La Giornata mondiale degli abbracci

21 Gen 2023
Giornata degli abbracci

«L’abbraccio è la forma di comunicazione non verbale più potente. Inoltre nel corpo scatena meccanismi biologici, che quando vengono a mancare provocano una sorta di “astinenza”», afferma Sonia Canterini, neurobiologa dell’Università “La Sapienza” di Roma e autrice, insieme a Francesco Bruno, del saggio “La scienza degli abbracci” (FrancoAngeli, 2018).

Astinenza di abbracci che abbiamo sperimentato di recente a causa delle misure di distanziamento sociale correlate alla pandemia. Sabato 21 gennaio si celebra la Giornata mondiale dell’abbraccio, evento che la Società Italiana di Pediatria (SIP) ha voluto dedicare a bambini e genitori, sottolineando - con un approfondimento sulla letteratura scientifica più recente - sia gli aspetti positivi, che quelli legati alla scarsità o astinenza, in special modo nell’età evolutiva.

Gli abbracci e il contatto fisico hanno importanti effetti a livello psicobiologico: migliorano l’umore, apportando una sensazione di benessere e felicità correlata al rilascio del neurotrasmettitore serotonina. Inoltre mitigano l’ansia, grazie alla produzione dell’ormone ossitocina, di cui è noto il coinvolgimento nella formazione di forti legami emotivi.

Le modalità con cui la madre (o, più in generale, la figura che si prende cura del bambino, il «caregiver») tiene tra le braccia il lattante, il modo con cui gli sostiene il capo, orienta il volto verso il proprio, gli sostiene il corpo, regolando la pressione del proprio corpo verso quella del bambino, riflette la capacità della madre di fungere da «contenitore» delle angosce del bambino, di costituire una sorta di spazio (holding enviroment) fisico ma soprattutto psichico in cui il bambino si sente accolto, sostenuto, rassicurato, incoraggiato nelle prime espressioni di sé.

Quando la funzione di holding da parte dei caregiver è stata deficitaria o assente è possibile rinvenire anche nell’adulto alcune manifestazioni delle angosce infantili, come l’angoscia di disintegrazione, il sentirsi immersi in un nulla liquido e informe che non sostiene, o un’improvvisa e ricorrente esperienza di perdita di senso e di continuità della propria esistenza.

Significativi gli effetti degli abbracci in ambito clinico. Secondo alcune ricerche, gli abbracci sembrano in grado di ridurre anche la suscettibilità alle infezioni delle alte vie aree, intervenendo su quei fattori di stress che influenzano la risposta immunitaria. Di contro, già lo psicoanalista René Spitz documentò, tra gli anni ’50 e ’60, gli effetti devastanti della deprivazione materna ed emotiva: bambini orfani istituzionalizzati, lasciati molto soli da piccoli, senza contatti caldi d’amore, e cresciuti con scarsa stimolazione sensoriale, hanno mostrato una compromissione della crescita e dello sviluppo cognitivo, un’elevata incidenza di disturbi dell’attaccamento, di infezioni e malattie gravi con esito infausto.

«Partendo dai primi mesi di vita, numerosissimi studi hanno indagato in tutto il mondo in anni recenti il vantaggio del contatto pelle a pelle e dell’abbraccio fra madre e figlio nel delicato ambito ospedaliero, la cosiddetta Kangaroo mother care - sottolinea la dottoressa Sara Sollai, Consigliere Nazionale SIP -. Questo approccio, analizzato per la prima volta a partire dalla metà degli anni ’70, ha cambiato significativamente la gestione e la cura dei neonati sani e a rischio (ricoverati in terapia intensiva neonatale, prematuri o con basso peso alla nascita), dimostrando riduzione di mortalità e morbilità nei piccoli, effetti significativi sulla stabilizzazione clinica, riduzione dello stress e del dolore durante gli esami o le procedure mediche ed infermieristiche sul neonato. Il contatto fisico favorisce inoltre il passaggio precoce e una maggiore durata dell’allattamento al seno. A tutto questo si affianca un incremento dell’attaccamento madre-figlio e la riduzione dello stress materno, cosa che suggerisce che la Kangaroo mother care sembra rappresentare uno degli interventi di cura più efficaci».

Inoltre un recente studio condotto in Iran conferma come, in occasione di visite o procedure mediche di routine, un abbraccio della madre o di familiari aiuti significativamente a ridurre il dolore e il pianto di neonati e lattanti.

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