Manovra: 10 euro in più dalla perequazione delle pensioni nel 2025

3 ore ago

Nel 2023 e nel 2024 c’è stata una perdita irrimediabile del recupero inflazionistico, la perequazione, per le pensioni medio basse ed anche più elevate. Per il 2025 il Governo sembra orientato a riprendere il precedente sistema della perequazione più vantaggiosa per i pensionati. Ma con un inflazione dell’1/2 per cento il gioco appare più facile, rispetto al passato con alta inflazione, e gli aumenti saranno comunque molto limitati.

La perequazione automatica è un meccanismo che consente di adeguare annualmente l’importo delle pensioni all’aumento del costo della vita, così da cercare di conservarne immutato il loro reale potere d’acquisto. Detto meccanismo prevede, in particolare, che al 1° gennaio di ogni anno l’importo della pensione sia aumentato di una quota percentuale (c.d. percentuale di variazione) che si determina rapportando il valore medio dell’indice Istat dei prezzi al consumo per famiglie di operai e impiegati relativo all’anno precedente il mese di decorrenza dell’aumento.

Nel 2022, con il Governo Draghi, l’indice di rivalutazione automatica delle pensioni è stato applicato secondo il meccanismo stabilito dall’articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448: a) nella misura del 100% per le fasce di importo dei trattamenti pensionistici fino a quattro volte il trattamento minimo Inps; b) nella misura del 90% per le fasce di importo dei trattamenti pensionistici comprese tra quattro e cinque volte il trattamento minimo Inps; c) nella misura del 75% per le fasce di importo dei trattamenti pensionistici superiori a cinque volte il predetto trattamento minimo ( Tm ).

Ma nel 2023 gli scaglioni sono diventati ben sei con percentuali del 100, 85, 53, 47, 37 e 32%.

Che diventarono, successivamente, per il 2024 (art. 1, co. 135 della legge n. 213/2023) :

- 100% per i trattamenti pensionistici sino a quattro volte il Tm;

- 85% per i trattamenti pensionistici compresi tra quattro e cinque volte il Tm;

- 53% per i trattamenti pensionistici compresi tra cinque e sei volte il Tm;

- 47% per i trattamenti compresi tra sei e otto volte il Tm;

- 37% per i trattamenti compresi tra otto e dieci volte il Tm;

- 22% per i trattamenti superiori a dieci volte il Tm.

Nel 2023, con un inflazione dell’8,1%, il taglio andava da un minimo di 203 euro sino ad un massimo di 963 euro. Mentre nel 2024, con un’inflazione del 5,4%, si è avuto un taglio da un netto di 359 euro sino ad un massimo di 1.679 euro.

E’ da sottolineare, poi, “l’effetto di trascinamento” della ridotta perequazione.

Perché le pensioni, sia pure di maggiore consistenza, non sono sufficientemente difese, nel tempo, in relazione ai mutamenti del potere d’acquisto della moneta. L’effetto di trascinamento rende, infatti, sostanzialmente definitiva anche una perdita temporanea del potere d’acquisto del trattamento di pensione, atteso che le successive rivalutazioni saranno calcolate non sul valore reale originario, bensì sull’ultimo importo nominale che, dal mancato adeguamento, è stato intaccato.

Con la «rivalutazione piena» delle pensioni annunciata dal ministro Giancarlo Giorgetti sembra poter finire la stagione dei tagli che hanno fortemente penalizzato gli assegni negli ultimi anni.

Condizione favorita da un’ inflazione che non dovrebbe superare l’1,5 per cento. Davvero diversa da quella degli anni 2023 e 24 che ha prodotto riduzioni, che proiettate sull’aspettativa di vita media ( 83,8 anni gli uomini e 85,6 anni le donne ) possono raggiungere cifre molto elevate: da 8.772 euro per un pensionato e 9.541 una pensionata con 1.732 euro netti di pensione, rispettivamente 31.890 e 34.686 con un assegno di 2.029 euro, 40.277-43.686 con 2.337 euro, e ben 40.992-44.462 se si percepiscono 2.646 euro netti.Per quanto riguarda la rivalutazione, dovrebbe essere quindi archiviato il sistema a sei fasce che è servito per fare cassa limitando fortemente l’indicizzazione all’inflazione per i trattamenti superiori a quattro volte il minimo.

Un sistema, quello delle sei fasce, che ha già garantito più di 30 miliardi di risparmi fino al 2032.

Dal 2025 si cambia e dovrebbero tornare le fasce già in vigore fino a qualche anno fa. Forse non tre, ma quattro: 100% per gli assegni fino a 4 volte il minimo; il 90% dell’indicizzazione tra 4 e 5 volte il minimo, il 75% fra 5 6 volte il minimo e il 50% per tutti i trattamenti superiori.

In attesa di conoscere le norme definitive quando la legge di Bilancio sarà trasmessa in Parlamento, le pensioni minime dovrebbero, poi, crescere ed arrivare a 624,5 euro al mese, rispetto ai 614,7 assicurati con la manovra dello scorso anno. Quindi un aumento di circa 10 euro.

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