Gigi Buffon: "Superai la depressione grazie a Chagall" - LaPresse

19 Nov 2024

L'ex portiere si racconta al Corriere della Sera in occasione dell'uscita della sua autobiografia

Gigi Buffon - Figure 1
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19 Novembre 2024

Gianluigi Buffon si racconta in una lunga intervista al Corriere della Sera in occasione dell’uscita della sua autobiografia: “Cadere, rialzarsi, cadere, rialzarsi”, in uscita oggi. Tanti i temi affrontati dall’ex numero uno della Nazionale Campione del Mondo del 2006 che ha parlato soprattutto della depressione e del vizio delle scommesse. 

Non ho mai scommesso sul nostro sport

“Per qualcuno è un vizio. Per me era adrenalina. Di una cosa sono certo: non ho mai fatto nulla di illegale”, ha detto l’ex capitano della Juventus parlando delle scommesse, che considera una sua debolezza: “Lo è stata, fino a quando non ho trovato il mio centro”. E prosegue: “Non sono mai stato indagato, non ho mai ricevuto un avviso di garanzia. Perché non ho mai scommesso sulla Juve o sulla Nazionale o sul calcio. Ho sempre e solo scommesso sul basket americano e sul tennis. Ora al massimo vado due o tre volte l’anno al casinò. Ma non ne sento il bisogno”.

Il caso è scoppiato due volte, racconta Buffon: “La prima nel 2006, al tempo di Calciopoli, quando nel mirino c’era la Juve. Ero a Coverciano, solita stanza 209, ritiro premondiale. Venne da me il nostro dirigente accompagnatore, con cui avevo un rapporto speciale, Gigi Riva: ‘Se hai fatto qualche cazzata, dimmelo’. Risposi, con una punta di sadismo: ‘Gigi, mi conosci. Quindi conosci già la risposta’. Qualche giorno dopo venne a dirmi: ‘Ho preso la mie informazioni. Avevi ragione tu'”, si legge ancora nell’intervista.

“Era il 2012, prima dell’Europeo – racconta riguardo la seconda volta – Dormivo beatamente nella stanza 209, quando arrivò la polizia. Nel ritiro della Nazionale, alle 5 del mattino, con le telecamere fuori: i giornalisti erano stati avvertiti. Erano lì per Criscito. Lo trovai ingiusto, e lo dissi. Criscito non ebbe un giorno di squalifica; intanto però perse l’Europeo. Io fui convocato in procura. Ero talmente sicuro di non aver fatto nulla che andai da solo, senza l’avvocato. E ci rimasi male nel vedermi torchiato. Sempre con le stesse domande. Alle quali ho sempre dato le stesse risposte. La verità: non ho mai scommesso sul calcio”. 

La depressione e l’attacco di panico

Buffon racconta anche del suo periodo caratterizzato dalla depressione. “Era la fine del 2003, il campionato era cominciato bene, poi cominciammo a perdere colpi e stimoli. Eravamo reduci da due scudetti di fila: dopo l’up, il down. Mi si spalancò davanti il vuoto. Cominciai a dormire male. Mi coricavo e mi prendeva l’ansia, pensando che non avrei chiuso occhio”, ha spiegato il team manager azzurro che racconta in particolare di un attacco di panico durante Juve-Reggina: “Sentivo una pressione al petto, non riuscivo a respirare, pensai che non avrei mai voluto essere lì e non avrei mai potuto giocare la partita – dice al Corriere – Andai dall’allenatore dei portieri, che era un grande: Ivano Bordon. Lui mi tranquillizzò: “Gigi, non devi giocare per forza”. Ripresi fiato”. E prosegue: “Mi dissi: Gigi, se tu non entri in campo stavolta, crei un precedente con te stesso. Magari ti succederà una seconda volta, e poi un’altra ancora. E non potrai più giocare. Così entrai in campo. Feci subito una buona parata. Che salvò il risultato, perché poi vincemmo 1-0. Ma il problema rimaneva”.

Il rifiuto dei farmaci e l’interesse per l’arte

Buffon nell’intervista spiega di aver rifiutato i farmaci e di aver cominciato a coltivare altri interessi: “Fu allora che scoprii la pittura. Andai alla Galleria d’arte moderna di Torino – si legge – C’era una mostra di Chagall. Presi l’audioguida. Davanti alla Passeggiata rimasi bloccato per un’ora. È un quadro semplice, raffigura Chagall con la moglie Bella mano nella mano; solo che lei vola. Il giorno dopo, tornai. La cassiera mi disse: guardi Buffon che è la stessa mostra di ieri. Risposi: grazie, lo so, ma voglio rivederla”. 

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