Perché Kamala Harris punta sul fattore cucina
Nell’estate più calda e brat di sempre (al di là delle polemiche sull’effettiva durata); nell’estate di tutto ciò che è pop e può essere trasformato in meme, c’è un posto in primo piano anche per Kamala Harris, che esce più raggiante che mai dalla convention di fine agosto dei Democratici, nella quale accetta ufficialmente il suo mandato.
Harris raccoglie l’eredità di Joe Biden, con un compito fondamentale: riconquistare quella fetta di elettorato che il presidente in carica ha perso. Troppo anziano, artificioso, solo anti-Repubblicano e non abbastanza audace da allinearsi ai valori della Gen Z. La nuova candidata sembra invece nata per piacere ai ventenni. Post con Charli XCX in sottofondo, filtri, meme e frasi brat, appunto; ma anche video di Harris alle prese coi fornelli. Perché se c’è una cosa su cui sembrano essere tutti d’accordo, dai consiglieri agli strateghi d’immagine, è che diventiamo più buoni e attenti davanti a una buona ricetta spiegata con cura, passo a passo.
Scrive il New York Times che, in tutta la storia americana, solo pochi presidenti hanno avuto un sincero interesse per la cucina. Dwight Eisenhower rese popolare il metodo per grigliare le bistecche direttamente sulla brace; Jimmy Carter si considerava un buon cuoco “country”, mentre erano risaputo che Abraham Lincoln amasse spendere il suo tempo libero dietro ai fornelli e con indosso il grembiule. "Ma nessun candidato ha mai mostrato le stesse capacità in cucina della vicepresidente Kamala Harris".
Nel 2018, all’epoca ancora senatrice, aveva confessato a The Cut che ciò che la fa sentire normale, riportandola con i piedi per terra, è preparare la cena la domenica sera alla sua famiglia: "Se cucino, mi sento come se avessi il controllo della mia vita”. Chi le ha insegnato a cucinare è stata sua madre, Shyamala Gopalan, raccontava invece a Glamour: "Mia madre mi diceva: 'Kamala, si vede che ti piace mangiare bene, faresti meglio a imparare a cucinare'".
Nel 2020 è arrivato lo show di YouTube "Cooking With Kamala", e allora anche al grande pubblico e agli americani diventarono chiare le sue doti culinarie, e la sua capacità di mostrarsi un’abile politica e un’abile comunicatrice. Il cibo e la sensibilità alimentare di un presidente non hanno un impatto solo sulla sua sfera personale, ma possono diventare decisivi anche durante le trattative diplomatiche, sulle politiche agricole, e possono persino definirne la personalità, spostando l'ago della bilancia in campagna elettorale.
Le cose sono cambiate rispetto agli anni ’90. Fino alla fine del secolo scorso la cucina rappresentava ancora un luogo buio da cui doversi emancipare; quando nel 1992 Bill Clinton si candidò alla presidenza, Hilary giustificò la discesa in campo accanto al marito dicendo ai media che aveva scelto di fare carriera invece di restare a casa a preparare biscotti.
Lo scrittore gastronomico Adrian Miller (che all'epoca lavorò sotto l'amministrazione Clinton, e al momento sta scrivendo un libro sugli chef asiatico-americani alla Casa Bianca), intervistato da USA Today ha spiegato che se dovesse dare un consiglio politico, incoraggerebbe Harris a non fermarsi dal pubblicare video nei quali cucina. Anzi, la esorterebbe a farlo sia in compagnia dell’"americano medio" che con le grandi personalità politiche. "Gli americani impazzirebbero - ha detto - I presidenti più saggi hanno capito che il cibo è un modo per costruire il sostegno popolare, e sono poche le persone al Congresso che vogliono contraddire un presidente popolare". Oggi per fortuna non è più il 1992, e il messaggio è un altro: nessuno può dire a una donna cosa deve fare o non fare, perché si possono mettere i biscotti in forno e correre per la Casa Bianca, magari sfidando proprio il candidato più misogino e razzista della storia americana.
