime udienze alle quali non ha partecipato.

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