Aviaria nel latte crudo in Usa, Bassetti: “Alzare attenzione sul tema"

4 ore ago

Il virus è stato scoperto in un lotto di latte crudo. Negli Stati Uniti per la prima volta è risultato positivo un bambino. Gli esperti sottolineano l’importanza della pastorizzazione per ridurre i rischi microbiologici e invitano a mantenere alta l’attenzione sulla diffusione del virus

Influenza aviaria - Figure 1
Foto Sky Tg24

Negli scorsi giorni è stato scoperto il virus dell'influenza aviaria in un lotto di latte crudo non pastorizzato di una nota azienda californiana, la Raw Farm. Lo ha comunicato il Dipartimento di salute pubblica della California, specificando che il prodotto contaminato riportava una data di scadenza fissata al 27 novembre. L’azienda ha prontamente emesso un richiamo, avvisando i rivenditori di rimuovere il prodotto dagli scaffali e raccomandando ai consumatori di evitarne il consumo. Il ritrovamento arriva pochi giorni dopo la notizia del primo caso pediatrico di influenza aviaria negli Stati Uniti. Sebbene non siano emersi ulteriori casi di malattia, la scoperta ha richiamato l’attenzione sulla necessità di un maggiore controllo e sulla sicurezza alimentare. Gli esperti sottolineano l’importanza della pastorizzazione come pratica essenziale per ridurre i rischi microbiologici e avvertono sulla necessità di mantenere alta l'attenzione sul tema della diffusione dell'aviaria, una malattia tipica degli uccelli che negli ultimi anni ha effettuato una serie di salti di specie, acquisendo la capacità di contagiare anche altre specie animali.

Bassetti: “In Usa il latte crudo non dovrebbe essere né venduto né consumato”

Sul tema è intervenuto Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive dell'ospedale policlinico San Martino di Genova. “È evidente che in Usa, con la situazione dell'aviaria che c'è, il latte crudo non dovrebbe essere né venduto né consumato. Spero che tutto il latte venga pastorizzato, la raccomandazione per gli adulti e per i bambini - questi ultimi hanno un sistema immunitario non performante come quello degli adulti - che si recano negli Usa è di evitare di consumare il latte crudo. Ma credo che questa raccomandazione debba valere ovunque. Si deve lavorare perché tutto il latte venga pastorizzato: è un processo che facciamo da 200 anni e rende il latte privo di rischi batteriologici e virali perché abbatte la carica microbica", ha riferito l'infettivologo all'Adnkronos Salute. Bassetti ha inoltre evidenziato come il virus dell’aviaria si stia avvicinando progressivamente agli esseri umani. "Quello che vediamo da mesi sono i segnali che l'aviaria si sta avvicinando prepotentemente all'essere umano, siamo circondati. La mucca è l'animale più vicino all'uomo, dal latte ai derivati. Quindi va alzata molto l'attenzione sul tema dell'aviaria, negare come qualcuno sta facendo non aiuta. Abbiamo i vaccini e i farmaci e dobbiamo organizzarci e fare una corretta informazione".

Influenza aviaria - Figure 2
Foto Sky Tg24
La situazione in Italia, Andreoni: “Nessun allarme"

Massimo Andreoni, direttore scientifico della Simit (la Società italiana di malattie infettive e tropicali), ha rassicurato sulla situazione in Italia. “L’attenzione è alta, ma non c’è nessun pericolo imminente per l'Italia dove il sistema di controlli veterinari funziona bene come anche la rete di istituti zooprofilattici". La scoperta del virus dell'influenza aviaria in un lotto di latte crudo in vendita in California "ci deve far mantenere alta la sorveglianza e il monitoraggio di questo fenomeno estremamente importante dal punto di vista epidemiologico, ma ad oggi non sono stati segnalati in Italia casi di infezione H5N1 nei bovini e quindi non deve essere allarme sul consumo di latte. Ricordo però che la pastorizzazione del latte è il processo che inattiva virus e batteri", ha riferito l’esperto, per poi sottolineare: "Il salto del virus dagli uccelli ai mammiferi comporta un adattamento del virus, il famoso 'spillover', questo processo crea una certa preoccupazione. La scoperta di tracce del virus nel latte dei vitelli, pochi casi in realtà, pone un tema importante che va prima di tutto verificato, comprovato e poi studiato per bene per capire i reali rischi per l'uomo”.

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Bere latte crudo: i rischi

Anche Mauro Minelli, immunologo e docente di nutrizione umana alla Lum, ha ricordato i rischi derivanti dal consumo di latte crudo. "La moda del latte crudo, che negli ultimi anni ha guadagnato popolarità in Usa e non solo anche grazie a personalità di spicco e influencer, è tutt'altro che priva di rischi. Nonostante alcune affermazioni di sostenitori riguardo presunti benefici per la salute, come una maggiore biodisponibilità di nutrienti e la presenza di enzimi benefici, le evidenze scientifiche mostrano chiaramente che il consumo di latte crudo comporta pericoli significativi per la salute pubblica", ha riferito Minelli all’Adnkronos Salute. "Negli Stati Uniti, la regolamentazione sul latte crudo varia da Stato a Stato. Alcuni ne vietano completamente la vendita, mentre altri la consentono, spesso con etichettature che avvertono sui rischi. In conclusione, le raccomandazioni per i consumatori sono quelle di optare per latte pastorizzato che è la scelta più sicura e razionale. I rischi del latte crudo superano ampiamente i suoi presunti benefici. Tuttavia, se si sceglie di consumare latte crudo, è fondamentale bollirlo prima dell'uso, soprattutto per bambini, donne in gravidanza, anziani e persone immunocompromesse”, ha aggiunto, per poi elencare i principali rischi associati. “Primo fra tutti, la contaminazione microbiologica. Batteri patogeni, come Salmonella, Escherichia coli (in particolare i ceppi produttori di Shiga-tossina), Listeria monocytogenes, Campylobacter e Brucella sono spesso associati al latte crudo. Questi patogeni possono causare malattie gravi, inclusa la sindrome emolitico-uremica nei bambini, meningite e aborto spontaneo nelle donne incinte". Inoltre, "il recente rilevamento del virus dell'influenza aviaria H5N1 in un lotto di latte crudo in California solleva ulteriori preoccupazioni. Sebbene il consumo di latte crudo non sia ancora stato collegato a infezioni da H5N1, il potenziale rischio esiste, soprattutto se il latte non è trattato termicamente. È d’obbligo effettuare un parallelismo interessante con la gestione dell’influenza aviaria sostenuta da virus H5N1. Nonostante le dinamiche siano diverse, entrambe le situazioni evidenziano come pratiche alimentari non sicure possano amplificare il rischio di trasmissione di patogeni all'uomo”, ha concluso.

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