Omicidio Giulia Tramontano, Impagnatiello "capace di intendere e di ...
Era prevista per ottobre e i tempi sono stati rispettati. La perizia psichiatrica disposta per Alessandro Impagnatiello è stata depositata con una diagnosi chiara: l'uomo, accusato di aver ucciso la compagna Giulia Tramontano, era capace di intendere e di volere.
L'omicidio della ventinovenne di Senago, nel Milanese, ha scosso a lungo l'opinione pubblica per l'atrocità a cui la ragazza è stata sottoposta, incinta di sette mesi e assassinata con 37 coltellate il 27 maggio dello scorso anno. Il corpo venne trovato quattro giorni dopo, nascosto nell'intercapedine di un muro vicino ad un box.
La diagnosi sullo stato della salute mentale di Impagnatiello è stata firmata dallo psichiatra forense Pietro Ciliberti assieme al medico legale Gabriele Rocca.
La difesa dell'uomo, ex barman, sostiene invece che fosse affetto da un disturbo della personalità di tipo "paranoide".
Ma i periti dell'accusa scrivono nelle carte che, per il il 31enne, "non vi sono elementi per ritenere che al momento del fatto trovino applicazione i requisiti psichiatrici per ritenere un vizio di mente parziale o totale".
La sentenza prevista a novembre
Si apre ora, quindi, il tempo dell'attesa che si fermerà non prima del 4 novembre, data in cui è prevista la pronuncia della sentenza: sono i tempi dettati dalla Corte d'assise di Milano per sapere se Alessandro Impagnatiello fosse quindi o meno "capace di intendere e di volere”.
L'udienza sarà anticipata dalla discussione della perizia, fissata per il 21 ottobre. Oltre al bambino che aspettava da Giulia, l’uomo ha già un figlio di 6 anni nato da una precedente relazione.
L'uomo aveva anche una relazione parallela
Nello specifico, Impagnatiello risulta accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dalla crudeltà, dai futili motivi e dall'aver ucciso la convivente, di interruzione di gravidanza non consensuale e di occultamento di cadavere. Il rischio, per lui, è quella di una condanna all'ergastolo.
"Ho voluto credere di essere pazzo, ma non penso di esserlo", aveva detto nell'interrogatorio l'uomo davanti ai giudici della Corte d'Assise di Milano (togati Bertoja-Fioretta). "Ero un vaso completamente saturo di bugie e di menzogne", aveva aggiunto, difeso dalle legali Giulia Geradini e Samanta Barbaglia.
Impagnatiello, si è scoperto ben presto, conduceva una vita parallela, portando avanti una relazione anche con un'altra giovane, la quale il giorno in cui Giulia fu uccisa si era incontrata, qualche ora prima, con la vittima.
La guerra delle perizie
La Pm Alessia Menegazzo e la consulente psichiatra forense Ilaria Rossetti, hanno sempre sostenuto la piena capacità di intendere e volere dell'imputato, così come i familiari di Giulia, con l'avvocato Giovanni Cacciapuoti, che hanominato gli psichiatri Salvatore De Feo e Diana Galletta.
Lo psichiatra Raniero Rossetti, invece, che aveva firmato la consulenza difensiva, aveva sottolineato come l'ex barman si sentisse come uno "scacchista che doveva tenere sotto controllo tutti i movimenti della scacchiera", attraverso le bugie e gli inganni alle due donne. "Lui mirava a sopprimere il feto, che rappresentava una variabile nella sua scacchiera. Ciò che non riusciva a controllare era proprio il nascituro", aveva scritto il consulente dei difensori.
Il racconto dell'amante ai magistrati: “Ci siamo abbracciate per solidarietà femminile”
L'amante dell'omicida, una ragazza italo-inglese, all'epoca dei fatti 23 anni, nel giugno del 2023 raccontò agli investigatori: "Giulia mi ha detto che Alessandro non avrebbe mai visto il figlio e che a lei interessavano solo il bimbo e la sua salute (…) sicuramente non voleva più vedere Alessandro. Sarebbe comunque tornata a Senago, dopo il nostro incontro, per parlare" con lui e "per lasciarlo".
E poi ha proseguito nel racconto di quanto accaduto. "Abbiamo chiacchierato tranquillamente. Siamo state insieme un'ora circa, dopo di che lei è andata via. Il nostro incontro è stato veramente cordiale, tant'è che appena ci siamo viste ci siamo abbracciate per solidarietà femminile, perché eravamo entrambe vittime di un bugiardo". Al termine del loro incontro aveva raccontato di averle "proposto che se ne avesse avuto bisogno poteva venire da me a casa a dormire. Lei disse di non preoccuparmi, ringraziandomi”.
E poi è tornata al momento in cui Impagnatiello voleva tornare da lei, dopo aver commesso il delitto. "Alessandro ha iniziato a chiedermi di vederci. (..) Le sue richieste erano talmente pressanti - ha aggiunto - che mi ha accompagnato un collega a casa poiché anche loro erano preoccupati".