Julian Assange è libero, non è chiaro quanto lo sia il giornalismo

25 Giu 2024
Julian Assange

Le immagni di Julian Assange libero intento a salire a bordo di un aereo sono emerse nella notte europea di lunedì 24 giugno, annunciando la fine imminente di uno dei casi legali più assurdi e intricati di questa epoca. Il fondatore di WikiLeaks ha visto per la prima volta la libertà dopo oltre un decennio, trascorso prima in detenzione arbitraria – definizione delle Nazioni Unite – nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra dal 2012 e, poi, da detenuto nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh (vicino Londra) dal 2019. In tutto questo tempo, e a partire dal 2010, Assange è stato indagato e poi accusato dagli Stati Uniti per le pubblicazioni di WikiLeaks avvenute nel medesimo anno, quelle relavite alle guerre in Afghanistan e in Iraq e alla corrispondenza diplomatica delle ambasciate statunitensi, nota come Cablegate.

Si trattò di pubblicazioni realizzate da WikiLeaks in collaborazione con le maggiori testate giornalistiche del mondo, tra cui Guardian e New York Times, tutt’ora considerate ta i maggiori casi mediatici della nostra epoca, grazie al quale sono stati rivelati crimini di guerra, come l’assassinio di due giornalisti della Reuters a Baghdad e di decine di persone nel bombardamento immortalato nel video Collateral Murder. In quel contesto, WikiLeaks pubblicò oltre 700mila documenti riservati provenienti dagli archivi dell’esercito e dell’intelligence Usa, forniti dalla whistleblower Chelsea Manning.

Nel 2024 Julian Assange trova finalmente la libertà dopo essere stato indagato e accusato di spionaggio da tre diverse amministrazioni statunitensi (Obama, Trump – sotto la quale sono state formalizzate le accuse – e Biden) e grazie a un patteggiamento che vedrà Assange dichiararsi colpevole di un capo di accusa sui 18 che gli erano stati imputati ai sensi dell’Espionage Act. Assange non andrà in carcere per via dei cinque anni che ha trascorso in carcere nel Regno Unito - che gli sono stati riconosciuti come “time served” - in attesa di conoscere l’esito della sua richiesta di estradizione da parte di Washington, limbo giuridido durato un lustro e che il giornalista ha trascorso quasi interamente in isolamento dietro le sbarre. Assange si dichiarerà colpevole davanti al tribunale dell’isola di Saipan (territorio Usa nell’Oceano Pacifico) il 26 giugno e da là volerà poi nella sua nativa Australia, dove dovrebbe rimanere insieme alla famiglia. Assange avrebbe chiesto di di dichiararsi colpevole in un territorio statunitense vicinio all’Australia.

Una vittoria per il giornalismo

Con la liberazione si è letteralmente salvata la vita di Julian Assange. Qualche giorno fa, ospite del Wired Next Fest di Milano, Stella Assange, moglie del fondatore di WikiLeaks, aveva ricordato ancora una volta quanto la salute mentale e fisica del marito fosse progressivamente deteriorata in carcere, esponendolo a una fragilità estrema. La liberazione di Assange è una vittoria, che pone fine a una battaglia durata 14 anni e cha ha coinvolto la sua famiglia, tutte le maggiori organizzazioni per i diritti umani al mondo e per le libertà di informazione e le più importanti testate giornalistiche. L’estradizione di Assange negli Stati Uniti una sua condanna per spionaggio – che lo avrebbe potuto portare in carcere per oltre 175 anni – avrebbe significato una sconfitta senza precedenti per la libertà di stampa e del giornalismo, confermando nella giurisprudenza l’equazione tra giornalismo basato sul whistleblowing e spionaggio. Creando un precedente più che pericoloso.

Oggi chiunque abbia a cuore la libertà di stampa non può che festeggiare, soprattutto perché oggi viene sancita la fine di un’odissea legale kafkiana ed estremamente politica che ha visto un giornalista marcire in un carcere di una capitale europea per oltre cinque anni e solo per aver compiuto degli atti di giornalismo. Il caso legale ha però coinvolto tre democrazione: gli Usa, il Regno Unito e la Svezia, in barba a qualsiasi rispetto dei diritti di un uomo – come ribadito, di nuovo, in più occasioni dalle Nazioni Unite, che ne hanno chiesto il rilascio più volte – e della libertà di informazione.

L'alto prezzo da pagare

Il caso Assange è un caso che, semplicemente, non sarebbe mai dovuto iniziare, ma che è vergognosamente continuato per 14 anni, concludendosi probabilmente solo a un passo dalla conclusione più tragica possibile. In questo senso, oggi, si vince in qualche modo la battaglia centrale per la libertà di internet – o quanto meno quella che ha generato tutte le altre negli ultimi 15 anni – ma i costi e le conseguenze di questa vittoria sono comunque altissimi e particolarmente amari. Nonostante le pressioni della società civile, l’amministrazione Biden ha optato per non far cadere le accuse, scelta che avrebbe disconosciuto tutto l’impianto accusatorio e scongiurato gli scenari più foschi. E scongiurato che il giornalismo potesse finire accostato allo spionaggio in qualsiasi modo.

Assange dovrà invece riconoscersi colpevole, accettando l’illegalità di quello che a tutti gli effetti è giornalismo e per attività che “i giornalisti compiono ogni giorno”, ha dichiarato alla Reuters Jameel Jaffer, executive director del Knight First Amendment Institute. Il patteggiamento riconosce quindi simbolicamente come accettabile in Occidente il far passare cinque anni in carcere e complessivamente 14 senza libertà a un giornalista per aver pubblicato informazioni di interesse pubblico, piaccia o meno la sua linea editoriale. Come ha dichiarato Reporters Without Borders, anche il finale del caso Assange potrebbe avere ancora conseguenze importanti sul giornalismo, e certamente preoccupanti.

Assange oggi è libero. E la notizia è questa, e non poteva essere migliore. Il caso Assange passerà alla storia come una pagina oscura, ma a suo modo epocale. Chi scrive negli ultimi 10 anni ha avuto modo di intervistare Assange due volte, la sua fonte, Chelsea Manning, e la compagna di Assange senza che quest’ultimo fosse mai libero. Questo decennio (e più) coincide con tante cose, di cui il caso Assange ha fatto sempre da sfondo. Ora che di quel caso si vede la fine e Assange è libero, resta così tanto da ricostruire per chiunque ancora spera in una società digitale diversa, in un’informazione più libera e in uno scenario politico meno soffocante. Sono mancate troppe voci nella battaglia di principio per liberare Assange, ci sono stati troppi distinguo, troppo silenzio e troppa ipocrisia. Ricorderemo anche questo. Nel frattempo Julian Assange è libero, e questa battaglia è sempre stata giusta. E oggi, è anche una notizia.

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