Inganno, la miniserie Netflix è esattamente ciò che ci aspettavamo ...

9 Ott 2024
Inganno

Inganno, la nuova miniserie diretta da Pappi Corsicato disponibile dal 9 ottobre su Netflix, spara tutto in faccia agli spettatori nei suoi primi cinque minuti. La protagonista Monica Guerritore si prova subito subito un abito da sposa ripetendo imperterrita: “Ma ho 60 anni!”, anche se la figlia le rinfaccia: “Ma se scopi più di me”. Stacco: qualche mese prima (scopriremo poi che è passato un anno). Riprese aeree alla Selling Sunset sulla Costiera Amalfitana, per far capire agli americani dove siamo (e che abbiamo il budget per i droni). Giacomo Gianniotti che si spoglia completamente nudo e si tuffa in acqua, chiappe belle in vista, senza nessun apparente motivo, soprattutto di fronte a un centro abitato. Guerritore lo guarda già sognante dall'alto del suo albergo, interrotta dai figli che le fanno gli auguri per i suoi 60 anni. Se non l'avete capito, questa serie parla di una donna che ha 60 anni.

Ed eccola, la protagonista: Gabriella è una signora benestante che ha ereditato dal padre un hotel di lusso, che le costa tantissimo e che soprattutto la imprigiona a una vita in cui tutti, dall'ex marito fedifrago ai figli variamente problematici, vogliono dirle cosa fare; sullo sfondo, un passato di traumi e di disagio psicologico. Una sera incontra di nuovo lui, Elia (Gianniotti), aitante ragazzo misteriosamente apparso da chissà dove per sistemare una barca, ripreso a un certo punto nella classica scena tiro-fuori-una-pistola-dalla-borsa-la-controllo-e-la-rimetto-via. Fa un incidente con l'auto e lei lo soccorre, invitandolo ad attendere il carro attrezzi a casa sua: “Non vorrà rimanere due ore sotto la pioggia” gli dice, ignorando il fatto che avrebbe potuto tranquillamente aspettare nell'abitacolo. È la prima di una serie infinita di decisioni sbagliate, per non dire deliranti, che metteranno Gabriella contro tutti, soprattutto contro sé stessa: tutti pensano che Elia sia un truffatore che vuole approfittarsi della sua ricchezza e del suo desiderio di essere amata. Spoiler: lo è.

Quando si inizia a guardare questo tipo di produzioni la speranza è sempre di essere in qualche modo smentiti. Ma qui spesso e volentieri la sospensione dell’incredulità è eccessiva persino per un binge watching di questo tipo. La trama, adattata dalla serie inglese Gold Digger, è prevedibile pur nelle sue svolte assurde. I dialoghi sfidano gli stilemi più tradizionali dei Baci Perugina: “Abbiamo bisogno degli occhi degli altri per vedere le cose che abbiamo vicino”; “Potrei essere tua madre”, “Ma non lo sei”; “Il problema non sei tu, sono io. Alla mia età bisogna essere capaci di rinunciare a qualcosa per non fare male a nessuno”. Gli attori sembrano doppiare tutti sé stessi, il che toglie ancora più autenticità a qualcosa di già fin troppo patinato per sembrare vagamente credibile. Il fatto che Gianniotti sia italoamericano è giustificato dal fatto che Elia sia cresciuto negli Usa, ma le sue battute ogni tanto sono così legnose da sembrare scritte da un’AI educata nel New Jersey. Altri personaggi sono tagliati con l'accetta: il figlio queer (che poi forse non lo era) indossa ovviamente una giacca di pelle di pitone; la figlia che lavora sui social è ossessionata dalla chirurgia e dall'eterna giovinezza, e così via.

La concentrazione di cringe è soprattutto nei primi episodi, poi l'andamento si normalizza in una specie di fiction di Rai 1 salvata dai soldi e dai droni, salvo poi un finale a tarallucci e vino che vaporizza la tensione da thriller erotico che a tratti si respira qua e là, rendendo la psicologia dei vari personaggi ancora più inconcludente (spiace in particolare per il figlio di Gabriella, l'avvocato tutto d'un pezzo Stefano, interpretato da Emanuel Caserio, amatissimo dalle signore che guardano Il paradiso delle signore, e qui davvero convincente e appassionato soprattutto nelle sue crepe: la lotta interiore del suo personaggio svanisce nel nulla). Nel frullatore ci sono Un posto al sole e Attrazione fatale, Dirty John e L'ultimo bacio.

A salvare l'intera nave sono i due protagonisti, e soprattutto Monica Guerritore. Lei rimane un'attrice di una bellezza e di un'intensità a cui sullo schermo non siamo più abituati ; e pure Gianniotti è di una bellezza insensata, talmente bello che è costretto a recitare in mutande per la maggior parte del tempo, ma lui riesce a rendere credibili anche questi momenti (ma ripetiamo insieme: non saremo mai in grado di fare un prestige drama come si deve finché non ci metteremo dentro un po' di nudo frontale maschile). Le loro scene di sesso sono realistiche e qualcosa di effettivamente inedito, soprattutto per il panorama televisivo italiano, e danno una patina di dignità e profondità all'orizzonte tematico della serie.

Set of "Inganno" by Pappi Corsicato.in the picture Monica Guerritore and Giacomo Gianniotti.Photo by Gianni FioritoThis photograph is for editorial use only, the copyright is of the film company and the photographer assigned by the film production company and can only be reproduced by publications in conjunction with the promotion of the film.The mention of the author-photographer is mandatory: Gianni Fiorito.Set della serie tv "Inganno" di Pappi Corsicato.Nella foto Monica Guerritore e Giacomo Gianniotti.Foto di Gianni FioritoQuesta fotografia è solo per uso editoriale, il diritto d'autore è della società cinematografica e del fotografo assegnato dalla società di produzione del film e può essere riprodotto solo da pubblicazioni in concomitanza con la promozione del film. E’ obbligatoria la menzione dell’autore- fotografo: Gianni Fiorito.Gianni Fiorito

In effetti ci riempiamo la bocca di parità di genere ma quando vediamo una donna over 50 mettersi con un giovinotto abbondano più le battutine e i pregiudizi che altro. La verità è che vorremmo tantissimo vedere in Inganno una specie di manifesto per la liberazione della sessualità matura verso un’emancipazione contro l’ageismo, ma il risultato è comunque una specie di romance pruriginoso, alimentato dal fascino seduttivo dei suoi attori e dagli slanci emotivi eccessivi tipici del melodramma. La domanda alla fine è: a chi parla una serie così? Chi vuole davvero vedere una storia così? L'ennesimo affresco quiet luxury anche mica tanto quiet ci restituisce i tormenti sentimentali dei ricchi, belli e formosi e vorrebbe anche dare una lezione di apertura mentale e di destini che devono abbracciare la libertà ma si riduce in fondo a un'esaltazione molto aesthetics di chiappe, cachemirini e catamarani. Di per sé è una produzione ambiziosa, che non manca di pregi, ma che difficilmente può ambire a uscire dal recinto pur dignitoso del guilty pleasure friccicarello.

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