Caso Regeni, si riapre il rebus-date: «Giulio era ancora vivo il 29 ...

3 Giu 2024

TRIESTE «We don’t have him, but he’s still alive», non ce l’abbiamo, ma è ancora vivo. Un messaggio WhatsApp potrebbe gettare nuova luce sul caso Regeni: Giulio era ancora vivo il 29 gennaio 2016 e le autorità egiziane ne erano al corrente, e sapevano anche chi lo aveva sequestrato. Non solo, i servizi segreti italiani ne erano al corrente, e avrebbero addirittura visto Giulio tra il 25 gennaio, il giorno in cui fu rapito, e il 3 febbraio. Lo ha rivelato Report, il programma di Sigfrido Ranucci in onda domenica sera su Rai3. Questi nuovi elementi sono emersi grazie a un’intervista realizzata da Daniele Auteri, che è riuscito a parlare a un supertestimone: un addetto dell’ambasciata italiana al Cairo nel 2016, che per otto anni non ha mai parlato pubblicamente di quanto vide e apprese in Egitto.

Giulio Regeni - Figure 1
Foto Il Piccolo
Il messaggio

Il supertestimone racconta a Report quanto riferito dalle autorità egiziane a Zena Spinelli, una lobbista italiana al Cairo con ottimi agganci e in contatto anche con un uomo dell’Aise, che informò di tutto ciò che le fu detto.

Il messaggio WhatsApp citato sopra infatti lo ricevette lei da Ayman Rashed, l’assistente diretto del ministro della Giustizia egiziano. Zena lo mostrò al supertestimone il 5 febbraio, dopo una cerimonia commemorativa per Giulio, il cui corpo senza vita era stato trovato due giorni prima.

Spinelli fu contattata poco dopo la scomparsa di Giulio da Gennaro Gervasio, professore alla British University in Egypt tra il 2011 e il 2016, l’uomo che diede l’allarme su Regeni: Giulio non si presentò mai all’appuntamento che aveva con lui il 25 gennaio.

Il 26 gennaio, il responsabile della sicurezza all’American University at Cairo, il generale Mohamed Ebeid scrisse all’allora ambasciatore Maurizio Massari: «Il ministero asserisce che Giulio Regeni non è stato arrestato e non è tenuto in alcuna stazione di polizia».

Nel frattempo Spinelli, già contattata anche dall’Aise, si mise in moto con i suoi contatti per cercare altre informazioni. E scrisse a Gervasio, il 31 gennaio, di aver sentito Rashed e di essere stata «tranquillizzata». Ma che cosa le disse esattamente non lo rivelerà né a Gervasio né agli investigatori italiani: cancellò le chat con Rashed e con l’Aise e negò tutto davanti ai carabinieri del Ros il 13 febbraio, quando venne convocata a testimoniare. Secondo le perizie, Giulio sarebbe morto tra l’1 e il 2 febbraio.

I servizi

Ma c’è un altro elemento dirompente che emerge dalla ricostruzione di Report: i servizi segreti italiani avrebbero visto Giulio tra il 25 gennaio e il 3 febbraio. Questo almeno sarebbe stato raccontato dalla moglie di un agente dell’Aise al Cairo a una cena e sarebbe arrivato all’orecchio dell’addetto dell’ambasciata che ha parlato con Auteri.

Un dato inquietante che si incrocia poi con un altro fatto: il supertestimone ha raccontato a Report che Zena gli disse di essere venuta a sapere del ritrovamento del corpo di Giulio in mattinata, ben prima di quando lo apprese l’ambasciatore Massari, che secondo la versione ufficiale sarebbe stato il primo italiano a venire a conoscenza del rinvenimento, in serata.

La mattina del 3 febbraio, inoltre, il numero uno dell’Aise, Alberto Manenti, incontrò il capo dell’intelligence egiziana. Insomma, i servizi avrebbero giocato un’altra partita rispetto a quella istituzionale, dell’ambasciatore.

Ma il supertestimone di Report ha aggiunto che ad un certo punto probabilmente ci fu «un deal tra Massari e i servizi» e gli venne indicato di smettere di lavorare sul caso. Per Report questo è il meccanismo che ha portato al fatto che «la ricerca dei responsabili non toccherà il livello più alto, quello delle coperture politiche e istituzionali», ha detto Ranucci nella puntata. —

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