Il sol dell'avvenire è Moretti all'ennesima potenza

19 Apr 2023
Il sol dell'avvenire


In Il sol dell'avvenire, un attore punta la pistola dritto alla fronte di un altro attore, inginocchiato davanti a lui. Nanni Moretti impazzisce, piomba sul set (non suo) e ferma tutto per otto ore, perché “la scena che stai girando fa male al cinema, a te che la giri e a noi che la guardiamo”. È la scena più memorabile del nuovo film di Nanni Moretti, che per esorcizzare la debacle del suo precedente Tre Piani, unico suo film tratto da un soggetto non originale (il romanzo di Eshkol Nevo), torna a firmare un film morettiano fino al midollo.

Politico, ironico e sentimentale, Il sol dell'avvenire è tre film in uno, una matrioska cinematografica fatta di continue autocitazioni che strizza l'occhio al pubblico con il chiaro intento di divertirlo. Lontano dalla scomodità, dal coraggio e dall'anticonformismo di un certo suo cinema impegnato di altissimo livello (da La stanza del figlio a Il Caimano), qui Moretti inanella una serie di sketch molto gustosi e infarciti di musiche in cui prende in giro tutti, compreso se stesso. Lo vediamo fare di tutto: cantare a squarciagola senza intonarla Sono solo parole di Noemi (proprio lui, per cui "Le parole sono importanti"), cadere dal divano per mimare un film, ballare in auto sulle note di Think di Aretha Franklin, discutere animatamente con Netflix, brindare con i produttori coreani, girare la sera a bordo di un monopattino, elencare gli antidepressivi che prende e  addirittura sistemarsi un cappio attorno al collo.

Si autoassegna il ruolo del regista Giovanni, in crisi con sua moglie (Margherita Buy) e in difficoltà con la lavorazione del suo film dopo il fallimento del produttore francese (Mathieu Almaric). Sta girando l'arrivo di un circo ungherese a Roma, accolto dalla sezione del partito comunista del Quarticciolo, proprio nei giorni dell'insurrezione ungherese del '56. Due compagni di partito, un giornalista de L'Unità (Silvio Orlando) e una sarta militante (Barbora Bobulova), seguono con preoccupazione gli avvenimenti, sperando che il partito comunista - che allora non solo esisteva, ma vantava 2 milioni di italiani iscritti, ci tiene a sottolineare Moretti - prenda le distanze dall'intervento armato da parte dell'Urss. Qui Moretti si improvvisa Tarantino e prova a dare una sua rilettura della storia cambiandola, dichiarando esplicitamente di volerla fare “con i se”.

Immerso in questo suo film sul passato, Giovanni fatica a confrontarsi con il presente. Specie con le nuove generazioni, rappresentate da sua figlia (Valentina Romani) che compone musiche e si innamora di un uomo molto più grande di lei (Jerzy Stuhr), e da un regista che firma fiero film molto violenti (Giuseppe Scoditti). Moretti dice chiaro allo spettatore come la pensa su tutto, specie sulla moda antietica del cinema che usa la violenza senza peso come intrattenimento in film in cui c'è spazio solo per il male: “Tutti quanti, registi, produttori, sceneggiatori, sono preda di un incantesimo. Un giorno vi sveglierete e piangere, rendendovi conto di ciò che avete combinato”.

Chiama persino i suoi amici illustri a sostegno della sue tesi, da Renzo Piano a Corrado Augias, fino a Martin Scorsese.

Le sue invettive fanno molto ridere, e a qualcuno può intenerire la luminosa storia d'amore che mette in scena (terzo film nel film) tra due ragazzi (Blu Yoshimi e Michele Eburnea) che si innamorano al cinema, poi litigano per strada, si baciano, fanno figli, sulle note di canzoni italiane strappacuore.

Pieno di registri e linguaggi diversi, è un film-testamento sulla morte della politica, del cinema, dell'amore, della morale. Potente nel suo effetto nostalgia, esplode in un finale tutto da vedere in cui fa sfilare a via dei Fori Imperiali in marcia per la libertà non solo  i personaggi di questo film, ma quelli di tutti i suoi film, da Giulia Lazzarin a Renato Carpentieri, da Jasmine Trinca ad Anna Bonaiuto, fino a lui stesso che saluta i suoi spettatori.

Frames “Il Sol Dell’Avvenire”Nanni Mretti DirectorMichele D’Attanasio Cinematographer©Fandango e Sacher Film

Del resto questo film è Nanni all'ennesima potenza. Selezionato in concorso al Festival di Cannes, è godibile, divertente, pensato per piacere al pubblico che potrà vederlo in ben 500 sale. Eppure niente di nuovo sotto il sole: contando su un cast superlativo, il regista di Caro Diario si limita a fare una summa di tutto il suo cinema, disseminando ad arte citazioni per i suoi spettatori più affezionati. Quelli che conoscono bene la sua tendenza a cantare canzoni in macchina (come ne La stanza del figlio), il suo odio per la violenza gratuita nei film (in Caro diario era per Henry, pioggia di sangue), l'avversione per le pantofole (qui per i sabot, ma ricordiamo quel suo grido in piscina “In strada con le pantofole nooo!” in Palombella Rossa), la sua bravura nei palleggi (vedi La messa è finita). E riconoscono la coperta di Sogni d'oro in cui si avvolge sul divano. Insomma, l'effetto revival è voluto e insistito, ma dopo l'emozione del momento resta la sensazione di non aver visto nulla di veramente nuovo, o all'altezza degli illustri predecessori della sua filmografia, che vanta titoli davvero indimenticabili come - per restare negli ultimi 12 anni - Habemus Papam e Mia Madre.

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