Caso Regeni: Renzi e Minniti testimoniano al processo

5 ore ago
Giulio Regeni

“Vengo informato il 31 gennaio dalla Farnesina e mi dissero che qualcosa era accaduto qualcosa di grave a un nostro ricercatore. Se mi fosse stato chiaro da subito avremmo potuto attuare qualcosa in più ma il comportamento della Farnesina è stato legittimo. Noi mettiamo in campo tutti i nostri strumenti perché c’era crescente preoccupazione da parte degli apparati che, come è fisiologico, erano già a conoscenza della vicenda. Se dal 26 al 31 gennaio 2016 la Farnesina ha ritenuto di tenere bassa una vicenda così complessa avrà fatto una sua valutazione, conosceva i rapporti con Al Sisi. Poi il 31, quando lo sento, era molto pessimista”.

A parlare è il senatore ed ex premier Matteo Renzi, udito ieri nel corso del processo per l'omicidio di Giulio Regeni. La sua versione continua dei fatti del gennaio 2016 continua a sollevare dubbi e contrasti con altre testimonianze già rilasciate nel corso degli anni.

L’affermazione del leader di Italia Viva contrasta con le testimonianze precedenti dell’allora ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, e del Segretario Generale della Farnesina, Elisabetta Belloni. Entrambi avevano dichiarato che l’ambasciatore italiano al Cairo, Maurizio Massari, si era attivato fin dal 25 gennaio e che Gentiloni era stato informato il giorno successivo. Massari, inoltre, aveva comunicato con gli apparati italiani già il 26 gennaio, e nei giorni seguenti vennero compiuti diversi passi per sollecitare informazioni dalle autorità egiziane, con continue richieste e sollecitazioni, senza però ottenere risposte concrete.

Nonostante ciò, Renzi ha sostenuto di essere stato informato solo il 31 gennaio, una versione che appare in contrasto con quanto rivelato da Report su Rai3, la quale aveva riportato che l'ex premier fu avvisato il 29 gennaio tramite un messaggio criptato inviato dall'ambasciata italiana al Cairo.

Alessandra Ballerini, legale dei genitori di Giulio Regeni, ha espresso la speranza che le testimonianze di Renzi e di Marco Minniti, all’epoca dei fatti sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, potessero finalmente chiarire gli eventi e fare luce sulle azioni intraprese dal governo italiano per ottenere verità e giustizia per Giulio:  “È una udienza importante: Renzi e Minniti ci racconteranno quando e come hanno saputo, cosa hanno fatto allora e dopo per avere verità e giustizia per Giulio. Sarebbe bello avere chiarezza da Renzi sulle date anche se è stato detto che se avesse saputo dal 31 gennaio del 2016 avrebbe potuto salvarlo”.

In udienza Renzi ha inoltre raccontato di avere avuto tre o quattro telefonate con il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi tra febbraio e marzo 2016, durante le quali aveva chiesto piena collaborazione nelle indagini. In particolare, ha parlato del primo incontro con al-Sisi dopo l'annuncio ufficiale della morte di Regeni, durante il quale aveva espresso il suo rifiuto per una "verità di comodo", offerta dall’Egitto nel marzo del 2016.

Anche Marco Minniti, nella sua testimonianza, ha sottolineato il tentativo da parte del Cairo di fornire una finta verità, usando un metodo già adottato in altri casi di omicidi di stranieri in Egitto. Ha ricordato di aver percepito fin da subito un depistaggio, messo in atto per coprire i Servizi egiziani, e ha affermato che l’Italia, di fronte alla mancanza di collaborazione, decise di richiamare l’ambasciatore in segno di protesta. Minniti ha inoltre ribadito il suo convincimento che siano stati proprio gli apparati di sicurezza egiziani a essere responsabili dell'uccisione di Regeni.

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