Il buio della droga, il coma e la morte sfiorata e poi la rinascita. Il comico Giorgio Montanini, attore di cinema, teatro e tv (I predatori, Enea, Nemo, Le Iene) ha raccontato la sua drammatica vicenda di vita nel podcast Tintoria di Stefano Rapone e Daniele Tinti.
La dipendenza"La mia dipendenza è nata da circostanze attenuanti ma non giustificanti”, ha raccontato Montanini, “Ho perso mio padre, mia madre, mio fratello e il mio migliore amico suicida in 4 anni. Ho sempre creduto nell'importanza della forza mentale ed emotiva. Ma per superare questo problema ho avuto bisogno di sostanze stupefacenti”.
L’attore ha quindi raccontato i dettagli della sua dipendenza: “Mi muore mezza famiglia e ho attenuato le sofferenze con le droghe. Mi facevo di cocaina e io stavo bene nonostante a casa mia erano morti tutti. La mia famiglia era fantastica e ho colmato un vuoto. Sono arrivato a spendere 400 euro al giorno per cinque grammi di crack, quindi ho buttato mezzo milione di euro”.
La droga e il lavoroMontanini si è poi soffermato sul complicato rapporto con il lavoro durante il periodo della dipendenza: “La droga ti distrugge emotivamente, a lavoro puoi anche performare. Da tossico sono riuscito a fare 8 film come I predatori ed Enea con Pietro Castellito. Ma la droga è molto subdola e potente, la cosa peggiore che ti scatena è la presunzione. Pensavo di poterla gestire come mi pareva ma non era possibile. Ti porta a litigare con tutti senza un vero motivo. Per molto tempo dai il meglio di te, poi non riesci più a capire quanto ha preso il sopravvento. Ero in assuefazione”.
Il comaAlla fine, il fisico ha ceduto e i l’attore è finito in coma: “Tutti lo reputano un dramma, per me è stata una fortuna. A un certo punto sono collassato e questo mi ha permesso di disintossicarmi, purificarmi, rinascere e tornare a vivere come prima. In ospedale la madre superiora mi disse che ero vivo per miracolo. Sono entrato in condizioni pietose, pesavo 160 chili. Ne sono uscito con le analisi perfette e senza crisi d'astinenza. Su 100 pazienti, 99 non si risvegliano. Mi davano per morto. La mia compagna ha evitato di farmi l'estrema unzione solo perché non ero cristiano”.
Da quel momento, la vita di Montanini è completamente cambiata: “Penso che sia stata una presa di coscienza. Ho firmato dalla rianimazione per le dimissioni, credo di essere stato l'unico paziente a farlo in Italia. Quando sono uscito dall'ospedale un’ambulanza mi ha portato da Roma a Fermo. Ero lucido, non ho più avuto il desiderio. Mi ero drogato così tanto che non ho avuto bisogno di riprovare quella sensazione”.