Aviaria, virus mutato in un paziente con forma grave: più facile il ...
di Laura Cuppini
Le mutazioni trovate nei campioni prelevati dal malato, ma non in quelli del pollame di sua proprietà da cui si sarebbe infettato. Ancora nessuna prova della capacità del virus di trasmettersi da uomo a uomo
Il virus dell'influenza aviaria che ha colpito un 65enne della Louisiana con una forma severa di malattia (primo caso grave negli Stati Uniti) presenta mutazioni nel gene che controlla l'emoagglutinina, una proteina presente sulla superficie del virus che gli permette di «attaccarsi» alle cellule umane. Le mutazioni fanno sì che il virus A/H5N1 possa legarsi meglio ai recettori nelle vie aeree superiori. Un meccanismo simile a quello di una chiave e una serratura: il virus ha bisogno di una «chiave» che faccia girare la «serratura» per entrare in una cellula. Dunque A/H5N1 starebbe cercando un modo per infettare più facilmente l'uomo, ma questo non significa necessariamente che assisteremo, almeno nel breve termine, a una maggiore trasmissibilità tra le persone.
Le mutazioni sono emerse dalle analisi dei campioni prelevati dal paziente della Louisiana, eseguite dai Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) americani. Non si tratta di una novità assoluta: erano state osservate in precedenza in casi di infezioni da A/H5N1 registrate in altri Paesi, spesso caratterizzate da particolare gravità. «Le mutazioni probabilmente sono emerse nel paziente dopo l'infezione, generate dalla replicazione del virus - hanno precisato gli esperti dei Cdc -. Sarebbero state più preoccupanti se trovate negli ospiti animali o nelle prime fasi dell'infezione, quando potrebbero facilitare la diffusione a contatti stretti. In questo caso, non è stata identificata alcuna trasmissione dal paziente ad altre persone».
Le modifiche nel gene dell'emoagglutinina non sono state trovate nei campioni di pollame di proprietà del paziente (che si è infettato proprio per l'esposizione a uccelli malati e morti nel suo allevamento). Quelle identificate sono piccole alterazioni genetiche che potrebbero aiutare il virus dell'aviaria a entrare nelle cellule del tratto respiratorio superiore, ma non vi è alcun segnale che tali mutazioni siano diffuse in natura. D'altra parte, a preoccupare gli scienziati è il numero di casi umani che continua a crescere. E ogni caso aggiuntivo offre al virus maggiori opportunità di adattarsi alle persone, rendendolo potenzialmente più capace di diffondersi da una persona all'altra. Questo, come riporta un'analisi pubblicata sul New York Times, rappresenta un rischio ancora maggiore man mano che la stagione influenzale prosegue, perché in una persona infettata sia da H5N1 che dall'influenza i virus potrebbero scambiarsi alcuni geni.
Ci sono però anche fattori positivi: secondo gli esperti dei Cdc il virus del paziente della Louisiana sembra strettamente correlato ai cosiddetti «virus candidati» che i produttori di farmaci hanno già a disposizione per realizzare un vaccino contro l'influenza aviaria. Inoltre le mutazioni trovate nei campioni del paziente Usa potrebbero non essere sufficienti a consentire al virus di diffondersi tra le persone. H5N1 deve essere in grado non solo di legarsi alle cellule umane ed entrare, ma anche di replicarsi. Al momento non ci sono elementi che suggeriscano che il virus abbia acquisito la capacità di trasmettersi da uomo a uomo. Secondo gli esperti, le infezioni umane sono eventi isolati derivanti dall'esposizione ad animali infetti.
Tuttavia, secondo uno studio italiano in corso di pubblicazione condotto da ricercatori dell'Università Campus Bio-Medico di Roma e dell'Università di Sassari coordinati da Massimo Ciccozzi, non bisogna dimenticare che «ogni evento di spillover (salto di specie), anche quando isolato, rappresenta un potenziale passo verso l'adattamento e una trasmissione più ampia». I ricercatori hanno analizzato i dati genomici ed epidemiologici relativi ai virus A/H5N1 che negli ultimi mesi hanno infettato l'uomo in Usa e in Canada, confermando che, nel complesso, l'agente patogeno dell'aviaria continua a mantenere caratteristiche che non lo rendono idoneo a trasmettersi in maniera efficiente da uomo a uomo. «I dati suggeriscono che attualmente gli uccelli rimangono gli ospiti principali di questo virus e non ci sono prove di eventi di spillover che portino alla trasmissione da uomo a uomo tramite infezione diretta - conclude il gruppo di ricerca -. Tuttavia, questa possibilità non può essere esclusa in futuro».
28 dicembre 2024 ( modifica il 28 dicembre 2024 | 15:18)
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