Green day in trionfo per i 30 anni di Dookie. A Milano in 78 mila ...

17 Giu 2024
Green Day

diAndrea Laffranchi

Billie Joe Armstrong all'ippodromo La Maura: il più grande concerto del trio punk in Europa. Sul palco chitarre tese, fuoco ed esplosioni. E fan in delirio

«Questa serata non è un party. Questa serata è una celebrazione». Riassunto – nelle parole del front man Billie Joe Armstrong, del concerto dei Green Day, l’appuntamento più maggior richiamo degli I-Days all’Ippodromo La Maura. I 78 mila – andando a memoria, lo staff della band lo certifica come il più grande show in Europa nella carriera del trio punk – rispondono a ogni segnale del cantante. A volte basta uno sguardo, quegli occhi da folle sgranati e messi in primo piano dai megaschermi. Chitarre tese; una sezione ritmica che con Tré Cool e Mike Dirnt garantisce ritmo e peso; fiamme, esplosioni e botti.

Da celebrare ci sono i 30 anni di Dookie, il terzo album, quello che li proiettò nelle classifiche di tutto il mondo e che contribuì a rilanciare il punk; e i 20 di American Idiot, il concept che prendeva a cazzotti l’America di Bush. Dopo l’apertura con la nuova The American Dream Is Killing Me, Dookie si prende la prima parte dello show, con anche la scenografia che ricalca la grafica della copertina: la sagoma di un’esplosione, i gonfiabili a riprodurre le nuvole di fumo, un caccia che vola sulla platea e sgancia palloncini-bomba, le grafiche da fanzine underground sui megaschermi. Tutte le canzoni presentate nello stesso ordine del disco. 

Il disagio mentale, il rifiuto della società, e le frustrazioni di una generazione che sono al centro del racconto hanno un sapore diverso oggi, ma la stessa energia vitale di allora. Basket Case e When I Come Around sono dei pilastri che sorreggono la memoria, su All by Myself c’è il siparietto del batterista Tré Cool (che macchina del tempo che è), autore del brano, che canta e si esibisce in vestaglia leopardata: l’ironia alleggerisce.

La parte centrale dello show pesca qua e là dalla discografia della band: su Know Your Enemy c’è il momento fan, questa volta tocca a una ragazza pescata dalle prime file duettare con Billie Joe, e su Hitchin’ a Ride il call and response fra la band e il pubblico diventa veramente messa laica, rito collettivo col divertimento nel mirino. Ecco il terzo atto con American Idiot. Alle spalle della band si gonfia il pugno con il cuore bomba a mano della copertina, anche qui scaletta filologica che segue quella dell’album. Finale con Good Riddance, senza l’ipocrita liturgia dei bis. Quello dei Green Day è uno spettacolo che va dritto, del resto non sarebbe punk se fosse altrimenti, e che completa in chiave kolossal quello per pochi intimi che i tre fecero a novembre davanti a mille persone ai Magazzini Generali per il lancio dell’ultimo album, Saviors. Cambiano le dimensioni, non la solidità.

17 giugno 2024

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