La morte di Giulia Tramontano, il consulente della difesa ...
"Ho voluto credere di essere pazzo, ma non penso di esserlo". Eppure Alessandro Impagnatiello, a processo per l'omicidio della fidanzata Giulia Tramontano, incinta al settimo mese, sarà sottoposto a una perizia psichiatrica. Lo ha stabilito la Corte d'Assise di Milano, presieduta da Antonella Bertoja, al termine dell'udienza di oggi, dopo la testimonianza dei consulenti della difesa e quelli di parte civile. I primi sostengono che l'ex barman è affetto da un "disturbo della personalità di tipo paranoide", i secondi sono dell'opinione contraria.
La mamma di Giulia, Loredana Femiano, non era in aula. In serata, ha affidato al Tg1 una lettera. “Ogni udienza del processo per me è un giorno cupo più degli altri: sento parlare di lei, del piccolo, di quanto lei lo desiderasse, di quanto è stata una leonessa ad affrontare tutto da sola” sono le sue parole. In mattinata, un post su Instagram: "Ora è tempo che sia fatta giustizia e la giustizia in questo caso è una pena esemplare".
L'accertamento disposto dai giudici dovrà valutare la sussistenza del disturbo personologico nel 31enne, come avrebbe accertato la consulenza difensiva fatta fare dalle avvocate Samanta Barbaglia e Giulia Geradini. Qualora fosse riscontrato anche dal perito nominato dalla corte il prossimo 27 giugno potrebbe comportare un riconoscimento di una circostanza attenuante generica. Più improbabile che venga riconosciuto un vizio parziale o totale di mente che influisca sull'eventuale capacità di intendere e di volere al momento del fatto.
La scelta dei giudici arriva 'a bruciapelo': pochi secondi prima di chiudere l'udienza iniziata con l'interrogatorio dell'imputato e finita con i consulenti della famiglia della vittima -gli psichiatri Diana Galletta e Salvatore De Feo - i quali hanno sostenuto che "Non c'è nessuna traccia di disturbo" nella personalità dell'ex barman. Nessuno dei consulenti (difesa e parte civile) hanno sondato il tema della capacità di intendere e volere al momento dei fatti, cosa che invece dovrà stabilire la perizia.
"C'è una tendenza a psichiatrizzare i comportamenti, soprattutto quando un delitto è efferato. Tra le esperienze umane non patologiche vi sono anche le reazione legate alle emozioni, alle passioni, alla vendetta, all'invidia che non hanno nulla a che vedere" con la salute mentale. È "la banalità del male", ha sostenuto la psichiatra Galletta.
Posizione opposta a quella dei consulenti della difesa.
Lo smascheramento da parte delle due donne con le quali aveva altrettante relazioni parallele, ha provocato in Alessandro Impagnatiello "un vero e proprio psicotrauma, una ferita narcisistica estremamente potente. Si è trovato scoperto rispetto a tutto questo piano che aveva lavorato", ha detto in aula lo psichiatra Raniero Rossetto, incaricato della consulenza difensiva sull'ex barman a processo, di cui ha accertato “importanti nuclei patologici di tipo strutturale (narcisistici, ossessivi, paranoidei)”.
"Nello smascheramento subito dalle due donne Giulia diventa la causa di tutti i suoi mali - ha aggiunto l'esperto di parte - Penso che lui dopo la rivelazione abbia perso contatto con la realtà, è andato a casa e ha assassinato Giulia con 37 coltellate".
Ansa
Alessandro Impagnatiello
"Nel primo colloquio mi ha rappresentato l'immagine della scacchiera -ha detto il consulente della difesa-. Lui si sentiva lo scacchista che doveva tenere sotto controllo tutti i movimenti della scacchiera e lo faceva con le bugie". Rispetto "a tutto questo e soprattutto allo smascheramento, lui ha perso un po' il senso della realtà. Non parlo di capacità o incapacità di intendere e volere, perché non siamo in ambito peritale. Però questo è successo. È il cosiddetto 'delirio lucido': pure chi delira può essere lucido".
Anche la somministrazione di veleno alla vittima "può certamente rientrare in un piano criminoso lucido". Tra le altre incongruenze messe in luce dalla Procura, anche quella in merito a "una discussione pacifica" tra lui e Giulia, poco prima dell'omicidio. Versione data alla scorsa udienza dall'uomo e che stride con le "urla di una donna" sentite da una vicina convocata come teste.
Secondo lo psichiatra, Impagnatiello non avrebbe tuttavia "progettato di eliminare Giulia" e nel suo "piano criminoso" non sarebbe stata prevista "una difesa post omicidiaria". Con il veleno, del quale tuttavia l'imputato non ha mai parlato con i consulenti, "lui mirava a sopprimere il feto, che rappresentava una variabile nella sua scacchiera, non tanto per motivi economici quanto per motivi di stato mentale suo. La cosa che a un certo punto non riusciva a controllare era proprio il nascituro".
La psicologa Silvana Branciforti, che gli ha somministrato i test per la consulenza, ha parlato di "un disturbo della personalità di tipo paranoide" e con "una parte ossessiva".
Dal canto suo l'imputato ha affermato di aver perso completamente il contatto con la realtà.
“Mi sentivo di scappare da quel mostro che era appena uscito in me”, ha risposto alla pm Alessia Menegazzo che gli ha chiesto come mai, fin dai minuti successivi e la domenica, avesse simulato che Tramontano fosse ancora in vita inviando messaggi dal suo cellulare. “Stavo tentando una via di fuga che però non c’era - ha risposto il 31enne -. Gli spostamenti che ho fatto nei giorni successivi, anche del corpo di Giulia, sono disordinati e confusionali, senza una logica. Cercavo una via di fuga che sapevo non esserci se non per un giorno, due giorni, una settimana”.