Veolia, crescita a doppia cifra in Italia. La nuova frontiera è l'acqua
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«In termini di ricavi, ci aspettiamo una crescita annua a doppia cifra in Italia, principalmente organica, ma anche attraverso operazioni di M&A nel settore dell’ottimizzazione energetica, in cui siamo già leader di mercato», così Estelle Brachlianoff, ceo di Veolia, illustra gli effetti nel nostro Paese del piano globale GreenUp 2024-2027: «Si concentra su tre attività: efficienza energetica e bioenergia, nuove tecnologie dell’acqua e trattamento dei rifiuti pericolosi. In Italia, il focus principale è sulla prima attività, ma non esclusivamente». Il gruppo, presente in 58 Paesi, con 170 anni di storia e ricavi globali a 45,4 miliardi di euro (il 60% in Europa, il 20% in Francia, il resto in Medio Oriente, Usa, Asia, Australia), presidia tecnologie e servizi della trasformazione ecologica sempre più cruciali nell’agenda mondiale. In Italia (come Siram Veolia) si avvia a un fatturato 2024 di 1,2 miliardi: circa il 25% del gruppo nel settore dell’efficienza energetica.
Quali sono gli obiettivi del nuovo piano in Italia?
Ottenere 100 milioni di euro di risparmi energetici annui per i nostri clienti entro il 2027, aumentare di dieci volte lo sviluppo locale delle energie rinnovabili nei prossimi quattro anni, soprattutto con pannelli solari e biometano legati a progetti di efficienza, e raddoppiare i nostri investimenti rispetto al quadriennio precedente, potenzialmente 256 milioni di euro legati a 80 proposte pronte di partenariati pubblico-privati in sanità ed edilizia pubblica. Il piano avrà un impatto più ampio: oltre ai benefici ambientali, con 111mila tonnellate di CO2 già tagliate quest’anno e target crescenti, contribuirà a una maggiore indipendenza energetica e a una riduzione dei consumi, generando risparmi per cittadini e imprese, migliorandone così la competitività.
Oltre all’efficientamento energetico, in Italia avete anche altre attività.
Abbiamo una posizione di leadership nelle tecnologie dell’acqua: è un settore dal potenziale significativo, data la crescente scarsità della risorsa, soprattutto al Sud. Veolia ha soluzioni concrete, accessibili e scalabili per affrontare questo problema. Per esempio, il riutilizzo delle acque reflue: nel vostro Paese è fermo al 4%, mentre nell’area di Los Angeles siamo già al 40%, e in Medio Oriente si arriva all’85%. Abbiamo la tecnologia per rendere potabile l’acqua depurata, come facciamo a Windhoek in Namibia, dove copriamo oltre il 35% delle esigenze della città. Naturalmente ci sono altri usi prioritari, come per l’agricoltura o la pulizia delle strade. I depuratori potrebbero anche generare energia, attraverso il biogas, e fertilizzanti. Un’altra sfida sono le perdite d’acqua, in Italia al 42%: con sensori, digitalizzazione e dati possiamo individuarle e ottimizzarne la gestione. Attualmente, in Italia stiamo vendendo alcune tecnologie legate all’acqua (ad esempio, in Sicilia a Eni per il trattamento delle acque reflue delle raffinerie), ma non siamo direttamente coinvolti perché il modello di partenariato pubblico-privato (Ppp) non è ancora sufficientemente sviluppato in questo settore, e me ne rammarico perché è assolutamente cruciale. Vorrei lanciare un invito all’azione: si può fare di più.
Quale ruolo hanno i Ppp nei settori in cui operate?
Alcuni anni fa, in Italia erano inesistenti. Ora rappresentano una parte importante dei nostri progetti in campo energetico, ma sono ancora inferiori rispetto ad altri Paesi: possiamo e dobbiamo fare di più. In Italia, forse manca la consapevolezza che pubblico e privato possono procedere più velocemente insieme. Il modello ideale prevede da una parte politici con un progetto, una visione a 5-10 anni, che decidano cosa deve essere fatto, e dall’altra specialisti in grado di attuare i progetti, portando tecnologia, innovazione ed efficienza attraverso soluzioni replicabili e industrializzate, come facciamo noi. Purtroppo, questo non sta avvenendo nel settore idrico in Italia.
La desalinizzazione può essere una risposta?
Negli ultimi dieci anni siamo stati attivi nel settore, soprattutto in Medio Oriente, e stiamo costruendo l’impianto di desalinizzazione più efficiente al mondo vicino a Dubai. Ora la domanda si è spostata anche in Italia (abbiamo piccoli impianti nel Sud), in Spagna, e nel Sud della Francia. Tuttavia, la desalinizzazione dovrebbe essere l’ultima risorsa: prima bisogna prevenire lo spreco (si può risparmiare il 10% con semplici misure), ridurre le perdite (portandole dal 42% alla media del 20%) e riutilizzare l’acqua depurata. Se non ci sono altre opzioni, si può considerare la desalinizzazione, anche se è più costosa e richiede più energia.