Nannini in tour: “Io contro i duetti e la mercificazione del follower”

6 giorni ago
Gianna Nannini

«Eppure dovrei sentirlo sto tempo che passa». La magnifica settantenne Gianna Nannini è in forma smagliante all’Olympia Hall di Monaco di Baviera con l’ennesimo sold out del suo Sei nell’anima - European Leg tour. «O almeno dovrebbero sentirlo le mie ossa, il tempo, visto che le tratto male (si è rotta in pochi mesi sterno e perone, ndr)». La Germania è un po’ la sua seconda patria. Cori e balletti si sprecano sul gran finale con Meravigliosa creatura, Hey bionda, Bello e impossibile, Latin Lover, America e Aria, mischiata furbescamente a una Notti magiche che scoperchia il palazzetto. «Ho allungato il tour - dice Gianna - per premiare un progetto studiato a fondo che mi permette di cantare con la miglior band con la quale abbia mani suonato. Qui non ci sono marchingegni elettronici mi basta un batterista come Simon Phillips, il metronomo di tutto. Lo conobbi quando sostituiva il batterista dei Killing Joke e penso sia il musicista che stimo di più al mondo».

Lei ha intrapreso una delle cavalcate rock più impegnative della sua storia, vero?

«Sì, oltre al tour europeo indoor, bisogna calcolare il disco Sei nell’anima pubblicato lo scorso marzo, il film Sei nell’anima arrivato su Netflix e la rivisitazione del libro autobiografico Cazzi miei uscito nel 2016 ma che ristampato con il titolo Sei nell’anima (Cazzi miei) ».

C’è chi dice che con la maturità la voce sia diventata più rock, più bella, addirittura più erotica. Concorda?

«Dicono, e a me sta bene. Qui all’Olympia Halle una volta conobbi Ian Gillan dei Deep Purple, mi sentì cantare e disse che voleva conoscermi, accettai. Entrai in camerino e il gruppo si alzò in piedi. Un atteggiamento di rispetto per una femmina, una cantante, una collega della quale hanno apprezzato il valore. Mi chiedono spesso perché qui in Germania o all’estero più in generale mi stimino così tanto. Ce l’ho la risposta. Qui mi ascoltano, magari senza capire le parole e apprezzano il mio rock, la mia voce. In Italia ai tempi di America mi tiravano i pomodori, qui i fiori».

È vero che ha scritto una canzone intitolata Microclima e l’ha data alla sua amica Irene Grandi che la porterà a Sanremo?

«Se le hanno dato un titolo non lo so, Irene mi ha chiesto un pezzo e gliel’ho dato ma da lì a quello che succederà…».

Cos’è che la disturba di più in questi anni musicali?

«I feat. Ce ne sono troppi di ogni tipo con chiunque per chiunque. Il troppo è come il poco, si dice dalle mie parti, e mi sono spiegata. A me, specialmente sotto Sanremo, arrivano richieste per fare feat da chiunque ma io sono per l’abolizione dei duetti, contro la mercificazione dei follower».

C’è però una tendenza, che vede un ritorno al pop. Un bene no?

«Ci sono due direzioni, una rap/trap e una pop, ma il mondo del trap e rap ha creato un bel clima soprattutto usando delle parole che prima non era possibile perché eravamo legati a una costruzione antica delle strofe. Purtroppo, si sono fermati lì, musicalmente sti ragazzetti ci devono lavorare un po’. Il pop invece non ha mai smesso di produrre melodia e ci sono colleghi che lo stanno facendo bene. Viva loro»! —

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