Incontinenza, si può guarire: dove si cura. Assorbenti monouso ...

12 giorni ago
Incontinenza

diMaria Giovanna Faiella

È ancora un tabù ma si può curare. Può  interessare non solo anziani ma pure bambini (pipì a letto), atleti, donne in gravidanza, pazienti con incontinenza di origine neurologica. Rimedi «su misura». A che punto è l'assistenza

Si stima che 7 milioni di italiani soffrano di incontinenza urinaria (cinque milioni) e fecale (due milioni), con livelli di gravità variabile. Ma la perdita involontaria di urine o feci, dovuta a varie cause, potrebbe riguardare tanti altri connazionali, poiché spesso non se ne parla nemmeno col medico di famiglia, per vergogna e imbarazzo. Eppure, di incontinenza si può guarire nella maggior parte dei casi. Ecco perché, fin dai primi accenni, è bene rivolgersi al proprio dottore, il quale valuterà se prescrivere una visita urologica o indirizzare il paziente in uno degli ambulatori o Centri ospedalieri del Servizio sanitario nazionale.

Quale assistenza, la «La Rete dei Centri»

Come indicato nel «Documento tecnico di indirizzo sui problemi legati all’incontinenza urinaria e fecale», frutto di un Accordo tra Stato e Regioni nel 2018, questa condizione andrebbe trattata facendo «rete» tra i Centri per la prevenzione, diagnosi e cura dell’incontinenza, articolati in base al grado di intensità e alla complessità della patologia, in modo da garantire alle persone incontinenti, in ogni Regione, il giusto Percorso diagnostico-terapeutico assistenziale (Pdta).
Fin qui ciò che prevede l’Intesa. Ma, a distanza di sei anni, come vengono assistite le persone incontinenti in Italia? «La Rete dei Centri risulta operativa solo in Piemonte e Veneto; è stata costituita in Basilicata e Sardegna ma è rimasta sulla carta – esordisce il presidente emerito della Fondazione italiana continenza, Roberto Carone, che ha fatto parte del tavolo tecnico ministeriale –. In alcune Regioni è in via di costituzione, in altre invece non c’è nessuna azione in corso» (dati aggiornati a febbraio 2024, ndr).

Supporto alle Regioni per attuare l'Accordo

 La buona notizia è che proprio per garantire la piena attuazione su tutto il territorio nazionale delle azioni previste dall’Accordo del 2018, è stato istituito un nuovo tavolo tecnico sull’incontinenza presso il ministero della Salute, composto da rappresentanti istituzionali, di medici, Società scientifiche e Associazioni di pazienti. Ha il compito monitorare gli interventi e dare supporto alle Regioni nell’implementare il modello organizzativo di assistenza indicato dal Documento. Riferisce il professor Carone, che fa parte del Tavolo tecnico: «Il ministero ha identificato quattro principali macroaree: Reti regionali dei Centri di riferimento, presidi medici monouso e chirurgici, farmaci, comunicazione. Sono stati costituiti quattro sottogruppi di lavoro per individuare soluzioni alle criticità».

Dove si cura l'incontinenza

Il primo riferimento per i pazienti sono gli ambulatori dedicati, dove si effettua principalmente la riabilitazione del pavimento pelvico (tuttora carente). Se il problema non viene risolto, si passa ai Centri monospecialistici di 2° livello (di urologia, ginecologia, fisiatria), con posti letto dedicati al ricovero. I casi più complessi di incontinenza, come quelli di origine neurologica, vanno trattati nei Centri di terzo livello, cioè strutture di neuro-urologia o unità pelviche.
«A causa della presenza non omogenea dei Centri nelle Regioni, i pazienti hanno serie difficoltà nell’accesso alle cure e spesso devono spostarsi, di solito dal Sud verso il Nord. Se fosse attivata la rete dei Centri in tutta Italia, sarebbe possibile non solo avere le stesse opportunità di accesso alle cure ma anche un continuo monitoraggio dei reali bisogni delle persone incontinenti» sottolinea Pier Raffaele Spena, presidente di Fais, Federazione delle associazioni di incontinenti e stomizzati.

Ausili: assorbenti monouso, cateteri, traverse

La disparità di trattamento tra pazienti, persino da un’Asl all’altra, riguarda anche ausili quali cateteri, traverse, pannoloni. «Le procedure di acquisto dei presidi non consentono ancora la libera scelta in base ai bisogni specifici della persona – segnala Spena –. L’unico parametro resta il prezzo più basso, il che influisce sulla qualità del prodotto erogato. Come associazione di pazienti abbiamo sempre sostenuto il modello indicato nell’Accordo: consentire la partecipazione di diverse aziende in modo da garantire più ampia scelta di prodotti».

Pannoloni: chi ha diritto ad averli gratis e come 

Chi soffre di incontinenza spesso deve ricorrere all’uso di assorbenti monouso, chiamati comunemente «pannoloni». Si tratta di dispositivi medici che rientrano nei Livelli essenziali di assistenza (Lea), le prestazioni che devono essere garantite a tutti dallo Stato, gratuitamente o pagando il ticket se dovuto. In pratica, i pannoloni devono essere forniti gratuitamente a chi ne ha diritto, ovvero chi ha una «grave incontinenza urinaria o fecale cronica» (DPCM Lea 2017). Chi formula la diagnosi di incontinenza è il medico specialista dipendente del Servizio sanitario nazionale (o convenzionato), che specifica il livello di gravità e indica il fabbisogno degli ausili.
Le Regioni possono decidere di individuare le modalità con le quali la prescrizione di assorbenti monouso è consentita anche ai medici di medicina generale, ai pediatri di libera scelta e ai medici dei servizi territoriali.

Farmaci per l'incontinenza

Ad oggi la loro prescrizione a carico del Servizio sanitario nazionale è limitata ai pazienti con incontinenza urinaria «da urgenza», nei casi in cui il disturbo minzionale sia correlato a patologie del sistema nervoso centrale (nota 87 Aifa).
Negli altri casi, invece, si pagano. «Siamo l’unico Paese in Europa dove sono a totale carico dei pazienti» fa notare il professor Carone. Aggiunge il presidente Fais: «È necessaria una seria riflessione sull’opportunità di erogare alcuni medicinali necessari per la cura dell’incontinenza a carico del Servizio sanitario».

Interessa non solo anziani. Rimedi «su misura»

L’incontinenza non interessa solo gli anziani. «Può manifestarsi nel bambino che la notte fa la pipì a letto (enuresi notturna), nell’atleta (da sforzo), nella donna in gravidanza o dopo il parto, in alcuni pazienti sottoposti a intervento chirurgico alla prostata, in persone con incontinenza di origine neurologica – spiega Stefania Chierchia, medico urologo presso la Struttura dipartimentale di Neuro-urologia dell’ospedale CTO-Unità spinale dell’Azienda ospedaliera universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino –. Va data una risposta oggettiva a un sintomo che invece è soggettivo; per esempio, per una persona giovane o un atleta è gravissimo e inaccettabile perdere anche qualche goccia di pipì. In base a Linee guida internazionali – chiarisce Stefania Chierchia – per un trattamento “appropriato”, ovvero adeguato alle esigenze della persona incontinente, occorre tener conto del tipo di incontinenza e della gravità, della sua capacità motoria, degli stili di vita, degli eventuali farmaci diuretici che assume».

7 maggio 2024

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