Gigi Buffon: «Ho sofferto per Alena Seredova, ma i nostri figli sono ...
«Famiglie allargate? Un tempo non ci credevo. Ora ho capito che sono un arricchimento, a patto di avere generosità e pazienza». Parola di Gigi Buffon, che lo scorso 28 settembre è convolato a nozze con la giornalista Ilaria D’Amico, madre del suo terzogenito, Leopoldo Mattia. Gli altri due, Thomas e David Lee, sono nati dall’amore con Alena Seredova, la sua prima moglie, oggi sposata con il manager Alessandro Nasi. «Credo che lui abbia reso i miei figli persone migliori di come sarebbero stati se fossi rimasto in casa con le nostre infelicità», afferma in un’intervista al Corriere della Sera.
«Sono felice che Alena abbia un’altra famiglia, con una figlia e un uomo al suo fianco. Farla soffrire e far soffrire i nostri figli mi ha dato un grande dolore», aggiunge l’ex portiere della nazionale, che ha conosciuto la sua attuale moglie proprio sul finire della relazione con la modella ceca. «Era una storia ormai alla conclusione, attraversata da una crisi profonda». Tutto è iniziato con una «domanda capziosa» dopo il famoso Milan-Juventus del 2012, quando ai rossoneri non venne convalidato un gol. «Mi chiese se, qualora mi fossi accorto che la palla era entrata, l’avrei detto all’arbitro».
«Non sono mai stato un ipocrita. Risposi che non mi ero accorto che la palla era entrata, ma anche se me ne fossi accorto non lo avrei detto all’arbitro. Scoppiò un putiferio». Poco tempo dopo, l’incontro dov’è sbocciato l’amore: «Ci siamo trovati in un ospedale, ad un evento di beneficenza. E ho capito che la donna algida che vedevo in tv era in realtà dolcissima». Tra l’altro confessò ad Antonio Conte, all’epoca all’allenatore della Juventus, che si era innamorato di Ilaria D’Amico. «Mi disse che un fuoriclasse sta con una fuoriclasse», conclude Buffon, spostando poi il focus sulla sua carriera.
Era il 19 novembre 1995 quando 17enne esordì in Serie A con la maglia del Parma, proprio contro il Milan. «Nel sottopassaggio sentii una pacca sulla spalla, era Paolo Maldini che mi incoraggiava. Anche lui aveva debuttato da ragazzino e sapeva cosa voleva dire, non ho mai dimenticato quel gesto». Un percorso costellato di successi, sia in bianconero che in azzurro, eppure ad un certo punto nella sua testa qualcosa si è inceppato. «Ero reduce da due scudetti di fila: dopo l’up, il down. Mi si spalancò davanti il vuoto. Cominciai a dormire male, mi coricavo e mi prendeva l’ansia». Persino in campo.
«Sentivo una pressione al petto, non riuscivo a respirare. Quando mi successe pensai subito che non avrei potuto giocare la partita». Era depressione, che gli fu diagnosticata dal medico della squadra. «Rifiutai i farmaci. Ne avrei avuto bisogno, ma temevo di diventarne dipendente. Dalla psicoterapeuta andai solo tre o quattro volte, ma mi diede un consiglio prezioso: coltivare altri interessi, non focalizzarmi del tutto sul calcio. Fu allora che scoprii la pittura: andai alla Galleria d’arte moderna di Torino, c’era una mostra di Chagall». Anche lì, amore a prima vista: «Il giorno dopo tornai a rivederla».