Nuovi guai (fiscali) per Hunter Biden E ora rischia 17 anni di carcere

9 Dic 2023
Hunter Biden

di Massimo Gaggi

Il processo peserà sulla corsa del papà presidente per il secondo mandato alla Casa Bianca. «Non ha pagato 1,4 milioni dal 2016 al 2020». Due anni fa ha saldato il debito

NEW YORK — Dopo quella in Delaware per la detenzione di un’arma senza dichiarare di aver fatto uso di droghe, Hunter Biden, figlio del presidente americano, è stato raggiunto ieri da un’altra incriminazione (stavolta in California) per evasione fiscale: nove capi d’imputazione per non aver pagato 1,4 milioni di dollari di tasse dal 2016 al 2020. Rischia fino a 17 anni di prigione anche se due anni fa ha saldato tutti i suoi debiti col Fisco.

Spese «pazze»: prostitute e auto di lusso

Le 56 pagine redatte da David Weiss, il procuratore speciale che indaga su di lui, sono piene di notazioni colorite sugli eccessi di Hunter che in quegli anni ha speso centinaia di migliaia di dollari per prostitute, auto di lusso, abiti e ristoranti esclusivi: «Tutto meno che pagare le tasse» accusa il magistrato a suo tempo nominato da Trump e al quale il ministro della Giustizia di Biden, Merrick Garland, aveva affidato l’«indagine speciale» per dimostrare l’assenza di favoritismi.

Spese «pazze»: prostitute e auto di lusso

Pessimi comportamenti di Hunter noti da tempo, raccontati da lui stesso in «Beautiful Things» : libro di memorie del 2021 nel quale ricostruisce gli anni terribili della sua vita da drogato, piena di eccessi. Da tempo i repubblicani usano questa triste e controversa vicenda umana per cercare di attaccare anche il padre. Contro il quale la Camera, ora in mano alla destra trumpiana, conta di lanciare già la prossima settimana una procedura di impeachment anche se in un anno di indagini non sono stati trovati elementi probatori. Si partirà da indizi e sospetti. E le attività estere di Hunter (i rapporti con la società ucraina Burisma e con imprese cinesi) saranno al centro dell’indagine.

Il cerchio si stringe

Fin qui gli investigatori hanno raccolto testimonianze su tentativi di Hunter di influenzare i suoi clienti chiamando il padre, allora vice di Obama, mettendolo in viva voce durante riunioni aziendali, ma non hanno elementi per sostenere che Joe Biden abbia esercitato pressioni o tratto profitti dall’attività del figlio.
Ora, però, il cerchio si stringe: con Trump che passerà buona parte del 2024 nei tribunali (4 processi), per i repubblicani è essenziale portare alla sbarra anche il nome Biden: Joe con l’impeachment (anche se alla fine non ci sarà condanna) e Hunter con due processi e il rischio concreto di farsi anni di galera (in California il procedimento è stato affidato a Mark Scarsi, un giudice nominato da Trump).

Padri e figli

La pressione su Biden cresce su vari fronti: premono i repubblicani decisi a scatenare l’inferno a costo di spacciare vaghi indizi per prove, ma premono anche molti democratici che, visti i sondaggi disastrosi, vorrebbero un candidato più giovane al posto di Joe (ieri la nuova incriminazione di Hunter era la prima notizia del progressista New York Times ).
E poi c’è Hunter: rischia condanne pesantissime per reati minori che erano stati addirittura condonati in un primo accordo extragiudiziale con Weiss, mai perfezionato. Certo le colpe dei figli non ricadono sui padri. Ma ora Joe ha il problema opposto: le ambizioni dei padri che ricadono sui figli. Se non si chiamasse Biden, Hunter non sarebbe nel mirino. E ne uscirebbe se il presidente facesse un passo indietro.


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9 dicembre 2023 (modifica il 9 dicembre 2023 | 10:16)

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